Ho già spiegato qui, a grandi linee, quello che pensavo delle prove Invalsi.
Penso ancora le
stesse cose.
In più, adesso,penso che sia fiorito,
grazie alle Prove Invalsi, un gran business di libri, libretti e istruzioni per
l’uso, cartacee e online, come se fosse assodato il fatto che preparandosi per
quel tipo di test si possa diventare davvero “più preparati”.
Ma chi lo ha
detto, dico io? Chi sono gli esperti che preparano i test? Speravo che fossero
solo insegnanti universitari, che studiano, ma che non sono mai entrati in una
Scuola. Almeno avrebbero avuto la giustificazione del “non sanno quello che
fanno”. Invece pare che siano insegnanti dei vari ordini di scuola. Pazzesco.
Ancora peggio. Come mai insegnanti in
servizio hanno fatto negli anni scorsi errori, fornito risposte discutibili,
assegnato esercizi su argomenti di grammatica che non erano in programma? Come
vengono scelti gli insegnanti che preparano le prove? E soprattutto: ma
dove insegnano? in scuole private con dieci alunni per classe? Insegnano in
scuole dove gli alunni non hanno problemi? Dove sono tutti in grado di eseguire
pagine e pagine di test, di leggere testi, difficili e di vario genere, in
pochi minuti, memorizzarli e rispondere a quesiti spesso ambigui senza avere il
tempo di riflettere adeguatamente? Se un ragazzino non ha tempo di soppesare le
possibilità e sbaglia (o tira a indovinare e risponde correttamente), che
valore ha la sua risposta? Che cosa dimostra?Secondo me, assolutamente nulla. O
quasi.
Avranno
probabilmente risultati così così gli alunni degli insegnanti che insegnano a
riflettere con calma (una sono io), senza badare al tempo che passa, dedicando
anche due ore, se occorre, per riflettere a fondo su un concetto espresso in
due righe, convinti del fatto che la qualità sia più importante della quantità.
Che valore ha, dico io?
La classe
(numerosa e piena di casi difficili che hanno genitori assenti, o peggio)
assegnata agli insegnanti di matematica e italiano (che magari hanno ottenuto
buoni risultati sputando sangue per lo sforzo) avrà pessimi risultati: secondo
la logica delle Prove Invalsi questo dovrebbe significare che quegli insegnanti
non sono preparati?
La classe (non
numerosa e ricca di ragazzi dai “bisogni educativi regolari”, appoggiati da
famiglie presenti) avrà buoni risultati: secondo la logica delle Prove Invalsi
questo dovrebbe significare che quegli insegnanti sono più preparati?
Ora, vorrei
fare qualche precisazione. Si trova qua e là per il web che qualcuno scrive
frasi come questa:
“…dall'idea che mi sono fatto penso che gli
addetti ai lavori temano le Invalsi soprattutto in quanto criterio di
valutazione del loro operato e non come giusta e sacrosanta valutazione dello
stato di preparazione degli alunni italiani.”
“Giusta e sacrosanta valutazione”. In che
senso “giusta” e in che senso “sacrosanta”?
Nessuno
di noi, in realtà, viene valutato dalle Prove Invalsi. Nonostante ciò, ci sono
insegnanti che aiutano i ragazzi. Cosa illegale e, comunque molto scorretta.
Non si sa perché lo fanno: non per loro, comunque. Lo fanno perché si sentono
in colpa, perché temono di non aver fatto abbastanza. E sono spesso quelli che
lavorano molto, in realtà. Solo che la società che denigra la categoria da anni
ha abituato gli insegnanti a sentirsi sempre un po’ in colpa. Effettivamente,
proprio per questo, molti insegnanti, anche preparatissimi, hanno paura di
essere giudicati. Che cosa significa? C’è qualche categoria che non teme di
essere valutata? Soprattutto quando non si capisce bene che cosa e da chi si
verrà giudicati?
Sono
favorevolissima a una valutazione degli insegnanti. Vorrei proprio che qualcuno
valutasse il mio lavoro. Vorrei che valutasse il lavoro dei miei colleghi, di
quelli che lavorano bene e di quelli che non lavorano. Vorrei che la
valutazione fosse davvero corretta e che gli insegnanti incapaci e fannulloni
fossero mandati a fare un lavoro dove non possano fare danni. Perché – ed è
questo il bello e il brutto del nostro lavoro – un insegnante può influire
molto nella vita dei suoi alunni, nel bene e nel male.
Sono
favorevolissima, ma non con questo mezzo.
Le
Prove Invalsi mi andrebbero bene se servissero ad individuare le scuole dove
servono più risorse, scuole alle quali lo Stato, poi, concede classi di dieci
alunni al massimo, più insegnanti di sostegno e più risorse in generale. E con
“risorse”, non intendo computer, o lavagne LIM. Intendo che se voglio
recuperare un ragazzo, dovrei, per esempio, avere la possibilità di portarlo a
teatro, a vedere qualcosa che gli faccia capire che il mondo non è brutto come
è brutta la sua realtà. Invece non possiamo neppure avere a disposizione il
pulmino del Comune, né soldi per pagare il biglietto del teatro a chi non può
permetterselo (che è molto spesso il ragazzo difficile).
Mi
andrebbero bene se, in qualche modo, non certo con questi test,
riuscissero anche ad individuare gli insegnanti incompetenti, quelli incapaci
di mettersi in discussione, di aggiornarsi, di capire e di soddisfare i bisogni
educativi e didattici degli alunni, o quelli che che, nella forma e nel
contenuto di ciò che dicono o che fanno in classe, sono diseducativi. Ma anche
quelli che dovrebbero essere collocati a riposo, perché hanno sviluppato turbe
psichiatriche (sindrome del burnout), o che sono pieni di acciacchi
dovuti alla giovane età dei sessant’anni.
Ma
non è così. Ho l’impressione, per ora, che servano per punire i più deboli.