Marcello mi scrive:
“Carissima Prof. Milani,
sono entrato in ruolo quest'anno da concorso e dopo 14 anni di lavoro nel privato ho deciso di cambiare vita. Questo è un treno che passa una sola volta e non ho voluto perdermi l'occasione di capire se questo lavoro facesse per me.
Da bambino (forse come molti) immaginavo spesso di essere un insegnante così ho lasciato il mio posto a tempo indeterminato, con uno stipendio molto più alto di quello attuale, in cambio di un pò di tempo libero, che un giorno spero di avere. Essendo alle prime armi adesso impegno tutta la mia giornata a studiare, leggere programmare... forse anche troppo, ma è il mio modo per non sentirmi "impreparato" o inadeguato. Ebbene si, sono uno a cui piace avere il controllo delle cose.
Molti mi dicono che secondo loro sono portato per l'insegnamento ma a dire il vero, dopo i primi giorni di scuola ho messo in dubbio la mia scelta! La scuola nella quale insegno non è una scuola facile, non è lontana da dove vivo e conosco esattamente in quale pasticcio sono finito ...per di più è una sede dislocata lontano dalla sede centrale e non ci sono altri insegnanti di matematica con cui confrontarmi!
Certi giorni torno a casa con un gran mal di testa e grande frustrazione. Insegno matematica alle medie e la materia non aiuta molto.
Spesso torno a casa e mi sembra di aver urlato come un ossesso anche se poi dei ragazzi l'altro giorno mi hanno confessato che non urlo come "quella che c'era prima" eppure a me sembra di urlare e sbattere troppo spesso le mani sulla cattedra per chiedere silenzio e attenzione. Torno a casa e penso a tutte le cavolate che ho fatto e detto...e mi sembra di aver sbagliato tanto.
Sto provando a utilizzare diverse "tattiche" per tenere ed interessare la classe e la cosa che ho capito è che le variabili in gioco sono davvero tante: tutte le classi sono diverse e ogni giorno è un giorno diverso. Probabilmente devo solo affinare e aumentare il numero di strategie/strumenti per tenere buona una classe.
Eppure scrivendo mi chiedo, cose è meglio una classe "buona e silenziosa" oppure una classe che risponde agli stimoli e impara? Credo la seconda anche se è più faticosa!
Come vede ho molti dubbi, uno di questi è sull'essere rigido e far dare spesso compiti in classe difficili (a sorpresa) per incutere timore di brutti voti, solo che ho sempre il timore che certe scelte possano tornarmi indietro come un boomerang. Pensa che sia opportuno essere rigido e inflessibile nella fase iniziale dell'anno per evitare che i ragazzi si rilassino troppo? So che con il tempo impareranno ad apprezazrmi ma adesso è bene incutere un pò di timore?
Non ho ancora letto il suo libro che ho acquistato ed attendo con ansia, sono sicuro mi sarà utile... volevo anche ringraziarla perchè il fatto di aver scritto un libro dimostra che esistano strategie, strumenti, tecniche per diventare un buon insegnante e che in qualche modo si possono tramandare e farle proprie.
Le farò sapere non appena avrò ricevuto e letto il libro. Saluti”
Caro Marcello,
spero che troverai alcune delle risposte ai tuoi dubbi nel libro che ho scritto. Diciamo pure che l’ho scritto per questo. Ma voglio dirti che fra gli aspetti più stressanti del nostro lavoro ci sono i dubbi continui e le frustrazioni. Ce li abbiamo tutti e continuiamo ad averli anche dopo anni. All’inizio, è ovvio, sono di più, ed è molto importante fare quello che capisco stai già facendo: porsi delle domande, avere dei dubbi, cercare strategie. Hai detto bene: “tutte le classi sono diverse e ogni giorno è un giorno diverso. Probabilmente devo solo affinare e aumentare il numero di strategie/strumenti per tenere buona una classe.”
Vedrai che questo ti porterà ad essere un buon insegnante.
È molto importante, infatti, che tu sappia che sono proprio gli insegnanti che più si impegnano quelli che hanno più dubbi e provano la frustrazione di non riuscire a fare quello che vorrebbero. Si pongono domande su come essere più bravi, si pongono degli obiettivi per fare bene il loro lavoro e, quando si accorgono che situazioni interne o esterne alla classe diventano ostacoli al loro raggiungimento, provano una grande frustrazione. Brecht diceva “Sono coloro che non riflettono a non dubitare mai!”. Ho scritto tutti i consigli che leggi sul blog e sul libro perché nella mia carriera ho molto dubitato.
L’importante, però, caro Marcello, è non demoralizzarsi e resistere a tutte le difficoltà.
Non so che lavoro facevi, ma l’insegnamento, se fatto con impegno e passione, può essere anche fonte di soddisfazioni profonde.
Nel blog e nel libro ho dato parecchi consigli su come si entra in classe: quando li leggerai vedrai che all’inizio è essenziale essere gentile, serio, inflessibile sui comportamenti scorretti e che, finché non diventerai autorevole, potrai essere un po’ autoritario. Ma non usare “i compiti in classe difficili (a sorpresa) per incutere timore di brutti voti”: ti farai soltanto considerare un cattivo insegnante che non si interessa delle loro paure. Fai quello che consideri giusto e corretto: mi sembra che in cuor tuo tu sappia già che questo non è giusto. Si può essere autorevoli e comprensivi allo stesso tempo. Ma non si può essere autorevoli e “amiconi” allo stesso tempo. Un insegnante è un insegnante e non un amico: quando sei comprensivo spiega loro che è una concessione, e non un loro diritto o una tua debolezza.
Mi chiedi se “è meglio una classe "buona e silenziosa" oppure una classe che risponde agli stimoli e impara”. Ti rispondo: una classe abbastanza buona e silenziosa, che risponde agli stimoli e impara”.
Spero di averti aiutato. Fammi sapere, allora!