Federica mi scrive:
“Carissima Isabella, mi chiamo Federica. Ho 40 anni
ed insegno da 15 anni. Non sono quindi una pivellina alle prime armi, ma sto
affrontando un problema più grande di me. So bene che tu non sei né una
psicologa, né il tuo blog è nato per correre in soccorso di chi sta nelle
condizioni che tra poco ti racconterò, ma forse se pubblichi la mia email
qualcuno che sta come me si sentirà meno solo e spaesato, come sono io in
questo momento.
Quest'anno non ce la faccio ad affrontare questo
lavoro. Un lavoro da me amato, voluto per il quale ho affrontato sacrifici che
non mi pesavano perché era mio desiderio diventare un'insegnante. Studio,
concorso, supplenze e, finalmente dopo 10 anni di incarichi, il ruolo arrivato
5 anni fa. Gioia e felicità: traguardo raggiunto! Toccavo il cielo con un dito,
ma è durato relativamente poco. Dopo un anno difficile dal punto di vista
personale (mio padre con un tumore), sono crollata, crollata letteralmente
intendo. Mi spiego meglio: lo scorso anno ho dovuto tirar fuori tutta la forza
possibile per affrontare il suo cancro. Di notte piangevo, mi addormentavo
tardi, la mattina indossavo la maschera e andavo al lavoro. Mai un minuti di
ritardo, mai un giorno di assenza (e per mai intendo proprio mai mai mai, ti
dico solo che mio padre è stato operato nel mese di luglio e questa cosa per me
è stata un sollievo perché così non mi sono dovuta assentare da lavoro, giusto
per intenderci), addirittura la scuola era per me la mia isola felice. Arrivavo
e fino a fine servizio riuscivo a fingere che il mio dramma non esisteva (tra
l'altro lo sapeva solo una mia collega, era stato il mio modo di esorcizzare il
problema: della serie: va tutto bene, sono la solita, non è cambiato nulla, è
tutto sotto controllo etc etc).
Ora le cose per mio padre vanno molto meglio:
l'intervento è andato bene, la malattia è stata asportata. Insomma, potrebbe
essere il momento della ripresa ed invece, per me, è quello del crollo emotivo
totale. Ho perso l'entusiasmo, entro in classe completamente demotivata, mi
devo sforzare di fare le cose, non sopporto più gli alunni (ed io li
amavo!!!!!).
Sicuramente sto pagando il prezzo di un periodo
difficile in cui ho creduto di avercela fatta, ma che ora mi sta presentando il
conto. Fatto sta che per me andare al lavoro è quasi un'impresa: non mi godo il
weekend perché penso al lunedì, non riesco a distrarmi, non voglio andarci più.
D'altro canto ho anche un forte senso del dovere per cui si ripropone il solito
balletto: non ce la faccio non ce la faccio, poi mi devo mettere in
metropolitana+ treno e devo farmi 2 ore di viaggio all'andata e due al ritorno
(quelle due ore che prima facevo contenta perchè andavo dai miei ragazzi nella
mia scuola che, anche se distante, non volevo lasciare!!!).
Scusa lo sfogo e grazie. Federica”.
E mi hanno già scritto, fra i molti altri:
Maria Chiara:
"Buongiorno
professoressa Milani,
esattamente
un mese fa ho cominciato a insegnare a scuola, carica di ogni possibile
entusiasmo.
Insegno
matematica e scienze in una Scuola professionale, e quanto sono
stata assunta ero entusiasta. Io adoro le scienze, e sono partita con l'idea di
coinvolgerli il più possibile, di incuriosirli, di stimolarli, come
probabilmente alle medie non era successo, in quanto di solito professionale vanno "gli
ultimi della classe".
L'insegnamento
era una scelta libera, non un'imposizione, avevo delle alternative.
In
alcune classi va molto bene, si tratta di ragazzi vivaci ma educati, non
particolarmente brillanti ma interessati. Alcuno fanno fatica a capire, altri a
stare attenti, altri vanno spesso richiamati, ma va bene così, l'avevo
preventivato, e per me è uno stimolo e una sfida.
In
altre classi, per fortuna dove ho meno ore, mi ritrovo in un bronx. Situazioni
impossibili, studenti che si picchiano in classe (per fortuna non nelle mie
ore), gente che bestemmia, ragazzi espulsi da centri di recupero, delinquentelli
non ancora affermati. Fare lezione è impossibile, ho subito minacce solo per
aver richiamato dei ragazzi, vengo presa in giro (un ragazzo mi manda dei baci
mentre lo sgrido - e le assicuro che non sono stata particolarmente dolce- e gli
altri ridono), l'unico obbiettivo della giornata è mantenere l'ordine pubblico e
evitare che si accoltellino (le minacce tra loro ci sono già state). Non
ascoltano nulla, non gli interessa la sospensione, i brutti voti e le
minacce.
Sono
così con me e con i colleghi, ma io non ce faccio. Ho appena cominciato ma so di
non farcela, perché il carabiniere non è il mio mestiere. Mi spiace gettare la
spugna, anche perché mi sono affezionata alle altri classi, ma davvero non so
cosa fare. Li vedo nei corridoi e li odio con tutta me stessa per come mi fanno
sentire in classe. Non sono un'assistente sociale o una psicologa, sono laureata
in biologia e non sono in grado di aiutarli. Tanto vale mollare subito.
So
che l'insegnante non lo si fa solo per portare a casa lo stipendio e
la disoccupazione non mi spaventa, pensare di entrare in classe lunedì
si.
Grazie
dell'attenzione. Maria Chiara."
Leda:
“Gentile professoressa,
sono disperata. Ho
cominciato ad insegnare inglese nelle scuole primarie 6 anni fa perché ho
sempre pensato che quello era il mio lavoro, me lo sentivo. Ma il giovedì
pomeriggio é una catastrofe.
Da tre anni insegno in una
classe a tempo pieno che mi rende la vita un inferno. ….Sono veramente stanca,
non so se l'anno prossimo tornerò in questa scuola, ma non posso pensare di
poter resistere un anno ancora…..”
“….non sono contenta,
anzi sono disperata perché avrei preferito non superare il concorso e non
svolgere questo lavoro che sta rendendo la mia vita un inferno."
Marcello:
"Certi giorni torno a
casa con un gran mal di testa e grande frustrazione...
Spesso torno a casa e mi
sembra di aver urlato come un ossesso anche se poi dei ragazzi l'altro giorno
mi hanno confessato che non urlo come "quella che c'era prima" eppure
a me sembra di urlare e sbattere troppo spesso le mani sulla cattedra per
chiedere silenzio e attenzione. Torno a casa e penso a tutte le cavolate che ho
fatto e detto...e mi sembra di aver sbagliato tanto."
“…Sono veramente
delusa e amareggiata, mi sento un fallimento completo e mi dispiace tantissimo.
Ero andata lì piena di belle speranze, felice di stare con i bambini,
desiderosa di aiutarli,di accompagnarli, animata da tanta buona volontà ed è
veramente frustrante vedere che i bambini non mi ascoltano, non mi seguono, non
hanno alcun rispetto di me. Torno a casa dopo quattro o sei ore in quella
classe senza voce e più che mai avvilita, mi viene da piangere. Perché io credo
davvero nella missione dell'insegnamento, amo questo lavoro e stare con i
bambini, poterli aiutare ed essere una guida ed un punto di riferimento per
loro, mi sto impegnando molto negli studi all'università ma ora sono davvero
scoraggiata e demoralizzata per la situazione che si è creata, penso che tutte
le altre maestre sono più brave di me e mi sento anche molto in imbarazzo nei
confronti delle colleghe perché non so gestire i bambini e temo che sparlino
alle mie spalle.per la situazione che si è creata in quella classe. … Non so davvero più cosa fare per
cambiare la situazione. Le chiedo pertanto qualche consiglio perché sono veramente
demoralizzata
e triste e mi sento un fallimento e mi dispiace
tanto nei confronti dei bambini. ”
Gloria:
"Dopo 13 anni di ruolo mi sento avvilita, demotivata, ho avuto altri bambini difficili, ma così superficiali, incapaci di accettare e capire i compagni in difficoltà, c'è molta competizione in ogni attività e prepotenza. Aiutami."
"…il mio livello
di frustrazione cresce ogni giorno di più. Ci sono dei giorni in cui fare
questo lavoro mi piace e mi dà soddisfazione, ma la maggior parte dei giorni
torno a casa affranta e demoralizzata. Vorrei mollare tutto!!!!.....
Quando spiego faccio
una fatica pazzesca, devo continuamente interrompermi e anche quelli che
partecipano sono caotici, non mi lasciano terminare le frasi e intervengono con
domande, non sempre coerenti con quanto stiamo facendo e curiosità. ….Sono
davvero stanca, la mia pazienza ha dei limiti. … Anche oggi sono uscita di
classe con la voglia di mandare tutti a quel paese. La tristezza più grande è
che so che è colpa mia, non riesco ad interessarli. …..Mi sento inutile! Sono sull'orlo di una crisi di nervi. Non credo di riuscire ad arrivare fino a
giugno in queste condizioni. Il fatto è che quando torno a casa sono così
affranta che ultimamente mi passa anche la voglia di mettermi a preparare le
lezioni … Vivo male la domenica, perché l’idea di riprendere a lavorare il
lunedì mi crea ansia.”
Anna:
"...Sono disperata ...alcuni si alzano in continuazione, uno è particolarmente arrogante e maleducato, ti ride persino in faccia quando lo sgridi e ti risponde ridendo quando minaccio di parlare con il papà che lo difende (è tunisino e il padre adora il maschio). Io mi sento disarmata e impotente e torno a casa affranta e pur mettendocela
tutta nel mio lavoro a volte mi sento sconfitta e mi chiedo chi me lo fa fare di
urlare come una matta e prendermela tanto.
Mi
chiedo dove sbaglio e perché faccio così fatica."
“…Ho bisogno di aiuto, mi sento un disastro come
insegnante ( e non solo), quando mi trovo a gestire una classe ognuno fa quello
che vuole e mi manca di rispetto. …Sono scoraggiata, cambiare la propria
persona non è facile... Altro problema è che io impiego molto tempo per
"prepararmi" per affrontare la lezione in classe e mi riempio di
ansia e stress tale, da soffrire di mal di testa e di spossatezza da stress, e
quando sono stanca non riesco neanche a parlare bene e si percepisce secondo me
goffaggine.”
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Continua......
p.s. Diffondete questo post e quello che seguirà sull'argomento. Ci tengo. La gente deve capire che cosa può significare questo lavoro di tutto riposo, con tre mesi di ferie e tanta libertà. Soprattutto adesso che il ministro afferma che gli insegnanti devono lavorare di più. 24 ore di lezione!