La professoressa Isabella Milani è online

La professoressa Isabella Milani è online
"ISABELLA MILANI" è uno pseudonimo, scelto per tutelare la privacy dei miei alunni, dei loro genitori e dei miei colleghi. In questo modo ciò che descrivo nel blog e nel libro non può essere ricondotto a nessuno.

visite al blog di Isabella Milani dal 1 giugno 2010. Grazie a chi si ferma a leggere!

SCRIVIMI

all'indirizzo

professoressamilani@alice.it

ed esponi il tuo problema. Scrivi tranquillamente, e metti sempre un nome perché il tuo nome vero non comparirà assolutamente. Comparirà un nome fittizio e, se occorre, modificherò tutti i dati che possono renderti riconoscibile. Per questo motivo, mandandomi una lettera, accetti che io la pubblichi. Se i particolari cambiano, la sostanza no e quello che ti sembra che si verifichi solo a te capita a molti e perciò mi sembra giusto condividere sul blog la risposta. IMPORTANTE: se scrivi un commento sul BLOG, NON FIRMARE CON IL TUO NOME E COGNOME VERI se non vuoi essere riconosciuto, perché io non posso modificare i commenti.

Non mi scrivere sulla chat di Facebook, perché non posso rispondere da lì.

Ricevo molte mail e perciò capirai che purtroppo non posso più assicurare a tutti una risposta. Comunque, cerco di rispondere a tutti, e se vedi che non lo faccio, dopo un po' scrivimi di nuovo, perché può capitare che mi sfugga qualche messaggio.

Proprio perché ricevo molte lettere, ti prego, prima di chiedermi un parere, di leggere i post arretrati (ce ne sono moltissimi sulla scuola), usando la stringa di ricerca; capisco che è più lungo, ma devi capire anche che se ho già spiegato più volte un concetto mi sembra inutile farlo di nuovo, per fare risparmiare tempo a te :-)).

INFORMAZIONI PERSONALI

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La professoressa Milani, toscana, è un’insegnante, una scrittrice e una blogger. Ha un’esperienza di insegnamento alle medie inferiori e superiori più che trentennale. Oggi si dedica a studiare, a scrivere e a dare consigli a insegnanti e genitori. "Isabella Milani" è uno pseudonimo, scelto per tutelare la privacy degli alunni, dei loro genitori e dei colleghi. È l'autrice di "L'ARTE DI INSEGNARE. Consigli pratici per gli insegnanti di oggi", e di "Maleducati o educati male. Consigli pratici di un'insegnante per una nuova intesa fra scuola e famiglia", entrambi per Vallardi.

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martedì 30 maggio 2017

Recensioni a "Maleducati o educati male?" 627° post

Credo che chi scrive un libro aspetti con ansia le recensioni, perché noi scriviamo per il lettore e vogliamo sapere se quello che volevamo dire è stato compreso e apprezzato.


Ecco le prime recensioni. Come ho già molte volte detto, voi che leggete siete la mia unica pubblicità. Per questo vi chiedo di scrivere una recensione.

il 20 aprile 2017

"Un gran bel libro di pedagogia e psicologia scritto da una persona che si sente essere competente e appassionata al suo lavoro di insegnante e di mamma. L'esperienza diretta che l'autrice ha vissuto a livello personale e professionale risuona in ogni parola. Non si tratta dell'ennesimo esperto che dall'alto esprime teorie non sempre decifrabili e poco applicabili, ma di una persona che ha fatto tesoro della sua preziosa esperienza decidendo di condividerla e dare così un importante contributo alla questione educativa. L'analisi dell'attuale situazione della scuola e del problema di sfiducia che mina continuamente la collaborazione tra insegnanti e genitori è ricca di spunti interessanti e consigli pratici su come fronteggiare e superare questo conflitto degenerativo che mette contro coloro che in realtà dovrebbero allinearsi e rivendicare maggiori risorse da parte di una Stato assente. Nel dare indicazioni c'è sempre il rispetto di chi sa bene quello che dice senza che vi sia un giudizio o una presunzione. Un invito agli insegnanti e soprattutto ai genitori a rivedere il "come" si gestisce la relazione e l'alleanza educativa perché quando si assiste a modalità disfunzionali si producono veri e propri danni che interferiscono con una sana crescita individuale. Un libro utile per pensare, per confrontarsi e per riaprire un dialogo costruttivo tra agenzie educative totalmente alla deriva che stanno crescendo generazioni sempre più disorientate e deboli. Infine un libro che si arricchisce di riferimenti teorici e pratici inerenti la Psicologia Positiva, disciplina a me cara, che può avere ricadute significative nell'ambito educativo. Si parla infatti di ottimismo, autostima, sogni, speranza e tutto ciò che mira alla promozione del benessere, all'autorealizzazione e al raggiungimento di obiettivi. Questo l'educazione dovrebbe fare in famiglia e a scuola. Insomma un libro da leggere e da diffondere. Grazie all'autrice!"

il 27 maggio 2017

"Maleducati o educati male?" non è solo un libro piacevole da leggere, ma 
addirittura necessario. Isabella Milani riesce ancora una volta a condividere 
la sua preziosa esperienza di insegnante e mamma, fornendo validi e utili 
consigli. Lo fa con parole semplici e dirette, spronando i suoi lettori a riflettere 
e incoraggiandoli a credere che si può fare meglio nell'educazione dei nostri 
bambini e ragazzi.

EVA BALDI il 29 aprile 2017

Libro da leggere tutto d' un fiato, immergendosi in un' ottica educativa tangibile e praticabile.. utile per cogliere il duro lavoro degli insegnanti, fondamentale 
per chiunque si approcci con bambini e ragazzi.

5,0 su 5 stelle
Maleducati o educati male?
Giorgia su IBS  20/05/2017

Avevo già letto "L'arte di insegnare", trovandolo molto interessante dal mio punto di vista di docente. Pure questo libro è illuminante, non solo per chi lavora in contesti educativi come la scuola, ma anche, e forse di più, per chi è genitore. Spinge l'adulto a riflettere sul suo ruolo, inducendolo a migliorarsi e a fare tutto il possibile affinché il bambino diventi una persona capace di stare al mondo. Molti esempi pratici aiutano a calarsi nelle situazioni e a ripensare alle proprie strategie educative. Consigliato.



5,0 su 5 stelle
 Il piacere di educare
Su Amazon  12 giugno 2017
Un insieme meraviglioso di consigli, considerazioni e suggerimenti, rivolto a genitori e insegnanti sull'arte di educare i ragazzi. Piacevolissimo da leggere e illuminante in molti passaggi. Ogni insegnante, genitore o educatore dovrebbe leggerlo!


5,0 su 5 stelle
Alessia su IBS
07/06/2017
Questo bellissimo libro tocca i nervi scoperti dei sempre più difficili rapporti tra insegnanti ed alunni con professionalità e semplicità, offrendo spunti concreti e chiari come solo la prof.ssa Milani sa fare.


il 4 luglio 2017

Bravissima! Complimenti alla scrittrice che con un linguaggio chiaro e semplice offre tanti suggerimenti pratici per una sana educazione dei nostri bambini.
Renderne obbligatorio lo studio durante i corsi di preparazione al parto non sarebbe una brutta idea!

su Amazon il 12 giugno 2017

Un insieme meraviglioso di consigli, considerazioni e suggerimenti , rivolto a genitori e insegnanti sull'arte di educare i ragazzi. Piacevolissimo da leggere e illuminante in molti passaggi. Ogni insegnante, genitore o educatore dovrebbe leggerlo!

il 7 giugno 2017

Leggere i libri di Isabella Milani significa riscoprire un valore quasi estinto: il buon senso Basandosi su di esso, l'autrice, dall'alto della sua esperienza riesce a fare ciò che molti esperti contemporanei, chiusi nelle loro torri d'avorio, non fanno, vale a dire fornire consigli pratici per chi ha un problema da risolvere. La scrittrice, dunque, non si limita a rilevare delle criticità, cosa che più o meno sappiamo fare tutti, ma ci indica strade da seguire concretamente. Lo fa con la sicurezza acquisita sul campo, alla luce autorevole di una competenza consolidata, proponendosi come guida essenziale e necessaria per gli educatori in questi tempi incerti e mutevoli. Ci riesce pienamente.Consigliatissimo.




Grazie a tutti quelli che mi dedicano un po' del loro prezioso tempo per recensire i miei libri!

lunedì 22 maggio 2017

Lettera ai ragazzi sul bullismo. 626° post

Cari ragazzi, vorrei spiegarvi una cosa.
Una ciambella è un dolce.  Può essere la piccola ciambella che piace tanto agli americani e a Homer Simpson, o la torta che fanno le mamme e le nonne. La ciambella ha un buco centrale e, per quanto possa sembrare strano, proprio quel buco costituisce la principale difficoltà. L’espressione della saggezza popolare “Non tutte le ciambelle riescono col buco” significa che non tutto quello che cerchiamo di fare bene riesce bene.

Ecco, ragazzi, le persone sono come le ciambelle: non tutte riescono bene. Eppure i genitori e gli insegnanti ce la mettono tutta per educare i bambini e i ragazzi in modo che diventino brave persone.
Nella società, infatti, ci sono tante persone adulte che sono cresciute come ciambelle senza il buco: i disonesti, i violenti, i razzisti, per fare degli esempi. Ma adesso mi interessa spiegare che cos’è un bullo.

Un bullo è solo una triste ciambella senza buco. Un ragazzo che non è venuto bene, insomma. In fondo, se guardiamo attentamente, non è colpa sua, se si comporta così male. Non è capace di comportarsi diversamente. Perché? Cerchiamo di capire perché.
Chi è il bullo?
Un bullo è un ragazzo che è cresciuto male. È un ragazzo a cui manca qualcosa. È una ciambella riuscita male perché non ha il buco. Nel buco della ciambella che rappresenta il bullo ci dovrebbero essere tutti i valori e i sentimenti che impediscono a una persona di fare del male agli altri. Che cosa manca, perciò, al bullo? Manca soprattutto l’educazione al rispetto degli altri e alla non violenza. Il bullo non sa mettersi nei panni degli altri, non sa provare né comprensione né compassione.
Non è semplice, ma è molto importante cercare di capire da che cosa nasce il bullismo e in che cosa consiste.
“«Il bullismo è il fenomeno che si verifica quando uno o più ragazzi picchiano, deridono e perseguitano un compagno, per divertimento o per motivi apparentemente insignificanti». […] Chiediamoci perché mai un ragazzo si diverte tanto a umiliare, picchiare, perseguitare un altro ragazzo. «Perché è cattivo»? Non è «cattivo». Il vandalo fa alle cose ciò che il bullo fa alle persone. Ci chiediamo sempre che gusto ci provano. Perché il vandalo se la prende con un oggetto tanto da danneggiarlo, da volerlo vedere rotto? In realtà ce l’ha con qualcuno, e quell’oggetto è importante per la persona che lui considera «il nemico». Vuole danneggiare la persona e gli rompe l’oggetto che gli è caro. Ride della disperazione di chi trova rigata la macchina; vuole far vedere alle persone «perbene», quelle che lo disapprovano, che lui «se ne frega altamente» di loro e delle loro cose. Vuole danneggiare il ricco, perché lui non lo è, e gli spacca la macchina; vuole danneggiare tutto il resto della società, che gli sembra che non lo aiuti, e spacca qualunque cosa: giardini, fiori, aiuole, statue; danneggia sedili del treno o del pullman, perché non si sente parte della società, ma escluso, emarginato dalla società. Il bullo invece ce l’ha con i compagni studiosi, o più ricchi, o più belli, o semplicemente che a casa hanno una vita regolare senza problemi. Rovina i loro libri, nasconde o rompe i loro astucci, o i loro occhiali. I bulli e i vandali sono ragazzi sofferenti, molto fragili, resi duri e crudeli dalla vita, nel corso degli anni.[…]  Il bullo picchia, minaccia, perseguita, estorce, tortura, per dimostrare di essere forte e per nascondere le sue debolezze.
Sceglie le vittime fra i compagni più deboli, perché deve essere sicuro di vedere la paura nei loro occhi.
Paura che funziona come adrenalina, per lui. Deve avere un seguito di deboli che lo temono, e che forse, a volte, lo disapprovano, ma che scelgono la strada più facile dell’assecondarlo per evitare grane, perché vivono di luce riflessa, sono «qualcuno» perché sono amici del bullo.”[1]

Un bullo non è una persona forte e felice, quindi. Al contrario: è un ragazzo che recita una parte perché altrimenti sente di non essere nessuno; recita la parte di chi è ammirato perché ha potere. Non è un ragazzo amato per il suo carattere, per la sua intelligenza, e non è rispettato perché sa fare qualcosa di bello. Un bullo finge di essere felice e di essere potente, e crede di essere rispettato perché sa fare del male senza farsi degli scrupoli. Ma quello che ottiene non è mai ammirazione e non è rispetto, in realtà. È soltanto paura. Il suo non è coraggio. È vigliaccheria.

Questa lettera non è indirizzata ai bulli. È indirizzata a tutti gli altri ragazzi: a quelli che si fingono bulli per paura, ma non lo sono, alle vittime dei bulli, che soffrono in silenzio, perché sono spaventati, e a chi assiste a atti di bulismo e tace, per non avere grane.
A tutti voi dico: i bulli sono poveri ragazzi per i quali provare pena. Sono ragazzi che hanno bisogno di aiuto. Non li assecondate, non seguiteli. Parlate con gli adulti, senza paura. Dite quello che accade, - a scuola, per la strada o sui social - dite quello che vedete e quello che sapete. Aiutate le vittime dei bulli a salvarsi dalla persecuzione. Ma aiutate anche i bulli, parlando con i vostri genitori e con i vostri insegnanti. Se vedete un ragazzo che viene picchiato chiamate subito la polizia, senza paura. Voi potete farlo. Dovete farlo. Se tacete diventate complici.





[1] Da Isabella Milani, L’arte di insegnare”, Vallardi 

domenica 21 maggio 2017

Non posso fare pronostici sulla promozione o sulla bocciatura. 625° post


Come ogni anno a maggio, ricevo molte lettere di mamme, di padri e di ragazzi preoccupati, che mi mandano l'elenco dei voti e mi chiedono di fare un pronostico sulla promozione.
 Per esempio:
"Con 13 note e con 5+ in italiano in matematica e spagnolo e tutti gli altri sono sufficienti e con 7 in comportamento, si viene bocciati?"

Chi non è insegnante crede che l'esito finale dell'anno scolastico dipenda solo da una semplice questione di voti. Ma non è così.

 Rispondo a tutti con l'invito a leggere quello che ho già scritto su bocciature e promozioni qui sul blog, (qui), e su Il Libraio, in questo articolo.

In bocca al lupo! Spero che gli insegnanti prendano la decisione migliore che - lo sottolineo per i ragazzi e per i genitori - a volte è la promozione, ma a volte potrebbe anche essere la bocciatura.




mercoledì 17 maggio 2017

Far notare ai genitori dove sbagliano non significa “difendere i professori”. 624° post

Emanuela e Laura mi scrivono sul blog, a commento di una mia risposta.   Rispondo a tutte e due, insieme, perché i problemi sono legati.

Emanuela, in particolare, commenta:
“… relativamente alla sua risposta non condivido questa frase:
"…i ragazzi educati non sono malvisti, ma a volte sono trascurati, perché gli insegnanti sono impegnati a resistere agli assalti di altri tipi di genitore".
Secondo me sono penalizzati e non premiati perché i premi vengono dati a chi ha una doppia faccia […]
Perché si difendono sempre i professori? Sono proprio loro che non calmierano il rapporto con gli alunni, scoraggiando i più meritevoli, certo non tutti.”

E Laura scrive:
“Gentile Professoressa, ho letto molti suoi post interessanti e ho letto quanto scritto da Emanuela sui professori, non tutti naturalmente. Ieri la prof di matematica stava spiegando e un alunno fa una domanda, la prof non risponde prontamente ed interviene mio figlio, fornendo la risposta; è stato strillato dalla prof (e questo va bene, perché deve rispondere se interpellato), la prof continua la lezione e lo stesso alunno fa un'altra domanda, la prof non interviene prontamente e accenna la risposta una ragazza, la prof non la rimprovera. Mio figlio si è chinato verso il compagno di banco e ha detto a bassa voce "la prof è ingiusta"; la prof vede che si è chinato con il capo verso il compagno e gli ha detto: so che stai parlando di me, lui ha risposto "no prof non sto dicendo nulla" (anche qui ci sta che lei chiede conto della distrazione e dell'eventuale commento). Dopo due ore arriva la coordinatrice per fare lezione e si rivolge a mio figlio dicendo: ho saputo cosa hai combinato...hai insultato la prof di matematica", mio figlio ha risposto in modo negativo e lei incalzava, è intervenuto il compagno di banco smentendo l'insulto e mio figlio ha chiarito che aveva detto solo dell'ingiustizia, lei ha detto: le cose vanno dette in faccia. Premesso che mio figlio ha sbagliato, è uno degli elementi più educati (non è assolutamente il parere di me che sono la mamma), cosa c'entra questa accusa??? Naturalmente il compagno che ha confermato non fa testo perché, in altre occasioni i prof hanno affermato non ci si fida di quello che dicono i ragazzi.
Cosa posso fare??? Grazie.”
E anche
"Gentile professoressa, ha ragione i genitori devono intervenire quando è davvero il caso; infatti non intervengo mai e mi metto sempre in discussione, in ogni colloquio con i prof (non manco a quelli di mattina e a quelli pomeridiani) e loro hanno sempre sottolineato la troppa educazione. Io ho messo in preventivo un evento critico, tanto da adeguarsi al resto della classe, e proprio la prof di italiano ha detto: non c' questo pericolo con suo figlio è troppo educato e coerente. Ma allora questa accusa della prof. "ho saputo cosa hai combinato" da dove viene se realmente lei non ha sentito, neanche la prof di matematica e la conferma che non si è trattato di insulto "ma di ingiustizia" è stato rappresentato da mio figlio e dal compagno di banco, da dove viene??? Questo è al culmine di altri eventi per i quali ho taciuto, dopo aver cercato attentamente di capire, ora cosa dovrei fare: dovrei ribellarmi? Grazie Laura

Rispondo.

Cara Emanuela, in tutto quello che scrivo (blog, articoli e libri) sto molto attenta a non difendere sempre i professori. E anche a non difendere sempre i genitori. Non “difendo”: cerco di spiegare, perché  credo davvero che lo scontro fra genitori e insegnanti debba finire. Ognuno ha le sue responsabilità, certo, ma credo che i genitori ne abbiano un po' di più, perché accusano e intervengono spesso a sproposito nel lavoro e nelle decisioni degli insegnanti.
Ma bisogna intervenire solo quando è davvero il caso.
Per esempio questa sua affermazione "secondo me sono penalizzati e non premiati perché i premi vengono dati a chi ha una doppia faccia..." contiene questo concetto: lei, Isabella Milani, CREDE che sia così, ma non sono d'accordo perché secondo me invece è così.
Allora: le assicuro che per la mia esperienza NON è come dice lei. E la mia esperienza dovrebbe rappresentarle qualcosa, visto che mi occupo tutto il giorno, da anni, di questi argomenti. Ma, se ci pensa bene, lei non crede neanche a me, che sono una persona di cui si fida, perché altrimenti non leggerebbe e apprezzerebbe quello che scrivo.
Cara Laura, anche nel suo caso, le faccio notare alcune cose:
1. lei non c'era e quindi non ha sentito come è intervenuto suo figlio (né il tono né il volume della voce)
2. lei non sa che molto spesso gli insegnanti chiedono agli alunni che non sanno rispondere di provare a riflettere e li guidano dando un piccolo aiutino per vedere se basta a farli ragionare. Oppure vogliono terminare i discorso, prima di rispondere. Se un alunno fa una domanda, non sempre l'insegnante risponde, perché SPESSO non vuole proprio rispondere. E non vuol rispondere perché, dal punto di vista didattico, a volte è sbagliato. L’insegnante deve guidare verso la risposta, perché l’alunno deve diventare autonomo. Ma i genitori non lo sanno, e giudicano male l'insegnante.
3. I ragazzi devono attenersi alle istruzioni dell'insegnante (e i genitori devono dare per scontato che quelle istruzioni siano giuste, perché sono le istruzioni di una persona esperta). Lei non è in classe e non sa quante volte quell'insegnante ha detto ai ragazzi di NON rispondere di loro iniziativa.
Se suo figlio lo avesse fatto con me -  cioè di intervenire dando lui la risposta- io lo avrei rimproverato probabilmente molto di più di quanto ha fatto la professoressa, perché le assicuro che spiego bene fin dai primi giorni che nessuno deve rispondere al posto di un altro, finché non viene autorizzato dall’insegnante.
4. Personalmente non rispondo quasi mai alle domande, a meno che io non giudichi che siano domande VERE, alle quali gli alunni non possono arrivare da soli. Allora do ampie spiegazioni. Ma a qualsiasi domanda fatta tanto per fare, o alla quale con un po’ di sforzo e magari con un piccolo aiuto da parte mia possono rispondere da soli non do risposta. Se lo facessi insegnerei loro a non sforzarsi, ed è proprio quello che non voglio. Per fare un esempio: se assegno da studiare “l’aggettivo possessivo” e un alunno mi chiede “a che pagina?” NON dico a che pagina e lo rimprovero, perché fin dalla prima lezione ho detto che devono imparare a destreggiarsi a trovare un argomento nel libro e devono sforzarsi di essere autonomi, spiegando anche perché. Il ragazzo va a casa e dice “Mamma, oggi ho chiesto alla professoressa a che pagina era l’argomento da studiare e lei si è arrabbiata molto”. La mamma dà per scontato che la professoressa sia sgarbata e va a protestare dall’insegnante. Ecco: questo è quello che assolutamente non dovete fare. Lei lo farebbe? Se lo chieda.
5. Per quanto riguarda la ragazza che ha accennato alla risposta e non è stata rimproverata, anche in questo caso né lei né io possiamo sapere come è intervenuta, com’era la domanda e chi stava rispondendo. Perché partire dal presupposto che l’insegnante faccia “delle preferenze”? E perché tutti questi insegnanti dovrebbero “fare delle preferenze”? Un insegnante (salvo quelli che scelgono il lavoro per ripiego) crede nel lavoro che fa, che – in sintesi- è un lavoro che consiste nell’aiutare gli alunni. Perché i genitori sono così spesso convinti che nei rimproveri, nelle lodi e nei voti gli insegnanti “facciano delle preferenze”?
6. Quello che accade in classe, se considerato importante (in modo positivo o negativo) viene raccontato ai colleghi: sulla porta, nel cambio dell’ora, nel corridoio, in sala professori e, se è molto importante, addirittura per telefono, a casa. È normale ed è giusto, perché è importante che ogni insegnante conosca gli alunni attraverso ogni informazione utile, anche dal punto di vista di altri insegnanti. È proprio sicura che il modo in cui le è stato raccontato l’episodio sia esattamente corrispondente al vero? E “questa accusa della prof. "ho saputo cosa hai combinato" da dove viene se realmente lei non ha sentito?”: viene dallo scambio veloce di informazioni di cui ho parlato.
7. Mi chiede "Che cosa posso fare?" e "Che cosa devo fare? Ribellarmi?". Rispondo: lasci fare agli insegnanti. Se anche non sono perfetti, in molti casi fanno errori che hanno conseguenze molto meno gravi di quelle lasciate da atteggiamenti iperprotettivi dei genitori. Non parlo per lei, Laura, ma, in generale, per tanti altri.
Anche qui, interviene la mia esperienza: no, non ci si può basare sulle parole del ragazzo dando per scontato il concetto “io credo a mio figlio perché lo conosco! Non mi mentirebbe!”, ecc. Capita spesso che i ragazzi raccontino le cose in modo diverso a seconda di chi hanno di fronte. Bisogna che mi crediate sulla parola. Non lo fanno per mentire, ma per aiutare l’amico, per salvare se stessi o -  più spesso – senza rendersene conto. Per questo motivo non sempre ci si può fidare degli alunni. Neanche di quelli molto corretti.
E sottolineo un concetto importantissimo: che senso ha dare tutta questa importanza a una frase come "ho saputo cosa hai combinato"? Siamo sicuri che sia così grave dire a un alunno una frase come questa (fra le centinaia che diciamo in una classe)? Io direi di no. È più grave lasciare trasparire ai figli i sentimenti negativi che si hanno verso gli insegnanti.
Esiste anche la possibilità che l’insegnante sia pessimo, sia chiaro. Ma prima di pensare a questa possibilità bisognerebbe provare a convincersi del fatto che gli insegnanti, in maggioranza, non solo non sono pessimi, ma ce la mettono tutta per fare bene il loro lavoro. Alcuni sbagliano anche se fanno tutto quello che possono. Ma i genitori possono affermare che nel loro lavoro (qualunque esso sia) sono perfetti? Il lavoro degli insegnanti è il più importante di tutti e non devono sbagliare? Se si risponde “sì”, allora bisogna proprio che tutti comincino a urlarlo ai quattro venti e che pretendano per loro ben altro rispetto.
Quando - in tutto quello che scrivo - faccio notare gli errori che i genitori possono fare, non significa assolutamente che sto difendendo la categoria degli insegnanti. Chiunque legga il mio blog e i miei libri dovrebbe aver notato che “non faccio preferenze”. Scrivo quello che ho capito in molti anni di osservazioni. E anch’io lo faccio meglio che posso. Spero che si veda.

domenica 14 maggio 2017

ALBUM DELLE FOTO DEI MIEI LETTORI. 623° post


Mi piace molto vedere a chi vanno a finire i miei libri. E mi piacerebbe sapere da ognuno di voi le impressioni che provate quando li leggete. E, come a voi, anche a me piacerebbe discuterne, seduti davanti a una tazzina di caffè.

Mi accontento delle vostre foto, però, e spero in una vostra recensione su una libreria online.
Poiché non tutti frequentano Facebook, ho pensato di mettere qui le prime foto delle copie dei miei lettori di "L'arte di insegnare". Se volete, mandatemi anche la vostra (cartacea o ebook), con o senza di voi. Grazie!



























  
Continua.....

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