La professoressa Isabella Milani è online

La professoressa Isabella Milani è online
"ISABELLA MILANI" è uno pseudonimo, scelto per tutelare la privacy dei miei alunni, dei loro genitori e dei miei colleghi. In questo modo ciò che descrivo nel blog e nel libro non può essere ricondotto a nessuno.

visite al blog di Isabella Milani dal 1 giugno 2010. Grazie a chi si ferma a leggere!

SCRIVIMI

all'indirizzo

professoressamilani@alice.it

ed esponi il tuo problema. Scrivi tranquillamente, e metti sempre un nome perché il tuo nome vero non comparirà assolutamente. Comparirà un nome fittizio e, se occorre, modificherò tutti i dati che possono renderti riconoscibile. Per questo motivo, mandandomi una lettera, accetti che io la pubblichi. Se i particolari cambiano, la sostanza no e quello che ti sembra che si verifichi solo a te capita a molti e perciò mi sembra giusto condividere sul blog la risposta. IMPORTANTE: se scrivi un commento sul BLOG, NON FIRMARE CON IL TUO NOME E COGNOME VERI se non vuoi essere riconosciuto, perché io non posso modificare i commenti.

Non mi scrivere sulla chat di Facebook, perché non posso rispondere da lì.

Ricevo molte mail e perciò capirai che purtroppo non posso più assicurare a tutti una risposta. Comunque, cerco di rispondere a tutti, e se vedi che non lo faccio, dopo un po' scrivimi di nuovo, perché può capitare che mi sfugga qualche messaggio.

Proprio perché ricevo molte lettere, ti prego, prima di chiedermi un parere, di leggere i post arretrati (ce ne sono moltissimi sulla scuola), usando la stringa di ricerca; capisco che è più lungo, ma devi capire anche che se ho già spiegato più volte un concetto mi sembra inutile farlo di nuovo, per fare risparmiare tempo a te :-)).

INFORMAZIONI PERSONALI

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La professoressa Milani, toscana, è un’insegnante, una scrittrice e una blogger. Ha un’esperienza di insegnamento alle medie inferiori e superiori più che trentennale. Oggi si dedica a studiare, a scrivere e a dare consigli a insegnanti e genitori. "Isabella Milani" è uno pseudonimo, scelto per tutelare la privacy degli alunni, dei loro genitori e dei colleghi. È l'autrice di "L'ARTE DI INSEGNARE. Consigli pratici per gli insegnanti di oggi", e di "Maleducati o educati male. Consigli pratici di un'insegnante per una nuova intesa fra scuola e famiglia", entrambi per Vallardi.

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giovedì 31 gennaio 2013

SONO SOMMERSA DALLE LETTEREEEEEE!!!! 349°

Cari lettori, mi giustifico (e mi ripeto). In certi periodi, come questo, ricevo sette o otto lettere o commenti al blog al giorno. Come faccio a rispondere a tutti??? Vorrei, credetemi, ma devo anche andare a scuola :-)
Allora, faccio così: a qualcuno rispondo subito perché mi sembra una situazione grave. Ad altri rispondo subito perché è un problema che conosco bene e mi è abbastanza facile rispondere. Ad altre (che sono le lettere che rimangono indietro) tardo a rispondere perché descrivono problemi importanti (e che possono presentarsi a tutti e quindi desidero scrivere un post) o difficili da risolvere e ci devo pensare bene, per trovare una soluzione da proporre. Non vorrete che scriva risposte qualunque! :-)

Allora, facciamo così: prima di tutto cercate se ci sono già risposte a problemi simili nel blog (c'è anche una casella di ricerca); non chiedete consigli attraverso il blog, nei commenti, o come messaggio facebook.  
Scrivetemi una mail privata. Se dopo un mese non ho risposto, mandatemi di nuovo la stessa mail. 
Proviamo così! Grazie!

martedì 29 gennaio 2013

NUOVE RECENSIONI AL LIBRO!





su 5 stelle Utile ed intelligente31 gennaio 2013
Di 
Ba 

Questa recensione è su: Consigli Pratici Per Giovani Insegnanti (Brossura)

Appena ho conosciuto, per caso, il blog della Prof. Milani non ho potuto fare a meno di acquistare il libro. Non mi ha deluso; è molto interessante perché tratta di temi di cui nessuno scrive mai se non in modo formale, teorico e quindi "insipido".

Questo libro si sviluppa con un linguaggio chiaro, diretto, "vivo" senza essere banale e ovvio.
Anzi, è profondo poiché tocca problematiche scolastiche, relazionali, personali. Credo sia unico nel suo genere.
Un libro che riflette e aiuta a riflettere su problemi diffusi ma poco (o niente) espressi, discussi.



Di Valentino Valitutti       28-gen-2013
* * * * *
Libro letto in un solo giorno perché interessante ed illuminante, senza falsa retorica, bensì valido e pratico per la sua veridicità e la sua onestà. Una raccolta di pensieri, riflessioni e considerazioni per aiutare in maniera graduale ed efficace chi è deciso ad accingersi al lavoro più duro e più affascinante della vita.


5.0 su 5 stelle ottimo30 gennaio 2013
Di 








Amazon 
Questa recensione è su: Consigli Pratici Per Giovani Insegnanti (Brossura)
scritto in modo semplice con tanti consigli pratici e non solo per gli insegnanti ma anche per i catechisti come me.

Le altre recensioni le trovate 

Grazie, Valentino! Grazie, Ela! Grazie, Barbara!

domenica 27 gennaio 2013

Noi insegnanti abbiamo la possibilità e la responsabilità di insegnare ai bambini e ai ragazzi a non dimenticare. 248°


Noi insegnanti abbiamo la possibilità e la responsabilità di insegnare ai bambini e ai ragazzi a non dimenticare.  Non si può abbassare la guardia. Quando un uomo toglie la dignità ad un altro uomo la civiltà è finita.
Scegliamo una foto, una frase, un'immagine e facciamoli riflettere sul significato profondo che nascondono. 
Quest'anno io  farò riflettere i miei alunni su tre fotografie.
- Una foto del numero di matricola che veniva tatuato sull'avambraccio dei prigionieri dei campi di concentramento.  




È importante riflettere su tutto quello che c'è dietro a quel numero, sul fatto che tatuare una persona con un numero è come considerarla un animale. Il tatuaggio cancella tutta la persona per ridurla ad un numero, e questo indica disprezzo e volontà di annientare. E che cosa dà il diritto ad un essere umano di fare questo ad un altro?
- La foto del monumento commemorativo situato all'ingresso del Cimitero Ebraico di Nizza, in Francia. 

L’urna di destra è dedicata “Ai martiri delle persecuzioni” e contiene sapone di grasso umano e la scritta: "Cette urne renferme du savon à la graisse humaine fabriqué par les Allemands du IIIième Reich avec les corps de nos frères déportés"
("Questa urna contiene il sapone di grasso umano prodotto dai tedeschi dal III Reich con i corpi dei nostri fratelli deportati")
I nazisti hanno usato i corpi delle persone assassinate per fare sapone con il quale qualcuno si sarebbe poi lavato. Persone che erano padri, madri, fratelli, sorelle, nonni di qualcuno (e inviterò i miei alunni a pensare alle persone alle quali vogliono bene). Che cosa dà il diritto ad un essere umano di fare questo ad un altro?
- La foto di un dormitorio dove venivano ammassati i detenuti.

Ridotti a scheletri, nella puzza, negli escrementi, fra le pulci, le malattie e a volte accanto a compagni di prigionia morti da ore. Che cosa dà il diritto ad un essere umano di fare questo ad un altro?

I ragazzi devono capire che cosa significa ogni piccolo particolare. Perché un giorno raccontino loro, ai loro figli, quello che è accaduto. Per non dimenticare.
Perché non accada più. 

sabato 26 gennaio 2013

Certi insegnanti dovrebbero studiare, o è molto meglio che cambino lavoro. 347°

Questa volta il post è più lungo del solito, ma mi è sembrato utile condividere alcune lettere che ho ricevuto, riguardanti la scuola elementare.
Due mamme e una nonna mi chiedono consigli, ma non ci sono molti consigli da dare. Il problema lo possono risolvere soltanto gli insegnanti, purtroppo!

Marilena, Lilli, Nonna Pina mi scrivono:


“Professoressa buongiorno,
mi chiamo Marilena, sono mamma di un bambino di 8 anni che frequenta la terza elementare.
Da quando ha iniziato la scuola elementare ho dovuto affrontare tanti problemi.
Premesso che mio figlio non è un bambino dedito alla scuola, in questi tre anni ho dovuto lottare perché a mio figlio venisse garantito un insegnamento "decente". Ora mi spiego. In prima elementare a parte l'insegnante di italiano, capace e severa quando necessario, mi sono imbattuta in insegnanti senza polso, capaci solo di colpevolizzare i bambini, agitati e immaturi (cosa normale a sei anni se non anche 5 e mezzo), senza chiedersi perché non avessero praticamente tutti e venticinque i bambini rispetto di loro! L'insegnante di matematica faceva lezione mentre i bambini correvano per la classe; inizialmente li riprendeva in maniera blanda, poi urlando, poi dando note solo ad alcuni quando erano tutti a fare confusione, dopodiché il giorno dopo non si ricordava nemmeno i nomi dei bambini e cui aveva dato la nota (in un anno un bambino ha avuto più di 60 note).
Io a mio figlio ho sempre detto che chi si comportava male a scuola poi sarebbe stato bocciato o comunque "punito" in un qualche modo, ma alla fine della prima elementare non succedendo niente ai più "bischeri" mio figlio non ha più dato importanza al comportamento che aveva in classe ("tanto non mi succede niente!"). Oltre a tutto questo il programma di matematica era come non svolto.
In seconda elementare grazie a interventi di noi genitori e ad un'ammissione da parte del dirigente che l'insegnante era conosciuta come un'insegnante non capace, questa viene messa a insegnare "solo" storia geografia e scienze, mentre matematica passa a un'insegnante capace e severa.
Risultato a fine anno la matematica per lo più recuperata, ma le altre materie un disastro, conigli che diventavano carnivori, coccinelle erbivore ecc...
Ora in terza dopo ulteriore intervento di noi mamma e ammissione dell'insegnante di non essere in grado di gestire la classe, sono stati spostati in un'altra classe (dove i problemi continuano) e noi abbiamo cambiato per la terza volta insegnante di matematica.
Ora la matematica recuperata in seconda si sta perdendo, e se non fosse per il lavoro che faccio io ogni giorno con mio figlio, a sua richiesta, perché si sente trattato come un "bebè", parole sue, saremmo a livelli di bambini che hanno appena cominciato la seconda.
Io non sono un'insegnante e ammetto anche di essere una mamma nervosa e forse troppo assillante, ma per me la scuola ha due doveri principali nei confronti dei bambini: insegnargli come ci si comporta a scuola e insegnargli le basi per poter andare avanti negli studi.
Io so che l'educazione è al 90% nostra responsabilità ma sono convinta che l'insegnamento dell'educazione che si deve avere in un ambiente come la scuola sia al 90% compito delle insegnanti.
Ora si chiederà perché le sto scrivendo, semplicemente vorrei un consiglio su come comportarmi perché sono stanca ogni anno di farmi un quattro per garantire a mio figlio ciò che è suo diritto avere: un insegnamento. Come me si sono stancate anche le altre mamme e molte si sono arrese dicendo che manderanno i figli a ripetizione (circa 15 o più bambini su 25), questo a me non sembra giusto anche perché i nostri figli hanno cominciato il loro percorso scolastico non imparando le regole di vita in una comunità perché molte insegnanti non sono in grado di essere ferme e decise sui comportamenti sbagliati.
Come posso intervenire, come posso esporre la mia ragione a  questa terza insegnante senza offenderla, è una brava donna, ma a mio parere non una brava insegnante. Non sa la matematica, gli argomenti che affronta li affronta oralmente, come dice lei, senza farli scrivere (da settembre a oggi mio figlio ha usato in matematica solo un quaderno e mezzo).  Grazie, cordiali saluti, Marilena”

“Buonasera Gentile Professoressa Milani, mia figlia frequenta la prima elementare. Pochi giorni dopo l’inizio della scuola la maestra, mi ha fatto presente che non rispetta le regole ed è troppo chiacchierona, consigliandomi di punirla . Due giorni dopo, all'uscita da scuola, la maestra non mi ha nemmeno dato il tempo di arrivare che mi dice "Signora, voi andate a fare la passeggiata la domenica? bene, per punizione Isa non deve uscire!",  e mi dice questo in presenza degli altri genitori, tanto che qualcuno si è ritenuto in diritto di dire al proprio figlio di non sedersi vicino a mia figlia.
Sono andata via da scuola con una mortificazione immensa. Ora mi chiedo.... Una maestra, può dire ad un genitore come punire il proprio figlio? Può farlo in presenza degli altri genitori? Come comportarmi?
La ringrazio anticipatamente se ha voglia di rispondermi e le invio cordiali saluti. Lilli.”
“Buongiorno prof.ssa Milani,
vorrei un Suo consiglio sul come comportarsi in un caso così delicato.
Premesso che il mio nipotino è un bambino tranquillo e amorevole, e non solo per me che sono la nonna.
Frequenta la quarta elementare in un Istituto privato. E' adorato dalla sua maestra ma inviso da quella di inglese.
Una volta gli ha strappato la pagina di un disegno ritenendolo brutto. Quando sono andata a parlarle , prima ha negato e poi si è giustificata sostenendo che il bambino è poco attento.
Ogni volta che dà un compito a casa, che svolgiamo insieme anche servendoci di siti internet, lo rigetta sostenendo che è malfatto e che "fa schifo". Il bambino non vuole che torni a parlare con l'insegnante perché teme che la situazione peggiori.
In linea di massima penso di averLe esposto il problema. Cosa mi consiglia? La prego di rispondermi al più presto. Grazie.  Nonna Pina”

Ho scelto queste lettere riguardanti i bambini delle elementari, fra le tante che ricevo su questo argomento, perché mi sembra che salti agli occhi un concetto importante: certi insegnanti dovrebbero studiare, o è molto meglio che cambino  lavoro.  Specialmente quelli che insegnano nella scuola primaria, che è quella che deve fornire le basi della carriera  scolastica dei bambini.
Sappiamo tutti che i genitori danno sempre la colpa agli insegnanti, che dicono che il loro figlio è “così bravo”, che “studia sempre”, che “eppure a casa la sapeva”, ecc.
Ma qui ci sono dei fatti, che parlano: chi mi ha scritto ha descritto da parte degli insegnanti comportamenti che mi sembrano davvero scorretti. Diamo per scontato che sia tutto vero, e che con si tratti dell’ennesima visione protettiva di genitori e nonne. Sappiamo tutti che sono cose che possono succedere.
La prima maestra non sa tenere la classe e non è preparata sulla sua materia.
La seconda ha suggerito alla mamma di una bambina di prima elementare (sei anni) "Signora, voi andate a fare la passeggiata la domenica? Bene, per punizione Isa non deve uscire!".
La terza maestra ha strappato ad un bambino di nove anni, di quarta elementare un disegno venuto male, usando espressioni come “è malfatto”, “è brutto” e “fa schifo”.
Care maestre e maestri che vi riconoscete in questi comportamenti, non ci siamo!
Ci sono maestre che danno 4 a bambini di 6 anni.
Non si accolgono bambini di prima elementare con note e punizioni! Sono piccolissimi! Vengono a scuola per imparare! Il voto, in prima elementare, non ha senso! Che cosa capisce un bambino di sei anni del valore di un 6, di un 4, di un 8? Capisce quello che vede nel vostro sguardo o in quello dei suoi genitori, che è uno sguardo di disapprovazione o di preoccupazione. Ha senso? Servirà alla sua autostima?
Care colleghe e cari colleghi della scuola primaria, pensateci, prima di valutare. Studiate un po’ più di psicologia. Non si dà 3, 4, 5 a una bambina di sei anni! Non si dà, per nessun motivo, perché è umiliante e corrode sul nascere la sua autostima!
Se il bambino non sa stare fermo nel banco, se picchia, se non ha imparato la poesia a memoria siete voi quelli che devono insegnargli come fare. Viene a scuola per questo. Se vi stupite perché chiacchiera, io mio stupisco del fatto che voi vi stupiate. Studiate! Ci sono tante cose che potete leggere su come insegnare le tabelline, o le poesie. Ci sono tanti libri che possono spiegarvi quello che un bambino di sei anni può o non può fare. Studiando, non vi stupirete più, ed eviterete di urlare al bambino perché non sta attento. Tutti possiamo sbagliare. Ma dobbiamo rendercene conto e cercare di riparare.
Se  “i conigli diventavano carnivori e le coccinelle erbivore”, se la luna diventa un pianeta, studiate! State vendendo fumo, e state facendo dei danni. Non c’è giustificazione all'ignoranza della materia che insegnate.
Cari colleghi e colleghe, non si punisce. Semmai si premia. L’assenza del premio è già la punizione. E, oltretutto, non si punisce una bambina la domenica per un comportamento tenuto il martedì! Il bambino piccolo vive nel presente, e se viene punito dopo giorni non ricorda più il motivo della punizione e vivrà la punizione come un’ingiustizia. Queste cose si studiano.
Non si strappa il disegno o il compito di un bambino. Neanche se è in quinta elementare, o alle medie, o al liceo. È un gesto violento. Non si può fare. Non si corregge con rabbia. Non si punisce con i voti, accompagnando il 4 con “Ecco! Questo è il voto che ti meriti! Così impari!”. Un voto insufficiente deve essere dato con dispiacere, non con godimento!
Le note, soprattutto quelle date a casaccio, per disperazione e per rabbia, non servono e sono dannose, perché rappresentano un’ingiustizia che poi sarà difficile dimenticare.
Ha pienamente ragione, Marilena, quando dice che “la scuola ha due doveri principali nei confronti dei bambini: insegnargli come ci si comporta a scuola e insegnargli le basi per poter andare avanti negli studi”.
Se non riuscite a tenere la classe tanto da non riuscire a far lezione, studiate! Leggete tutto quello che esiste sulle strategie per essere interessanti, per coinvolgere i bambini. Nella vostra scuola ci sono sicuramente colleghe e colleghi in gamba: non esitate a chiedere consiglio a loro! E se anche dopo aver letto e riletto tutti i libri, compreso il mio, e ascoltato tutti i suggerimenti, non riuscite a tenere la classe, prendete in seria considerazione il fatto di cambiare lavoro. I bambini devono imparare! Non possono perdere anni della loro vita perché voi, a suo tempo, ma anche adesso, non avete studiato abbastanza, o non riuscite ad imparare a tenere la classe. D'altra parte, per molti tipi di lavoro ci sono persone non adatte. Come può diventare medico o infermiere uno che sviene alla vista del sangue?
Care maestre e maestri che vi riconoscete in questi comportamenti, dovreste rifletterci bene sopra e valutare se non sarebbe meglio per voi cambiare lavoro. Risparmiereste a voi, ai bambini, ai genitori e ai colleghi tanti problemi.

mercoledì 23 gennaio 2013

“Quando il collaboratore scolastico non collabora”. 346°


Marianna mi scrive:
“Gentile professoressa Milani, le scrivo per raccontare quello che vivo nella mia scuola. Oltre i problemi con i genitori e gli alunni, nella mia scuola, che sono purtroppo pane quotidiano del nostro lavoro si aggiungono i problemi con la collaboratrice scolastica. Premetto che dove lavoro ce ne sono due, una molto brava e disponibile l'altra scontrosa e a volte anche maleducata. E' una di quelle persone che vuole mettere un piede in due scarpe. Spesso non è al posto suo, quindi se sta male un alunno e esco un attimo a chiamarla non c'è mai, perché magari è andata nella segreteria a parlare con le altre bidelle e per non lasciare la classe sono costretta a fare le chiamate dal mio telefonino. E' il primo anno che insegno in questa scuola come insegnante comune ma ho notato che anche i colleghi sono molto diffidenti e quando devono andare in bagno chiamano l'altra. Inoltre entra in classe e sgrida gli alunni perché l'aula è sporca. Siamo nel tempo pieno, e le lezioni terminano alle 4 e trenta, ma lei alle 16 comincia a pulire il bagno e guai se un bambino si permette di andare il bagno. Ieri un bambino alle quattro e venti voleva andare in bagno, perché se la stava facendo addosso e lei, mi ha detto "ma tanto tra dieci minuti si esce” e io “ma se la sta facendo addosso!” e al bambino ho detto di andare, come era giusto che fosse. Quattro anni fa ho lavorato sempre nella stessa scuola come insegnante specialista. Unica classe a tempo pieno, ero senza sostegno con un bambino non vedente. Un giorno questa stessa collaboratrice mi disse "Devo andare subito a casa perché ho un problema con mio marito che deve andare a un funerale, per favore non fare andare nessuno in bagno". Io ho detto di sì e da quel giorno usciva regolarmente e chiudeva i bagni a chiave, Non ho avuto mai il coraggio di denunciare la cosa al dirigente e quando la vedo, lo so è brutto dirlo, mi fa soggezione, forse perché è la mamma di una mia ex amica e quando era piccola le lanciava le ciabatte e la picchiava con battipanni. Questa è la mia storia, ma forse anche di altri colleghi e collaboratori del dirigente che non hanno mai avuto il coraggio di contrastarla, tanto che siccome è proveniente dalle scuole medie una collega mi ha detto ma avete ancora la signora R... ? anche lei anni prima aveva avuto i suoi problemi. Vorrei dire questo, io penso di avere tanti problemi nel mio lavoro, ma cerco di fare sempre il massimo di me stessa e penso che di questi tempi dovremmo ringraziare ogni giorno di avere un lavoro e svolgerlo nel modo migliore. Invece ci troviamo queste persone che chiamo indegne, perché non so trovare altri termini, che lavorano soltanto per il 27 e per far star male gli altri.”

E Valeria mi scrive:
“Gentilissima professoressa,
mi chiamo Valeria e sono insegnante di scuola primaria. (La scuola dove presto servizio comprende alunni di primaria e alunni di secondaria di primo grado.)
Oggi mi sono trovata ad essere aggredita verbalmente dalla collaboratrice scolastica per aver cercato di calmare una ragazzina di prima media in preda ad una crisi "isterica" (era stata cacciata fuori dalla classe dalla professoressa perché disturbava ed era stata affidata a lei). Mi viene da chiedere ma che ruolo abbiamo noi docenti oggi? Gli alunni ci offendono e dobbiamo stare zitti, i genitori ci offendono e dobbiamo stare zitti, i superiori ci offendono e dobbiamo stare zitti...ora ci offendono anche i collaboratori...e dobbiamo stare zitti...
Ma noi insegnanti non siamo più considerati persone? Non abbiamo anche noi dei diritti da poter reclamare, in primis quelli del rispetto per la persona?
Vivamente la ringrazio. Valeria”

Cara Marianna e cara Valeria, quello che scrivo sul farsi rispettare non vale solo per i ragazzi, ma per tutti. Anche per i collaboratori scolastici. Ho unito queste due lettere perché rendono l’idea dei collaboratori scolastici (in questo caso, donne) che tutti noi troviamo nelle scuole: “una molto brava e disponibile, l'altra scontrosa e a volte anche maleducata”. In tutta la mia vita lavorativa non mi è mai capitato di lavorare in una scuola dove i collaboratori fossero tutti “bravi” o tutti “scontrosi e a volte maleducati”. Vale anche per gli insegnanti, d’altra parte.
Ma qui il problema sta nel fatto che gli “scontrosi e a volte maleducati” vengono lasciati fare. E, per evitarli, ci rivolgiamo tutti ai bidelli bravi, sovraccaricandoli di lavoro, e lasciando i fannulloni liberi di non far nulla, senza neanche dover trovare delle scuse.
Ricopio alcune frasi che avete scritto perché, leggendole insieme, si può cogliere bene il concetto:
“se sta male un alunno e esco un attimo a chiamarla non c'è mai”;
“entra in classe e sgrida gli alunni perché l'aula è sporca”;
“Io ho detto di sì e da quel giorno usciva regolarmente e chiudeva i bagni a chiave”;
“Non ho avuto mai il coraggio di denunciare la cosa al dirigente”;
“quando la vedo, lo so è brutto dirlo, mi fa soggezione”;
“altri colleghi e collaboratori del dirigente che non hanno mai avuto il coraggio di contrastarla”
“Oggi mi sono trovata ad essere aggredita verbalmente dalla collaboratrice scolastica”.

Se il collaboratore scolastico non vi rispetta, come potete pensare che vi rispettino gli alunni? Soprattutto quelli che vedono che gli permettete di entrare in classe e di rimproverarli, come se fossero loro gli insegnanti? È una cosa gravissima: non dovete permettere a nessuno, né genitore né bidello, di rivolgersi in modo aggressivo agli alunni. Dovete proteggerli dalle aggressioni esterne. Se un bidello o un genitore ha qualche rimostranza da fare, alla prima sillaba che pronuncia per rivolgersi alla classe in modo aggressivo, dovete fermarlo e dire “Mi scusi, lei non può parlare alla classe. Sono io, qui, che parlo alla classe. Se ci sono problemi ne parli al dirigente o al direttore amministrativo”.
Se l’aula è normalmente sporca non c’è nulla da dire. Se è sporca perché i bambini o i ragazzi buttano in terra cartacce o altro, siete voi quelli che devono rimproverare gli alunni, perché è, da parte loro, una mancanza di rispetto verso i bidelli.
Per quanto riguarda il chiudere a chiave i bagni: ma scherziamo? Ma siamo impazziti? E se un bambino vomita, se ha la diarrea, dove la dovrebbe fare? E che cosa raccontiamo poi ai genitori quando il bambino va a casa e se l’è fatta addosso? Diciamo che “la bidella i bagni li vuole chiusi, ad una certa ora”? oppure “il bambino deve cercare di avere la diarrea prima delle 13”?
Il bagno deve essere sempre aperto! E, naturalmente, anche in questo caso, bisogna avere rispetto per il lavoro dei bidelli ed evitare che gli alunni vadano in bagno alla fine della mattinata. Salvo emergenze.

La collaboratrice non può assolutamente aggredire verbalmente. Né voi, né gli alunni. La collaboratrice deve collaborare, secondo le mansioni e per le ore (senza uscite senza permesso, cosa che costituisce reato) per le quali viene pagata.  Mi sembra di aver capito, Valeria, che ti ha aggredito davanti alla ragazzina. Fatto ancora più grave. E gravissimo per la tua credibilità il fatto che tu abbia mostrato alla ragazzina che sei una che si può benissimo aggredire (cosa che sicuramente poi lei avrà raccontato ai compagni).
Noi insegnanti abbiamo il dovere di far star bene i nostri alunni. Abbiamo il dovere di trattarli con rispetto, di fare in modo che tutti li trattino con rispetto e di insegnare loro a trattare tutti con rispetto. Compresi i bidelli. Non dovete permettere che rispondano male, che si rivolgano alla bidella, per esempio, chiamandola “Budella!”; non dovete permettere che sporchino l’aula senza preoccuparsi di chi dovrà raccogliere quello che buttano; che vadano in bagno e giochino con l’acqua, che entrino in classe con le scarpe piene di fango e se le puliscano al banco.
Ma non potete non avere  “il coraggio di denunciare la cosa al dirigente”. ; la bidella non può “farvi soggezione”.
Se si comporta in maniera scorretta con voi o con gli alunni; se non pulisce, se esce dalla scuola di nascosto quando dovrebbe rimanere a scuola a lavorare (non dimenticate che se esce prima viene pagata per qualcosa che non fa), noi insegnanti abbiamo il dovere di informare il dirigente e il direttore amministrativo. Prima verbalmente e poi per iscritto. Se succede qualcosa agli alunni perché non c’è la bidella che se ne va alle 13, di chi è la colpa? Anche vostra che, tacendo, siete diventati suoi complici.
I colleghi e collaboratori del dirigente che non hanno mai avuto il coraggio di contrastarla, che cosa temono? Che lanci anche a loro le ciabatte e li  picchi con il battipanni?

Nella Scuola italiana, purtroppo, c’è il grosso problema che ci sono anche persone che “lavorano soltanto per il 27 e per far star male gli altri”. Collaboratori scolastici, ma anche collaboratori amministrativi, direttori amministrativi, insegnanti e dirigenti. Bisognerebbe poter mandare via, queste persone, in realtà. Non si può. Almeno, però, non lasciamoli fare. Per noi, e per i nostri alunni. Smettiamo di stare zitti!
Che ruolo abbiamo, noi docenti? Quello di educatori e di insegnanti.
Gli alunni ci offendono, i genitori ci offendono, i superiori ci offendono e ci offendono anche i collaboratori e dobbiamo stare zitti? Ma assolutamente no! Se permettiamo a qualcuno di mancarci di rispetto, significa che noi, per primi, non abbiamo rispetto di noi stessi. Se abbiamo paura di contrastare chi ci offende, o chi offende i nostri alunni, dobbiamo lavorare (e parecchio) sulla nostra autostima.
Basta, “stare zitti”. Impariamo a far valere i nostri diritti. Con tutti.

venerdì 18 gennaio 2013

“Ho la voce da papera”. 345°

Mi scrivono e mi hanno scritto:

Marinella: “[…] i ragazzi sembrano divertirsi della mia indignazione, fingono di non cogliere la mia ironia, e quando sono costretta ad alzare la voce (una voce per natura molto esile, che tende a spezzarsi quando grida), la loro ilarità aumenta. […]

Anna Rita:  “Sono pienamente solidale con chi è disperata nella scuola. Lo sono anche io che tra l'altro sto svolgendo l'anno di prova come insegnante di francese in una scuola secondaria di primo grado dove due classi sono infernali. Il dirigente se la prende con me che non riesco a tenerle e io ho paura di non superare l'anno di prova. Il mio problema è che non ho un timbro di voce alto, quindi mi sgolo da infarto per due ore di seguito per farmi ascoltare da quei pochi che vogliono seguire. […] Da precaria ho quasi sempre lavorato nelle superiori dove ci sono meno problemi disciplinari, anzi quando ho iniziato le supplenze, 20 anni fa, era addirittura piacevole il lavoro di insegnante, motivante, adesso lo odio quasi.”.

Marzia : “Gentile prof.ssa Milani, […] Ho da poco saputo di essere stata ammessa ai corsi del TFA nella mia città,  […] parte del corso include un tot di ore di tirocinio da svolgere nelle scuole: in una prima fase si dovrà semplicemente affiancare il docente, in un'osservazione "silenziosa"; durante la seconda fase  (e qui arrivano le dolenti note) il tirocinante dovrà svolgere alcune lezioni in tutta autonomia. La mia ansia, giustificata credo, deriva da una commistione di fattori.  Innanzitutto la mia età: ho 26 anni, credo di essere la più giovane tra tutti i tirocinanti. Per non parlare del mio aspetto: tutti mi dicono che sembro più piccola...sarà perché fisicamente sono abbastanza minuta, ho una vocina sottile tipo cartone animato, un viso da fumetto manga e un aspetto abbastanza alternativo (parlo di piercing e tatuaggi che cercherò di coprire e far sparire al momento opportuno). Quando in realtà il mio temperamento è tutt'altro! Sono molto combattiva, ambiziosa..un tipo deciso insomma. Anche se purtroppo tutto questo non traspare da un primo impatto. Vogliamo parlare dell'estrazione sociale? Sono fortunatissima, vengo dai cosiddetti "quartieri alti",  parlo senza accento, quasi senza cadenza, sono abituata a frequentare ragazzi simili a me da questo punto di vista, con cui condividere interessi sociali e soprattutto culturali (politica, letteratura, cinema, arte..). Lo so, quanto ho scritto suona terribilmente classista, sembra che faccia la ruota come un pavone, ma ho dovuto esprimermi in questi termini per rendere il quadro della situazione quanto più chiaro possibile...Si immagini una classe di uno delle decine di quartieri degradati della città,  con studenti pluriripetenti, quasi miei coetanei, lontani centinaia di anni luce da tutto quello che sono e che ho sempre conosciuto, capaci a stento di parlare in Italiano (e le giuro che qui è una realtà ancora estremamente diffusa) che un giorno si ritrovano una ragazzina dei quartieri bene alta 1.58, che cerca di inculcargli un qualche interesse nei meravigliosi versi di Blake e Keats...se l'immagina la scena? A me sembra grottesca, quasi comica... Che fare? Come posso approcciarmi a questo tipo di classi, considerando la mia età, la mia inesperienza e la mia totale mancanza di autorità essendo una semplice tirocinante? […].
Eva:  “[…] Sì, sono minuta. Sì, sono riservata. Sì, ho la voce da papera. Sì, vedo insegnanti in gambissima ogni giorno con le mie stesse caratteristiche e cerco di imitarli, ma chissà perché le stesse parole, gli stessi atteggiamenti, con me hanno il significato opposto. E ogni giorno vado a scuola col terrore che le cose peggiorino e faccio lezione chiedendomi sempre se la mia reazione è stata quella giusta o se non ho commesso l'ennesimo errore[…]”.


Care colleghe dalla voce sottile, per fare l’insegnante ci vogliono alcuni requisiti: dobbiamo essere preparati sulla materia che insegniamo; avere conoscenze di didattica e di psicologia, essere creativi, saper esporre gli argomenti in modo piacevole ed interessante, essere autorevoli, saper motivare gli alunni all'ascolto e allo studio. E, ci aggiungo, bisogna avere anche il fisico: per esempio, camminare con sicurezza, essere “di sana e robusta costituzione”, avere una voce sicura, avere un tono e un volume che indicano all'ascolto e non al riso.
Queste sono alcune delle lettere che ho ricevuto che toccano l’argomento della “vocina”.
Avere una “vocina” è un handicap, per un insegnante, specialmente nella scuola dell’obbligo. I bambini e i ragazzi tendono a chiacchierare, a ridere, a protestare, a pensare ad alta voce, e il frastuono, se con riusciamo a fermarlo, è molto fastidioso, e rende difficile la gestione della classe.
Ma se un insegnante ha “una voce per natura molto esile, che tende a spezzarsi quando grida”, se non ha “un timbro di voce alto”, o ha “la voce da papera”, credo che potrebbe prendere in considerazione qualche trattamento logopedico per potenziare la voce e per salvaguardare la salute. Può giovare anche nella vita quotidiana. Altrimenti (o, nell'attesa di miglioramenti) direi che è importante evitare di urlare e concentrarsi di più su una gestione della classe basata su attività, su strategie e strumenti che sopperiscano all'uso intenso della voce. Personalmente, non ho una vocina. Ho una voce che, quando serve, è forte. Ma, negli anni, l’uso eccessivo della voce  (e ogni tanto qualche urlo ben piazzato), ha fatto sì che io diventi facilmente afona, se non sto attenta. Quindi, può capitare a tutti, di non poter fare affidamento sulla voce.
La comunicazione non verbale, che trasmette con lo sguardo o con un gesto della mano il messaggio “Smettila subito di chiacchierare!”, e una bella campanella, che uso nei casi più gravi, mi fanno risparmiare la voce. A bassa voce ho avvertito che il suono della campanella indica situazione di grave pericolo. Lo dico ridendo, ma la mia faccia dice loro che non sto scherzando.
Ogni problema deve essere risolto. Partite dal presupposto che un modo c’è.
Fatemi sapere!

giovedì 10 gennaio 2013

“CREPATE LAVORANDO FIGLI DI PUTTANA”. 344°

Un lettore, ovviamente anonimo, scrive:

“Mi soffermo sulla parte che interessa me e la maggior parte degli studenti delle ultime generazioni; non è lo stato, per quanto bastardo sia, a dire che siete un branco di stronzi apatici e pieni di problemi mentali, ma piuttosto sondaggi, genitori, altri professori e studenti stessi. Tutti ormai sono a conoscenza del fatto che questo mestiere non fa altro che procurare gravi problemi mentali, e spesso lo sfogo degli stessi insegnanti va a terminare sugli studenti. Perchè questo? Ma perchè siete un ammasso informe di teste di merda traviate dall'età, dalla mente malata e dallo stress eccessivo che procura questo insensato e ormai obsoleto mestiere. Ve lo siete scelto? Bene. CREPATE LAVORANDO FIGLI DI PUTTANA. E preoccupatevi di non trascinare dei poveri ragazzi che hanno ancora una vita davanti nella tomba con voi. Buona giornata.”
  
Ecco, questo è un esempio molto calzante di quello che intendo quando dico "ragazzi maleducati che non ne hanno colpa".  Il messaggio è stato scritto alle 15 del 26 dicembre: mentre la maggioranza di noi era insieme alla sua famiglia, agli amici, questa persona scriveva queste frasi. C’è di che riflettere. 
Appena uno lo legge,  viene voglia di pensare “Ecco un idiota”. Ma poi, ad una lettura successiva, ci si riflette e diventa interessante: se un ragazzo – ma probabilmente non è uno studente - si permette di rivolgersi così ad un insegnante che non conosce (certo, perché non ce l'ha davanti) qualche grosso problema ce l'ha.  Vediamo:
Mi soffermo sulla parte che interessa me e la maggior parte degli studenti delle ultime generazioni” : quindi non sembra essere uno studente, ma uno abbastanza giovane da sentirsi coinvolto.
“non è lo stato, per quanto bastardo sia, a dire che siete un branco di stronzi apatici e pieni di problemi mentali”: ecco, è già partita la violenza verbale, contro lo Stato, definito “bastardo” e contro tutti gli insegnanti “branco di stronzi apatici e pieni di problemi mentali”. I professori (tutti, quindi, ovviamente, anch'io)  sono “un branco”, come gli animali, sono “stronzi”, quindi cattivi, sono “apatici”, quindi indifferenti, e hanno anche “problemi mentali”, quindi fanno dei danni perché non ragionano. Perché, anch'io? Perché tutti noi? Evidentemente qualcuno deve averla fatta grossa a questo ragazzo/uomo. Ma che cosa può avergli fatto? Lo ha bocciato? Secondo me, no. Lo ha deriso? Lo ha umiliato?
Che i professori sono così - aggiunge - lo dicono “sondaggi, genitori, altri professori e studenti stessi”: giudizio condiviso da tutti, quindi.
“Tutti ormai sono a conoscenza del fatto che questo mestiere non fa altro che procurare gravi problemi mentali”: gli insegnanti dovrebbero essere vittime, dunque. E invece no.  Sono colpevoli, perché “spesso lo sfogo degli stessi insegnanti va a terminare sugli studenti”.  C’è un motivo? L’anonimo lettore lo sa “ perché siete un ammasso informe di teste di merda”. Un ammasso informe (neanche più la nostra individualità, ci lascia) di “teste di merda”. Senza speranza, proprio. E “traviate dall'età : ha avuto a che fare, evidentemente, con qualche insegnante un po’ avanti negli anni. Ma che cosa gli abbiamo fatto? Questo è odio puro contro tutti, nessuno escluso. Non ci sono “quasi”. Gli insegnanti hanno la “mente malata” e sono sottoposti a “stress eccessivo che procura questo insensato e ormai obsoleto mestiere.”: poveracci da compatire? No, colpevoli. Ma di che cosa? Di lamentarsi. Ed ecco la condanna che meritano: “Ve lo siete scelto? Bene. CREPATE LAVORANDO FIGLI DI PUTTANA. E preoccupatevi di non trascinare dei poveri ragazzi che hanno ancora una vita davanti nella tomba con voi.” A questo punto, urla, l’anonimo lettore. Il 26 di dicembre. Che cosa gli abbiamo fatto? A lui, direttamente, nulla. Secondo me, possiamo aver fatto qualcosa a suo figlio. Chissà...Qualcuno di noi gli ha bocciato il figlio, che ora non trova lavoro. A qualcuno deve dare la colpa. Lui la dà agli insegnanti di suo figlio. A tutti noi. Noi che abbiamo il lavoro e ci lamentiamo. Questo commento è stato fatto al post "Giovani, non diventate insegnanti!"
A questo punto, non lo approvo, ma capisco la disperazione e la rabbia che c’è dietro a questo commento. Come succede in classe, se si va al di là di quello che ci rispondono a volte gli alunni pieni di rabbia. Non dobbiamo accettare, non dobbiamo permetterlo, ma dobbiamo capire che cosa c'è dietro alla violenza verbale.

domenica 6 gennaio 2013

"Frustrazione - Invalsi". 343°



Gentile professoressa, sono mamma di un bimbo che frequenta la seconda elementare. Ho bisogno di sapere qualche cosa in più sui test Invalsi, sopratutto perché dalla scuola non escono informazioni, ma solo imposizioni. Con il primo collegio docenti la relazione sulla ns. classe delle insegnanti si legge: "è consigliato l'acquisto di nr 2 libri per esercitazione agli invalsi". Ora molti dei genitori fanno finta per comodità di non voler sapere , con la scusante che tutto ciò che è chiesto dalla scuola è per il bene degli alunni.Io NO!! Allora faccio una ricerca nel web e VOGLIO CAPIRE cosa sono e perché.  Ho già letto alcune delle sue considerazioni in merito, ma mi rimangono ancora quesiti senza risposta: "ma devo proprio sottoporre mio figlio alla preparazione continua e regolare a scuola , con schede , verifiche?(che tanto si dice non influirà sul voto in pagella e così secondo me non sarà). Io già vedo una sorta di insofferenza e frustrazione in mio figlio quando a casa si tratta di svolgere determinate schede, mentre legge la consegna, parte in una sorta di pianto nervoso-frustrante e devo mantenere la calma io per prima per poter superare questo momento nel migliore dei modi. Allora stanca di vedere questo crescendo di malessere, all'avviso sul quaderno (contenente i titoli dei libri da acquistare e tassativamente da portare al rientro) dato che nei giorni  prima delle vacanze io ho risposto con un avviso nel quale comunicavo la volontà di non aderire alle richieste fatte, motivando che sono problemi personali, che se volevano convocarmi ero disponibilissima a farlo, e soprattutto che nulla al bambino dovevano chiedere. A mio figlio ho detto che nell'avviso era scritto altro...per non coinvolgerlo dato che è timoroso di qualsiasi cosa. Venuto a casa mi chiede "mamma! si ho fatto leggere alla maestra, ma lei lo ha fatto leggere anche al preside!" e io cosa devo pensare! Cosa vuol dire ! Se la scuola non ha saputo fare informazione non è un problema mio , ma penso che il fatto di voler subito far vedere al preside il mio avviso significhi che tutto dipenda da lui e che alle insegnanti spetti solo il compito di ubbidire! Ma come la mettiamo con la scelta che ogni insegnante ha di poter operare con metodi di insegnamento propri e non imposti!? La libertà di aspettare quelli più lenti,e quelli con problemi di apprendimento,e quelli che non parlano bene l'italiano, e quelli che ....no,no non c'è tempo! Là si deve arrivare per maggio 2013!! Tutto il resto non importa...passiamoci sopra con un caterpillar, che tanto le spese più care le pagano figli e genitori a fianco. Cara professoressa , sto meditando di non far fare i TEST a mio figlio, ho già provveduto a non acquistare i libri (che peraltro con gli stessi soldi spesi ca/€12,00 a bambino x 2 classi da 25 alunni=€600,00  potevamo finanziare due bei progetti di vario tipo a sostegno del lavoro delle insegnanti e su loro indicazione in base alle esigenze ) e intendo rimanere sulla mia posizione, altri come me si sono intelligentemente chiesti: perché  Alcuni sono andati dal preside che maestralmente ha saputo argomentare , ma quando un genitore gli ha fatto presente che paghiamo già un contributo (€8 assicurazione+€17 spese segreteria) e che per lei bastano a sufficienza  per fare fotocopie non ha detto nulla...Mi dia un suo parere se può , grazie molte. Rina

Cara Rina,
parte le questioni burocratiche, che puoi leggere sul sito dell’Invalsi, desidero dirti che 
- la maggioranza dei docenti (quasi tutti!) è contraria alle prove;
- sulle prove Invalsi e sulla maggioranza delle questioni burocratiche i docenti devono eseguire quello che dice il dirigente anche se non sono d'accordo; il dirigente deve eseguire gli ordini del ministero, anche se non è d'accordo (su qualcosa si potrebbe combattere, come docenti e come dirigenti, e come Collegio dei docenti, ma è uno sforzo perfettamente inutile e quindi di solito lo evitiamo);
- sia quando le prove sono obbligatorie che quando non lo sono, i libri sono facoltativi;
-  le maestre fanno sostenere le prove anche se sono facoltative (e quindi sono costrette a far esercitare i bambini, che altrimenti non saprebbero come svolgerle) perché così è stato loro ordinato di fare;
- è vero, molte volte gli insegnanti devono adeguarsi alle direttive, perché la “libertà di insegnamento” non significa che possono fare quello che vogliono, ma che possono insegnare quello che ritengono opportuno, seguendo il metodo di insegnamento che ritengono più giusto;
- anche le maestre vorrebbero avere davvero "la libertà di aspettare quelli più lenti,e quelli con problemi di apprendimento,e quelli che non parlano bene l'italiano, e quelli che...", ma vengono dati loro sempre meno tempo, più cose da fare (per esempio questi Test Invalsi) e più alunni per classe (senza le compresenze necessarie);
 - se il tuo bambino non ha il libro, quando la maestra farà degli esercizi in classe, potrebbe trovarsi ancora più a disagio. Sarebbe meglio comperarlo (anche se non  condividi le prove Invalsi):
- secondo me, la maestra ha fatto vedere al dirigente il tuo messaggio molto probabilmente perché è d'accordo con te e voleva portare al dirigente una prova del fatto che "anche i genitori si lamentano"; gli ha fatto vedere il tuo messaggio anche per chiedergli come deve comportarsi (visto che sicuramente lui avrà dato disposizioni perché vengano fatti acquistare in libri)
- fotocopiare i libri è vietato dalla legge. Chi lo permette o  suggerisce di farlo va contro la legge. Cito dal sito della S.I.A.E:
“La riproduzione di opere dell'ingegno pubblicate per le stampe è consentita purché effettuata:
-"per uso personale" del cliente, cioè per propri scopi di lettura, studio, consultazione e non per uso commerciale o per farne ulteriori copie da distribuire a altri, anche gratuitamente. È vietata, in generale, ogni utilizzazione fatta in concorrenza con i diritti di utilizzazione economica dell’opera.
-entro il limite massimo del 15% di ciascun volume o fascicolo di periodico, escluse le pagine di pubblicità.”
Domanda: “La riproduzione, comunemente richiesta dagli insegnanti, di poche pagine tratte da un libro in un numero elevato di copie per le necessità della propria classe, quindi per uso non personale ma neanche per scopo di lucro, può rientrare in quelle finalità didattiche che limitano l'esercizio del diritto d'autore?
La riproduzione in più copie di alcune pagine di un testo non rientra nell’"uso personale"; per rendere lecito questo uso, finora tollerato, ma non autorizzato dalla legge, si dovrà stipulare un accordo specifico tra gli editori e il Ministero della Pubblica Istruzione. Al momento, ogni copia multipla è vietata e le finalità didattiche che limitano il diritto d'autore sono esclusivamente quelle espressamente previste dalla legge e dalle convenzioni stipulate”
- è bene che tu insegni a tuo figlio che è giusto fare quello che dice la maestra (che tu sia d'accordo o no); il tono della tua lettera lascia trapelare molta rabbia, che difficilmente puoi riuscire a non trasmettere a tuo figlio, anche se stai attenta: mostrandogli in qualche modo – anche indirettamente - che non sei d'accordo con la maestra, o che consideri il suo comportamento (che lo sia o no, non ha importanza) come lesivo del benessere di tuo figlio, farai percepire al bambino che la scuola e la maestra in un'ottica negativa che alla fine danneggerà proprio lui;
- mi sembra che il tuo bambino dimostra un'eccessiva paura delle scuola, dei compiti, degli ostacoli: cara Rina, di solito non è a causa della maestra, ma a causa di qualche suo problema ad affrontare le normali difficoltà ("già vedo una sorta di insofferenza e frustrazione in mio figlio quando a casa si tratta di svolgere determinate schede, mentre legge la consegna, parte in una sorta di pianto nervoso-frustrante e devo mantenere la calma io per prima per poter superare questo momento nel migliore dei modi."): si intuisce che questo crea in te una forte preoccupazione e -credimi - lui la percepisce.
Parlane con il suo pediatra: potrà darti dei consigli.  Se le maestre non te l'hanno detto, è perché di solito i genitori non vogliono sentir parlare di problemi e la frase "Sarebbe bene che parlaste con il pediatra di queste paure del bambino" li fa andare su tutte le furie.  
Spero di averti aiutato o chiarito alcune cose. Fammi sapere!

Sull'argomento dell'Invalsi puoi leggere anche questi POST


sabato 5 gennaio 2013

"Sono stanca dei pigrissimi ragazzi 'normali', viziati e riveriti". 342°


Enrica mi scrive:

“Cara professoressa Milani,
di solito sono contenta di andare a scuola (insegno in un istituto superiore), sono contenta di incontrare i miei alunni e di passare del tempo in mezzo a loro.Mi sembra di essere disponibile ad ascoltarli, ad aspettarli, a "recuperarli" in tutti i modi- Ma comincia ad insinuarsi prepotente un sentimento di noia, di inutilità. E mi viene spontaneo pensare: ma che cosa ci faccio qui, perché  devo essere sempre io ad essere interessante, coinvolgente, accattivante? Va bene, fa parte della mia professione, ma di fronte ai muri di gomma, di fronte a chi non si fa scalfire, toccare da nulla e alza le spalle, e continua a dire "e va be' (si scrive così?)", "ma sì, poi studio" mi viene proprio da pensare: braccia sottratte all'agricoltura! Non sono i ragazzi che vivono situazioni disagiate, che hanno famiglie veramente sfasciate, dove la povertà culturale è agghiacciante! No, sono pigrissimi ragazzi "normali", viziati, riveriti, con la "mamma che mi cancella il libro usato perché così è sicura che faccio gli esercizi"!!!! Ed è normale per loro che sia così, che siano gli altri a darsi da fare per loro: si limitano ad osservare queste formiche impazzite che fanno i clown per attirare la loro attenzione, che preparano verifiche, recuperi, corsi pomeridiani, gli preparano gli zaini...No, devo cambiare qualcosa, ma cosa? Saluti e grazie! Enrica”

Cara Enrica,
non c’è dubbio che, soprattutto alle superiori, molti ragazzi – la maggioranza, forse – sono “ragazzi "normali", viziati, riveriti". Ed è normalissimo che sorga in te – in noi – il senso di frustrazione di cui parli. Il difficile del nostro lavoro, non è insegnare, preparare le lezioni, correggere i compiti, spiegare. Il difficile è vivere il senso di impotenza che proviamo quando ci rendiamo conto che di quello di cui avrebbero bisogno i nostri alunni possiamo dare solo una piccola parte. O quando non riusciamo in nessun modo a risvegliare in loro la volontà di studiare. In ogni ordine di scuola il problema è lo stesso, anche se appare in forme diverse. Tu insegni in una scuola superiore. Parliamo delle scuole superiori, dunque.
Se leggi quello che scrivo di solito, saprai che la colpa profonda dei mali della Scuola non la do agli alunni. La do agli adulti: prima di tutto allo Stato, che li mette in scuole fatiscenti, al freddo o al caldo, secondo la stagione. Banchi rotti, o troppo bassi o troppo alti, scomodissimi. Spazi ristretti. Spifferi, sole negli occhi. Bagni maleodoranti, con porte senza chiavistelli e senza carta igienica. E in ogni regolamento c’è qualcosa come “eventuali danni alle attrezzature e alle suppellettili devono essere risarciti dai responsabili.” Certo, non si devono provocare danni, ma, quando uno pensa a certe attrezzature e le suppellettili, sinceramente, viene da ridere. Questa è mancanza di rispetto.
Poi la do di nuovo allo Stato, quando penso alle classi affollate, alle lavagne vecchie, al personale sempre più ridotto  (e sempre più  vecchio), ad un sistema scolastico arretrato e inadeguato, nei contenuti e nelle forme.
Subito dopo la do alla società dei consumi, e ai grandi imprenditori, che fanno vivere bambini e ragazzi in un mondo dove “sei ciò che hai”, dove “tutto devi procurartelo subito”, dove ruba bene chi ruba ultimo e dove “devi comperare comperare comperare altrimenti non vali nulla”.
Poi le responsabilità vanno scemando: sono colpevoli (ma anche vittime loro stessi) i genitori che si prestano a diventare complici della società dei consumi, lasciandosi imbambolare dai media. E sono colpevoli perché spesso iscrivono i loro figli (non tenendo in alcun conto i consigli degli insegnanti delle medie) a scuole per le quali non sono portati o preparati (“vogliamo che faccia lo Scientifico perché mio marito vorrebbe che diventasse ingegnere”).
Gli insegnanti sono colpevoli soltanto di non sapersi ribellare.
Gli alunni – bambini, adolescenti e ragazzi –sono colpevoli solo superficialmente. I ragazzi sono il risultato di come li abbiamo educati, di quello che abbiamo dato e, soprattutto, di quello che non abbiamo dato loro. Sono come sono, perché sostanzialmente dovevano risultare così. Hanno ricevuto troppo denaro, poca attenzione o troppa attenzione, poche indicazioni di vita, pochi valori, troppi oggetti, pochi pensieri. Sono pigri perché noi non abbiamo preteso nulla da loro; sono viziati perché li abbiamo viziati noi genitori. E noi insegnanti, quando ci troviamo di fronte a genitori che viziano i figli (moltissimi) non abbiamo la forza (e neppure la voglia) di entrare in contrasto con loro portando avanti un altro tipo di educazione: se i ragazzi sprecano perché sono i genitori che comperano due tre cento penne, noi stiamo zitti perché “i genitori sono liberi di educarli come vogliono”, “perché poi vengono a scuola a protestare”, “e chi me lo fa fare di affrontare un braccio di ferro infinito? Che si arrangino”. E se, alle superiori arrivano ragazzi che non sanno nulla, che non studiano, che non hanno voglia di fare neanche un piccolo sforzo, cerchiamo in ogni modo di “tirarli su”, di “premiarli”, di “salvarli”. E allora? Converrai con me, Enrica, che la colpa non è dei bambini, degli adolescenti, dei ragazzi.
Che cosa fare con questi ragazzi, alle superiori? Se non frequentano più la scuola dell’obbligo, facciamoci un esame di coscienza serio: sono preparata? sono capace di interessarli, di motivarli? (per carità, non diciamo più che dobbiamo entrare in una classe e loro devono essere “già motivati”, com'era – forse - tanto tempo fa!), spiego in modo chiaro? sono riuscita a motivare la maggioranza?
Se rispondo affermativamente a tutte queste domande ho la coscienza a posto.
Ma se spiego male e poi do 4 al ragazzo perché non ha capito? Se sono noiosa, e poi do 4 perché sbadiglia? Se so il minimo indispensabile della materia che insegno, e poi do al massimo 7 perché non voglio sbilanciarmi? Se voglio che mi ripetano tutto a memoria, perché altrimenti non so capire se quello che dicono è giusto?  No, in questo caso non devo avere la coscienza a posto.
E in questo caso devo  riflettere bene per decidere qual è la cosa giusta da fare: bocciare chi non sa, anche se magari, con un insegnante migliore avrebbe avuto altri, e migliori, risultati? Non bocciarlo, consapevole delle mie manchevolezze? In tutti e due i casi il risultato è negativo.
Se ho la coscienza a posto, quando un alunno ha assolto all'obbligo scolastico, devo essere esigente. Non si possono mandare avanti tutti, solo perché fermarli potrebbe significare perdere una classe o affrontare genitori furiosi o avere la possibilità di qualche grana. Diventeranno ingegneri, medici, elettricisti: non posso essere complice di eventuali loro disastri lavorativi.
Alle superiori si accede liberamente, ma non tutti scelgono la scuola giusta. Hanno altri tipi di intelligenza (dei nove che esistono), diversi rispetto a quelli che servono in quella scuola? Sono lontani mille miglia dall'idea di faticare e quindi di studiare  (anche se – lo ripeto- non è colpa loro)? Si decidono a studiare solo a marzo perché si delinea più chiaramente la possibilità di ripetere l’anno o – peggio!- di rovinarsi l’estate con la sospensione del giudizio?
Cara Enrica, ti chiedi che cosa cambiare: fai del tuo meglio, ma non essere una delle “formiche impazzite che fanno i clown per attirare la loro attenzione”; decidi che cosa pensi e agisci di conseguenza, costi quel che costi. Anche se non è colpa dei ragazzi, perché sono il risultato di una società che li vuole scansafatiche, quelli che non sanno cogliere le occasioni che vengono loro offerte a sedici, diciassette, diciotto anni, devono essere risvegliati bruscamente dal torpore e messi davanti alle loro responsabilità. Non possiamo (e non dobbiamo) fare altrimenti. E non importa se questo scombussolerà la loro vita, o quella dei genitori, dei fratelli, delle sorelle, e di tutta la corte che ruota intorno a lui, principino svogliato. Si devono svegliare anche loro.
Fammi sapere!

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