La professoressa Isabella Milani è online

La professoressa Isabella Milani è online
"ISABELLA MILANI" è uno pseudonimo, scelto per tutelare la privacy dei miei alunni, dei loro genitori e dei miei colleghi. In questo modo ciò che descrivo nel blog e nel libro non può essere ricondotto a nessuno.

visite al blog di Isabella Milani dal 1 giugno 2010. Grazie a chi si ferma a leggere!

SCRIVIMI

all'indirizzo

professoressamilani@alice.it

ed esponi il tuo problema. Scrivi tranquillamente, e metti sempre un nome perché il tuo nome vero non comparirà assolutamente. Comparirà un nome fittizio e, se occorre, modificherò tutti i dati che possono renderti riconoscibile. Per questo motivo, mandandomi una lettera, accetti che io la pubblichi. Se i particolari cambiano, la sostanza no e quello che ti sembra che si verifichi solo a te capita a molti e perciò mi sembra giusto condividere sul blog la risposta. IMPORTANTE: se scrivi un commento sul BLOG, NON FIRMARE CON IL TUO NOME E COGNOME VERI se non vuoi essere riconosciuto, perché io non posso modificare i commenti.

Non mi scrivere sulla chat di Facebook, perché non posso rispondere da lì.

Ricevo molte mail e perciò capirai che purtroppo non posso più assicurare a tutti una risposta. Comunque, cerco di rispondere a tutti, e se vedi che non lo faccio, dopo un po' scrivimi di nuovo, perché può capitare che mi sfugga qualche messaggio.

Proprio perché ricevo molte lettere, ti prego, prima di chiedermi un parere, di leggere i post arretrati (ce ne sono moltissimi sulla scuola), usando la stringa di ricerca; capisco che è più lungo, ma devi capire anche che se ho già spiegato più volte un concetto mi sembra inutile farlo di nuovo, per fare risparmiare tempo a te :-)).

INFORMAZIONI PERSONALI

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La professoressa Milani, toscana, è un’insegnante, una scrittrice e una blogger. Ha un’esperienza di insegnamento alle medie inferiori e superiori più che trentennale. Oggi si dedica a studiare, a scrivere e a dare consigli a insegnanti e genitori. "Isabella Milani" è uno pseudonimo, scelto per tutelare la privacy degli alunni, dei loro genitori e dei colleghi. È l'autrice di "L'ARTE DI INSEGNARE. Consigli pratici per gli insegnanti di oggi", e di "Maleducati o educati male. Consigli pratici di un'insegnante per una nuova intesa fra scuola e famiglia", entrambi per Vallardi.

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lunedì 28 ottobre 2013

“Un ragazzo di 21 anni si è tolto la vita perché era gay”. 413° post

“Un ragazzo di 21 anni si è tolto la vita lanciandosi nella notte dall'undicesimo piano” . Era gay e la società non lo ha accettato. Non è una questione di leggi contro l’omofobia. Anche con una legge contro l’omofobia i gay continueranno ad essere picchiati ed emarginati.  È una questione di mentalità. La nostra è una mentalità arretratissima.
Il ragazzo di 21 anni che ha deciso di farla finita con la sofferenza potrebbe essere nostro figlio. Il figlio di amici, che abbiamo visto crescere. Nostro nipote. Un nostro alunno. E se quel ragazzo si è suicidato perché non è riuscito a vivere la colpa è di tutti noi, che non abbiamo saputo accoglierlo come era. Omosessuale. La colpa è della Scuola, che non fa nulla per evitarlo. La colpa è dei genitori che non accettano i figli omosessuali. La colpa è degli adulti, di quegli adulti stupidi e insensibili che raccontano barzellette sui finocchi, che si scambiano cenni di intesa e sorrisini come per dire “ci scommetto che quello è gay” quando passa un ragazzo che magari ride in modo poco “virile”. La colpa è dei politici: di Alessandra Mussolini (Popolo delle libertà) che dice “meglio fascista che finocchio”, di Gianluca Buonanno (Lega Nord) che appoggia sulla sua postazione un finocchio quando alla Camera si parla di omofobia; la colpa è di Calderoli (Lega nord) che dice “La civiltà gay rischia di trasformare la Padania in un ricettacolo di culattoni.”, e di Paradiso (Lega nord) che dice che “La Biancofiore si è dovuta piegare ai finocchi”; la colpa è di Giovanardi (Popolo delle libertà) che ha paragonato un bacio tra donne in pubblico a chi "fa la pipì per strada"; la colpa è di Berlusconi (Popolo delle Libertà), che dice che “è meglio essere appassionato di belle ragazze che essere gay” . La colpa è dello Stato che non prevede una legge che obblighi alle dimissioni immediate tutti i politici omofobi.  La colpa è della Chiesa cattolica, che considera l'omosessualità   "un disordine, un peccato impuro contro natura, una grave depravazione".
Ma la colpa è anche dei genitori, che non accettano, quando il loro figlio è ancora un bambino, neanche il pensiero che possa essere omosessuale, e che spingono i ragazzi a “darsi da fare con le ragazze”, che li incalzano con la domanda “Ma non ce l’hai ancora la ragazza?”. Probabilmente non hanno avuto una preparazione adeguata, ma oggi ci sono tante possibilità per studiare un po’ la questione.
La colpa è anche degli insegnanti che non si accorgono che un ragazzo viene deriso perché è  (o anche solo sembra, gay); di quelli che vedono e fingono di non vedere, di quelli che non prendono provvedimenti disciplinari (sul momento) e non insegnano (sempre) il rispetto per tutte le diversità. Il rispetto per la diversità deve venire, nel programma, prima di qualsiasi argomento. Perché per noi insegnanti prima deve venire la persona e poi la sua preparazione. Educare i ragazzi all'empatia deve essere una priorità assoluta. Invece, nella migliore delle ipotesi,  si pensa a “finire il programma”, e nella peggiore gli insegnanti che sono un po’ omofobi anche loro. Il problema dell’omofobia viene decisamente sottovalutato e, di conseguenza, accantonato.
Ma oggi pensiamoci, a quel ragazzo ventunenne che nella notte ha deciso di farla finita. Pensiamo alla sua sofferenza, tanto grande da risultare insopportabile. Avrà preso tempo. Ancora un’ora, ancora mezz'ora  ancora dieci minuti. Avrà pianto. Chissà quanto avrà pianto povero ragazzo. Avrà bevuto per trovare il coraggio. Avrà avuto freddo, avrà tremato. Si sarà ripetuto “Basta, basta, basta!”. Oppure “Ma che cosa sto facendo?”. Avrà avuto paura. Si sarà immaginato laggiù, undici piani sotto, scomposto, in terra. Non lo so. Ma so che chiunque di noi ha un figlio, o un alunno o un nipote, o un giovane amico, ha il dovere di sentire quel ragazzo come suo. Dobbiamo vergognarci tutti, oggi, per l’ennesima volta. Perché quel ragazzo è stato condannato a morte dalla nostra stupidità, dalla nostra ignoranza, dalla nostra incapacità di proteggerlo da chi lo ha accusato di una colpa che non esiste.
Se i compagni e gli amici lo hanno deriso, se abbiamo permesso che dei bambini diventassero degli adolescenti omofobi la colpa è nostra.
Se quel ragazzo, che poco tempo fa era un bambino, oggi non c’è più, la colpa è nostra, che non abbiamo fatto nulla per lui.
Noi insegnanti, noi adulti, noi genitori, pensiamoci, oggi, quando andiamo a scuola, quando camminiamo per la strada, quando andiamo al lavoro o siamo a casa. Guardiamoci intorno e cerchiamo se c’è un ragazzo da proteggere. Forse è nostro figlio, o un nostro alunno, o un ragazzo che ci sta vicino.

venerdì 25 ottobre 2013

“A volte perdo la pazienza, li sgrido e alzo la voce”. 412° post

Alba  mi scrive:
“Cara professoressa Milani, ho appena ordinato il suo libro e ho dato un'occhiata al suo blog: molto bello e ovviamente utile; fare scuola oggi è difficile, ma se hai modo di confrontarti con i colleghi alla fine le soluzioni si trovano, anche per i problemi più spinosi.
Sono un'insegnante per passione e per scelta, a giugno stanchissima ma a settembre felice di ricominciare.
Insegno Lettere alle scuole medie e quest'anno ho una seconda e una terza, che conosco da quando hanno iniziato la secondaria di primo grado.
Il mio problema principale è questo: ho notato in me che in certi casi, di fronte a qualche comportamento dei ragazzi non corretto, perdo la pazienza, e mi dispiace. Mi ritengo una persona in genere paziente, ma a volte certi atteggiamenti dei ragazzi mi "toccano" nel profondo e devo assolutamente farmi una forza terribile per non rimproverare e non alzare la voce.
I miei ragazzi sono abbastanza educati, sono fortunata: ho un bel rapporto con loro e mi metto  sempre nei loro panni quando affronto magari un argomento un po' noioso o difficile : per cui o col sorriso o con un atteggiamento di sfida alla materia riesco ad attrarli dalla mia parte per magari alla fine sentirmi dire : "Prof. , non era poi così difficile!". Piccole soddisfazioni incomprensibili ai a più...ma che mi rendono così felice...
I problemi che trovo più difficile risolvere però riguardano sempre il comportamento. Ho un alunno che ha un modo di fare irritante (non è cattivo, né violento) ma sa essere così irritante verso i  compagni che veramente a volte faccio fatica a non sgridarlo.
Come fa? Così: fa agli altri ciò che non vuole sia fatto a lui. E' pronto con una battuta cattiva quando qualcuno fa una gaffe, ma se la fa lui e viene ricambiato con la stessa moneta, apriti cielo! E' molto permaloso, ma non ammette che lo possano essere anche gli altri!
Sempre pronto a dire la sua su tutto e tutti, se qualcuno gli fa un'osservazione è un reato di lesa maestà, la sua.
In prima media erano pianti! in seconda si lamentava (ha pure una voce così squillante!) e metteva il muso. Ora è in terza e si lamenta un po' meno, ma reagisce sempre con veemenza quando i compagni o le compagne lo ripagano con la stessa scortesia che usa lui nei confronti degli altri. Mi piacerebbe poterlo aiutare, è difficile avere amici quando si è così petulanti e "cattivi". Sembra non comprendere che si mette tutti contro. Inoltre mi è sempre molto difficile cercare di sbrogliare le diatribe che sorgono in classe a causa sua: vorrei fargli comprendere che sbaglia, ma non riesco a farlo ragionare. Si dimentica che le battutacce di cui è oggetto sono esattamente le stesse che ha già fatto lui. Sa, cara prof. Milani, che cosa penso a volte? Che gli sta bene! Ma ovviamente io devo fargli capire che deve comportarsi in modo diverso, che non è giusto trattare male gli altri e pretendere poi che ti siano amici. Non credo sia viziato, forse un po' solo e bisognoso d'affetto.
Tema dato per le vacanze: raccontare un episodio della vita che ti ha fatto riflettere, che ti ha segnato... So che da piccolo col fratellino è scappato di casa: era inverno, i genitori hanno chiamato la polizia...insomma, sono stati via tre giorni 'sti bambini. Avevo pensato che forse nel tema poteva raccontare quell'episodio.
Sa che ha scritto? Che non si può chiedere di raccontare un episodio del genere a ragazzini così giovani, non hanno mica vissuto così tanto da poter raccontare un fatto significativo, nel bene o nel male! Eppure tutti hanno parlato di un'esperienza che ha fatto un po' cambiare le cose nella loro vita: mi hanno scritto di un trasloco, della nascita di un fratellino, del matrimonio della zia più giovane, del cambiamento della squadra di calcio in cui giocavano, della perdita di un nonno, della perdita di un animale molto amato, della laurea di un cugino, del primo viaggio all'estero, ecc.. tutti hanno potuto raccontare qualcosa in linea con l'argomento dato.
E lui che fa? Dice che non si può, non può essere successo niente ad un ragazzino che ha solo 13 anni. Nessun ragazzino di 13 anni ha qualcosa da raccontare.
Ecco, io mi sono arrabbiata. Sento che non sto facendo la cosa giusta; ho parlato anche col papà, che è molto severo con i figli. Non so proprio che fare perché un atteggiamento del genere mi fa proprio perdere la pazienza; è vero che è un po' migliorato dal primo anno, ma un ragazzino così stressante non l'avevo ancora trovato.
E pensare che è il più bravo in grammatica: fa sempre i compiti perfetti, mai un errore. L'ho anche lodato per questo.
Allora insuperbisce così tanto che i compagni gli stanno ancora più lontano. Finché non gli passa.
Mentre scrivo mi viene da sorridere; sembra proprio il personaggio di un film. Eppure ha delle qualità: è un intuitivo, se comprende un procedimento lo applica senza problemi anche in situazioni diverse, insomma: una bella mente. E poi in certe situazioni ha anche delle premure molto carine, nei confronti delle compagne ad esempio. I ragazzi lo sopportano molto meno. Forse non devo farmene un problema; forse deve solo confrontarsi con i suoi simili per capire come ci si comporta
con gli altri, forse deve solo stare con i coetanei il più possibile e fare esperienza con loro. Scusi lo sfogo, ma a volte lo rimprovero aspramente e poi mi sento in colpa.
Forse non ho l'atteggiamento giusto. Qualche consiglio? Grazie. La saluto cordialmente. Alba.”

Cara Alba, si percepisce benissimo l’interesse che provi per gli alunni. E questo è uno dei segreti del successo per un insegnante. Mi sembra che tu stia andando bene. È importante che tu ti tolga dalla mente l’idea che dovresti non arrabbiarti mai, non alzare mai la voce e non sgridare i ragazzi. Anzi, ti dico che, quando serve,  devi arrabbiarti, devi alzare la voce e devi sgridare chi si comporta male. Un urlo che richiami l'attenzione di colpo è spesso necessario. Quello che non devi fare è arrabbiarti provando astio, urlare come una gallina spennata, e rimproverare offendendo.
E veniamo all'alunno irritante, permaloso, che fa battute cattive e pretende che nessuno reagisca.  
Quello che “da piccolo col fratellino è scappato di casa”. Bisogna chiedersi: è normale scappare di casa? Perché è scappato? Quando “dice che non può essere successo niente ad un ragazzino che ha solo 13 anni”, forse è arrabbiato perché gli hai chiesto qualcosa che non vuole raccontare. Forse a casa qualcuno lo offende e lui si vendica dei torti subiti prendendosela con i compagni. Forse, come dici, è solo “ un po' solo e bisognoso d'affetto”. Forse fa delle prove per vedere se gli altri gli vogliono bene. Non sei una psicologa (e non devi esserlo). Ma puoi vedere che sicuramente non è un bambino sereno e va aiutato. L’aiuto che devi dargli, però, non consiste nel “perdonare” i suoi comportamenti, ma nel farglieli notare. Parlagli a tu per tu. Chiedigli perché si comporta così. Chiedigli se desidera proprio rimanere solo o se non si accorge del fatto che comportandosi così finirà per rimanere solo. Spiegagli che si comporta male e fagli notare che quello che lui ha detto a Tizio lunedì, è sostanzialmente identico a quello che Caio ha detto a lui mercoledì. Chiedigli per quale misterioso motivo lui pensa di avere il diritto di offendere gli altri e si offende se lo fanno a lui. E, infine, digli che la prossima volta che lui farà una battuta cattiva tu la farai a lui, perché, anche se è sbagliato, è l’unico modo che hai per fargli capire che cosa si prova.  E digli che lo farai in classe (naturalmente non lo farai, invece). Spiegagli che quello che ha detto del tema è assurdo, e la prova consiste nel fatto che tutti gli altri lo hanno fatto. Digli “Se il titolo ti ha causato qualche problema, parlamene. Posso aiutarti. Ma se non ammetti di aver sbagliato la prossima volta che contesti quello che faccio prenderò dei provvedimenti. Ma se tu adesso mi dici che hai capito di aver sbagliato e ti scuserai per il tuo comportamento passato, considererò chiuso il problema e potrai ricominciare una nuova vita: tu non dovrai permetterti di offendere nessuno e nessuno dovrà permettersi di offendere te. Questo è quello che posso fare per aiutarti, senza passare a prendere dei provvedimenti. Decidi tu.”
Cara Alba, è giusto che tu ti faccia un problema del comportamento di questo alunno, perché è un alunno difficile e devi aiutarlo. Stai andando bene: vedrai che troverai la soluzione. 
Fammi sapere! E fammi sapere se ti è piaciuto il libro!

mercoledì 23 ottobre 2013

recensione di "L'arte di insegnare" su SCUOLA SLOW. 411° post

ARTE DI INSEGNARE
       Si entra per la prima volta in classe –da adulti- con il proprio bagaglio di studi, di conoscenze, di riflessioni e si incrociano sguardi di bambini o ragazzi in attesa, che perlustrano le pieghe del volto del nuovo insegnante per carpirne indizi sul carattere, sui futuri comportamenti. E si scopre che la fiducia nella propria “preparazione” non è sufficiente a sostenere quegli sguardi, ad avviare un dialogo con gli animi che stanno dietro di loro, a suscitarne l’interesse, l’attenzione, la buona predisposizione per il percorso da fare insieme. E si reagisce in base al proprio essere. Chi sa o scopre di avere doti affabulatorie, si affida al fascino della parola e dei primi contenuti da proporre. Soprattutto del modo in cui proporli. Chi ha
ingannato l’ansia dell’attesa del primo giorno in cattedra sui manuali di didattica cerca nella memoria qualcosa che dia la scintilla al suo nuovo lavoro. Chi ha riflettuto sulla propria “missione” pedagogica cerca di richiamare in vita, per riceverne tranquillità, quella consapevolezza della propria funzione umana e sociale che fino a qualche ora prima stava nella mente come un pilastro su cui costruire l’avvenire. Insomma molto vasta è la gamma delle reazioni alle difficoltà che il primo giorno di scuola presenta ai nuovi insegnanti. Molti dei quali sono accomunati, in quegli indimenticabili momenti, dal desiderio di avere qualcuno che li aiuti ad affrontare il nuovo capitolo della propria vita. 
            A questi insegnanti –ma anche a quelli di più lungo corso- si propone di fornire un terreno di confronto, forte della sua esperienza trentennale, una insegnante che si cela sotto lo pseudonimo di Isabella Milani con L’arte di insegnare. Consigli pratici per gli insegnanti di oggi (pp. 254, € 12,00) da poco uscito da Vallardi. Un libro che va letto con interesse perché proviene dall'interno della scuola e, perciò, oltre che ad aiutare i nuovi docenti ad iniziare il proprio cammino con il conforto di chi ha già fatto un lungo percorso, può aiutare chi ne vive al di fuori a conoscere meglio questo mondo. E, possibilmente, a liberarsi di qualcuno dei pregiudizi che su di esso circolano. 
            Il libro è un invito continuo a mettersi in discussione, ad osservare i propri errori, a riconoscere i propri limiti, per corregge, sperimentare, analizzare il modo di essere, il linguaggio, gli interessi degli alunni, per poter impostare un lavoro che li coinvolga. E cercare di migliorarsi sempre, in tutti gli aspetti, dal bagaglio culturale alla capacità di leggere e parlare in modo espressivo. Consapevoli sempre che gli alunni sono tutti diversi, così come lo sono le classi fra loro e come lo sono anche gli insegnanti e i modi di insegnare. Il che non impedisce di constatare che nel mondo della scuola «ci sono atteggiamenti, problemi e soluzioni che si ripetono». E di fornire una bussola che vale in ogni classe, in ogni ordine di studi e in ogni situazione: «la persona più importante per voi, quando siete in classe, deve essere l’alunno con la sua personalità, le sue difficoltà, il suo piccolo bagaglio di vita».
            Fatte queste ed altre premesse sul ruolo dei docenti, il libro accompagna l’insegnante attraverso i vari momenti e i diversi problemi del suo lavoro: come si conduce una classe (ma anche come ci si “attrezza” interiormente prima di entrare in classe e persino come si entra in classe), come si reagisce a situazioni in cui gli alunni esprimono una certa qual ostilità, come saper parlare con il linguaggio del proprio corpo ed ascoltare il linguaggio del corpo degli alunni, come acquisire fiducia in se stessi, come rapportarsi con la “generazione tecnologica”, come comportarsi con le classi e con gli alunni “difficili”, come comprendere le ragioni del bullismo e affrontarne gli effetti. E tanti altri aspetti del lavoro degli insegnanti, presentati nel concreto manifestarsi quotidiano, più che nei loro fondamenti concettuali (il che, naturalmente, non impedisce che dall’insieme dello scritto emerga una sorta di insegnante tipo: una persona di cultura capace di stare sul “palcoscenico” dell’aula e di creare un clima in cui rispetto delle regole e rispetto delle esigenze dell’alunno trovino un proficuo equilibrio). Manifestazioni quotidiane presentate con una attenzione certosina che è certamente utile a stimolare riflessioni, anche se a volte un eccesso di minuziosità nell’analisi di ogni singolo aspetto dell’essere insegnanti potrebbe portare ad una qualche insicurezza e al rischio di ingessare il ruolo in una serie di prescrizioni. Un pericolo da cui l’autrice mette in guardia, ricordando che ognuno è artefice del proprio destino di docente: «Questo libro è un percorso che vi invito a fare insieme a me. Un punto di partenza. Quando avrete riflettuto sui concetti qui espressi, potrete poi trovare la strada che fa per voi e procedere senza timore». Evitare, dunque, di considerare il libro come una sorta di prontuario, per così dire, di meccanica didattica sta all’intelligenza del lettore. Perché l’autrice, che pur rivendica con fermezza di volere «fatti e non parole» e di voler fornire nel libro «consigli pratici, non discorsi teorici», sa bene che ogni comportamento pratico esprime un’idea di scuola, un modo di guardare al mondo ed ha, dunque, dietro di sé una teoria. Il compito di rintracciarla viene lasciato al lettore, il quale ne individuerà i fondamenti quanto più si riconoscerà nei comportamenti consigliati. E quanto più riuscirà ad affrontare le dure fatiche quotidiane con la consapevolezza che
«l’insegnamento può anche essere meraviglioso».   
Nando Cianci
Credo che se l'avessi scritta io non sarebbe venuta così completa e chiara. Grazie a Nando Cianci!

domenica 20 ottobre 2013

“Non c’è più neanche la carta igienica”. 410° post

In molte scuole italiane (vorrei dire che sono tutte, ma non le ho controllate tutte) siamo arrivati all'assurdo. Chi non ci vive non lo sa, e se glielo dici non ti crede e  ti guarda come per dire che sei esagerato e ti lamenti per nulla, da buon fannullone quale sei.
Da molti anni ormai genitori e insegnanti portano a scuola libri, matite, colori, carta per asciugare le mani (dei bambini) e carta igienica per pulire i sederini (dei bambini). La storia della carta igienica che i genitori devono portare da casa è vecchia ma la maggioranza non la conosce.
Ma adesso siamo arrivati al punto che noi insegnanti (che siamo lavoratori, in fondo, no?) dobbiamo portarci da casa, non solo gli strumenti del mestiere, come tutta la cancelleria, la carta, i quaderni, ecc., ma anche la carta igienica. Gireremo per i corridoi con il registro in una mano (ancora cartaceo, è ovvio) e con la carta igienica portata da casa nostra nell'altra  e credo che la nostra dignità un pochino ne risentirà. Vorrei vedere i politici e vorrei visitare i loro bagni e controllare quanti veli ha la loro carta igienica. Vorrei visitare il loro luogo di lavoro, e  sapere se si portano da casa carta e penna, e poi misurare la temperatura, d’estate e d’inverno.
Ma la cosa più grave è che nelle scuole non c’è praticamente più nulla per i nostri alunni. Ormai la Scuola ha buttato la maschera e gli insegnanti assenti spesso non vengono più sostituiti. Chissenefrega se gli alunni vengono mandati nelle varie classi a gruppetti di cinque. Chissenefrega se i ragazzi (anche quelli delle classi che ospitano questi piccoli migranti) non studiano in quei giorni. Chissenefrega. Magari si fa uscire un bell'articolo sulle assenze degli insegnanti e si dice che stanno a casa per nulla perché sono fannulloni, e il gioco è fatto.
E quello che un tempo avrebbe fatto inorridire insegnanti e sindacati ora viene accettato passivamente con un bel “e che cosa ci vuoi fare? Non ci sono soldi!”. Più o meno come il bel “non c’è lavoro, ma è perché non ci sono soldi e siamo in pochi a lavorare e ci sono tanti anziani da mantenere”.
Non ci sono soldi? Ma come? Io ne vado passare tantissimi, di soldi. A partire dai super stipendi e dalle super pensioni di quelli che ci dicono che non ci sono soldi. Senza contare i mega compensi per consulenti e presentatori. Quando ho letto dei 75 milioni di euro usati per salvare Alitalia sono saltata sulla sedia. Ogni volta che leggo di questi soldi che circolano non posso fare a meno di dividerli per il mio stipendio e vedere quanti di noi potrebbero campare con quei soldi. Tantissimi. Un esercito. Ma non ne possiamo parlare perché nessuno di loro ne vuole parlare e vuole ragionarci su. Hanno fatto il voto del silenzio. I soldi che prendono loro sono tabù, non si discutono. Noi chiediamo “Ma, scusa, non vuoi considerare usurante il nostro lavoro e mandarci in pensione quando è ora (anche se sai benissimo che lo è), e preferisci che i giovani restino disoccupati proprio tu che prendi tutti questi soldi?”. E loro chiudono gli occhi e si tappano le orecchie e rispondono “lalalalalalalalala”.

La responsabilità di questa situazione assurda e insostenibile è di molti: del sistema economico, per il quale vale solo chi produce denaro, e noi insegnanti non produciamo nulla; sempre del sistema economico, che ha interesse a rendere schiavi dell'acquisto gli italiani, prima di tutto i giovani; della politica, che ha più interesse ad accontentare gli industriali, e perciò taglia con il machete nella Scuola, perché sa che tanto non succede nulla, perché noi non possiamo colpire nessuno, se non i nostri studenti, e sa che noi questo non lo facciamo; dei media, che assecondano l'idea che i ragazzi siano degli scansafatiche spendaccioni,  e che gli insegnanti siano dei fannulloni, in modo che i tagli alla Scuola appaiano  giustificati; dei genitori, che credono a tutto quello che dicono i media, e non hanno mai creduto a quello che dicevamo noi quando cercavamo di  raccontare loro che i tagli alla Scuola esistevano e avrebbero danneggiato i loro figli. E infine nostra, perché come insegnanti abbiamo visto in questi ultimi vent'anni quello che stava accadendo e non ci siamo ribellati, pensando che prima o poi avrebbero smesso. Non hanno smesso e, anzi, continuano. E oggi che non c'è più nulla da tagliare, che cosa si inventeranno?

Bisogna che mi ricordi di portare la carta igienica, domani mattina.

sabato 19 ottobre 2013

“Strategie che funzionano sempre... oppure no?”. Quarta parte. 409° post


Marzia mi scrive:
"Salve professoressa Milani, sono una prof non alle prime armi: ho insegnato sei anni in varie scuole superiori e dal 2007 sono di ruolo alla scuola media per italiano, contando però due anni a casa per i primi due bimbi. Penso di avere delle qualità positive; l'insegnamento mi piace, mi interesso ai ragazzi, cerco di leggere e formarmi, di variare le lezioni, di arrivare agli alunni più difficili, ho una discreta cultura e curiosità, non penso di spiegare male, cerco di aiutare i colleghi, sono sempre disponibile e sorridente. 
Eppure questi aspetti sono sempre eclissati dalla mia incapacità di impormi e mantenere la disciplina, così come la volontà di rendere interessanti e coinvolgenti le lezioni si scontra con l'angoscia di essere perennemente in ritardo sul programma rispetto alle colleghe, con l'ansia di dover svolgere argomenti stabiliti, con i genitori che protestano dal dirigente....certo, non è mai successo niente di grave, sono sempre stata corretta e ho sempre svolto le lezioni ma....sento di non dare il meglio, i richiami di preside e vice diventano sempre più umilianti anche se cortesi.
L'anno scorso sono stata folgorata dal suo blog, ho imparato quasi a memoria il primo libro di consigli (ho appena ordinato il secondo), fatto prove davanti allo specchio....ho ottenuto qualche piccolo risultato iniziale, poi tutto è tornato nuovamente come al solito, continue chiacchiere, io che perdo la pazienza, sgrido, urlo. Non riesco a rendermi conto del momento in cui comincio a sbagliare nel rapporto con i ragazzi; dovrei cambiare mestiere? Sono giunta alla conclusione che la mia poca autostima emerga sempre, non ci credo fino in fondo....
Adesso sono a casa (aspetto un bambino) e vorrei approfittare di quest'anno di pausa per riflettere su di me. Forse mi farebbe bene qualche incontro con una psicologa, un corso di autostima? 
Lo so, sono le solite cose che tutti le scrivono e ha già risposto innumerevoli volte....
Un grande saluto, con ammirazione.  Marzia"

Cara Marzia, è vero. Ricevo molte lettere con lo stesso concetto: ottengo dei risultati iniziali, ma poi tutto precipita di nuovo. E ho risposto già diverse volte, ma vedo che non basta e perciò riprovo.

Nel secondo libro troverai alcuni suggerimenti che potranno esserti utili: in particolare, la parte riguardante i linguaggio del corpo (soprattutto il tuo, quello che suggerisce ai ragazzi "con questa non c'è pericolo, possiamo divertirci e scherzare"). E troverai un'appendice che contiene molti suggerimenti di letture che possono essere utili. Fra questi ce ne sono alcuni sull'autostima.
Al di là di questo, ripeto: quando entri in classe, e ci entri in un certo modo, quando vai alla cattedra e quando inizi una lezione, e quando tieni presenti tutti i suggerimenti che ti do per essere interessante, coinvolgente e motivante, stai facendo solo il primo passo. Quando leggerai "L'arte di insegnare", nota il fatto che dico che queste strategie vanno ripetute. Non basta una prima entrata per garantirti che da qual momento gli alunni saranno sempre attenti. Nota, quando rileggi il libro, quante volte dico che bisogna ripetere certi concetti ogni volta che se ne presenta l'occasione, primo fra tutti il concetto di rispetto reciproco. Nota che dico che ci vuole costanza, bisogna insistere. Nota anche che parlo di lavoro "usurante". Insegnare è molto faticoso e lo è anche per me, perché anch'io, come te, devo impegnarmi per diventare autorevole, interessante e coinvolgente. Anch'io sbaglio. Anch'io lancio un urlo, e qualche volta perdo la pazienza (ma non il controllo). E lo dico anche nel libro, che se sbagliamo dobbiamo cercare di correggere il nostro errore, di riparare, insomma. E dico che bisogna studiare continuamente, mettersi in discussione, riflettere, osservare.

Perciò, cara Marzia, insisti. Non cambiare mestiere, ma cambia mentalità. Accetta il fatto che per imparare a insegnare ci vuole tempo e grande impegno. Non mollare, perché alla fine otterrai quello che vuoi. Non tutto, per la verità,  ma molto di quello che vuoi. 

Terza parte

Seconda parte

Prima parte

mercoledì 9 ottobre 2013

"Lettera di un insegnante che vorrebbe diventare un artista". 409° post

Gentile professoressa Milani,
Mi chiamo Michele  e sto facendo l'insegnante di matematica e scienze alle scuole medie. Mi scuso fin da subito per la lunghezza della lettera, ma vorrei comunicarle tanti pensieri e, pur provando ad abbreviare il testo, non sarà facile essere concisi.
Il primo pensiero che vorrei comunicarle è un sentito ringraziamento. Dire semplicemente grazie sembra poco, ma nella sua semplicità, è questa l'unica parola che posso mandarle per esprimere gratitudine. E' stato infatti grazie al suo blog e al suo libro (che ho prima "divorato" e poi studiato attentamente), che, in maniera molto pratica, è cambiata la mia vita in classe fin dalla mia seconda esperienza in una scuola.
La prima esperienza, infatti, mi ha visto troppo impreparato e la mia totale inesperienza non mi ha permesso di saper gestire adeguatamente la classe che mi era stata data.
Devo fare un passo indietro per spiegarle la mia storia, altrimenti queste parole non avrebbero molto senso.
Prima del 2013 non era la scuola il mio mondo: lavoravo infatti come "ricercatore" finché non sono stato chiamato per una supplenza di un mese presso una scuola media. 
Il primo giorno ero terrorizzato, ma andò bene, tornai a casa felice...non sapevo che il primo giorno i ragazzi mi stavano studiando e...dopo poco tempo, ero in balia della classe. Mi ero comportato troppo da amico e lei sa bene quali sono le conseguenze in questi casi....
Eppure, nonostante l'approccio sbagliato, quel mese mi aveva dato tante soddisfazioni e sono bastati 30 giorni per capire che la scuola mi piaceva molto più della ricerca e che mi avrebbe dato degli stimoli che il mondo accademico proprio non riusciva a darmi !
Ho iniziato allora a leggere, studiare. Volevo migliorare, volevo essere all'altezza del compito, volevo essere una vera guida per la classe e non il loro zimbello. Cercando in rete mi sono imbattuto nel suo blog, il blog che in poco tempo ha dato una svolta alla mia capacità di gestire una classe. C'erano scritte infatti cose che, nei vari manuali, proprio non si trovavano ! Prima su tutte l'entrata in classe (cui non avevo dato alcun peso durante la mia prima esperienza...). E così è arrivato il secondo incarico nei confronti del quale mi sono ritrovato molto più preparato.
E le cose infatti sono andate molto meglio. Il secondo incarico partì a metà febbraio e fino al 30 giugno, in un'altra scuola. Qui mi sono ritrovato a dover gestire altri problemi, ma, grazie al suo blog tutto è stato molto più semplice.
Dunque le ripeto, perché per me è importante: grazie.
Quest'anno ho avuto la fortuna di essere richiamato nella stessa scuola per una supplenza annuale. Ed eccomi qui allora, più motivato che mai, a voler dare tutto me stesso ai ragazzi !
Come dicevo, ho letteralmente divorato il suo libro e, dopo i primi giorni di scuola, eccomi a scriverle. Per ringraziarla, come dicevo, ma anche per commentare con lei alcuni passi del libro e chiederle qualche ulteriore consiglio sul quale ho ancora le idee confuse...
Le presento allora la mia classe perché, a causa della mia poca esperienza, non riesco a capire se si tratti di una classe "difficile" o "normale", se quello che vedo sono comportamenti accettabili o meno...diciamo che mi manca un po’ il metro di giudizio su ciò che è ammissibile e ciò che non lo è.
E' una classe di 23 alunni. Tra tutti, a rendere difficile la gestione, sono in 4. Uno è un ragazzino che gli insegnanti definiscono “leader negativo”; gli altri 3 sono ragazzini "normali", ma con situazioni familiari difficili.
Finora io mi sono comportato "come da manuale", parlando molto di rispetto e presentando il metodo di studio, le cose che faremo, come le faremo e soprattutto perché le faremo. Ho poi iniziato con il ripasso delle cose dello scorso anno. Succede spesso che i primi 10 minuti c'è attenzione, non ci sono problemi. Poi qualcosa si interrompe, e i 4 ragazzini iniziano a distrarsi, parlottare, fare battutine. Io mi interrompo, li richiamo, se necessario riprendo il discorso sul rispetto e tutto il resto. Ci sono 10 minuti che vanno bene ma poi il copione si ripete. E allora mi blocco di nuovo.
Da qui la mia prima domanda. Faccio bene a bloccarmi ogni volta? A me viene il dubbio di fare un torto alla maggioranza che segue e che si sta appassionando alla lezione (perché nella classe in generale vedo interesse e non noia, perché cerco comunque di fare lezioni interattive, coinvolgenti etc), anche perché quelli che seguono si stancano per le continue interruzioni, si spezza il ritmo ed è come se si spezzasse la magia di tutta la lezione...
A volte sono arrivato a dire cose del genere: "sapete quali sono le regole. Sapete cosa vuol dire rispetto. e sapete che non si può mancare di rispetto. Ma se il rispetto continua a mancare prenderò provvedimenti" e, quando i soliti 4 hanno ripreso a parlottare, ho chiesto i loro diari, ma non ho scritto note. Con i loro diari sulla cattedra hanno smesso. Io non ho più messo loro la nota: avrò fatto bene? Non penseranno così che non gliela metterò mai? Ma non sarebbe stato sbagliato mettere una nota perché parlottavano? Ho letto sul suo libro che le note non sono una soluzione, ed anche io sono molto convinto di questo, ma mi chiedo: non si rischia l'incoerenza a esigere il rispetto senza però arrivare a prendere provvedimenti disciplinari?
A tre di loro ho messo veramente una nota venerdì scorso perché durante l'intervallo avevano chiuso in bagno un compagno e non gli permettevano di uscire. Mi sono arrabbiato molto e ho messo una nota a tutti e tre. In quel caso mi sembrava impossibile non metterla. Lunedì (domani) volevo tornare sull'argomento e, se necessario, parlarne per gran parte della lezione...(e mi torna però il dubbio se non sto facendo un torto a tutti quelli che seguono che forse potrebbero stancarsi di questo continuo tornare sul concetto riguardo la disciplina e tutto il resto).
Secondo lei questa è una classe difficile? 
O sono inezie?
Io non credo che questi 4 ragazzi facciano così perché mi considerano una nullità, né perché mi considerano un nemico (mi riferisco a pag 65 del suo manuale)...la mia impressione è che questi 4 ragazzi facciano molta più fatica a concentrarsi e seppure riesco a tenere la concentrazione di uno di loro, gli altri tre la perdono...in conclusione non so bene come dovrei comportarmi...
A me sembra assurdo mettere una nota ad uno che "solamente" disturba anche se richiamato più volte (ed infatti trovo conferma a pag 225), ma se questa situazione effettivamente continua a verificarsi cosa sarebbe meglio fare secondo lei?
E se uno si rifiutasse di darmi il diario? Cosa dovrei fare? Un ragazzino mi ha detto che non mi dava il diario l'altro giorno al che io gli ho risposto: "E' una tua libera scelta: se mi dai il diario paghi le conseguenze del tuo comportamento scorretto, se non mi dai il diario non solo paghi le conseguenze del tuo comportamento scorretto, ma anche le conseguenze del fatto che ti sei rifiutato di darmi il diario..." e lui me lo ha dato...però mi sono chiesto dentro di me: e se avesse continuato a non consegnarmelo cosa avrei dovuto fare in pratica?
Per concludere, io credo che le cose non siano drammatiche, ma non ottengo ancora quello che vorrei ottenere ed a volte noto che si ottiene silenzio e concentrazione quando si chiede loro di scrivere (e quindi fare cose più noiose) che non quando si discute in modo attivo di un argomento tutti insieme: vedo infatti che le discussioni collettive non riescono a gestirle...molti non riescono ad alzare la mano e basta: la alzano e parlano, perché vogliono dire la loro, non riescono ad aspettare.
Non capisco se la mia è la ricerca di una perfezione utopica o un qualcosa da ottenere in maniera imprescindibile. Per quel poco che ho visto gli unici professori che hanno silenzio assoluto sono quelli che instaurano il regime del terrore, ma quella è una soluzione che non voglio adottare...
Credo che questo lavoro sia meraviglioso e come dice lei a conclusione del libro, sarebbe bello poterne diventare un'artista. Ecco perché le ho scritto. Perché credo che lei sia il Raffaello della situazione, una persona dalla quale c'è solo da imparare. Fortunati dunque i suoi studenti !
Un sentito grazie e un cordiale saluto. Buona giornata."

Caro Michele, prima di tutto ti ringrazio della tua affettuosa lettera. Però vorrei dirti che non sono “il Raffaello della situazione”, ma semplicemente un’insegnante che ce la mette tutta :-) Come te.
Quando lo avrai fatto per molti anni, vedrai che otterrai ottimi risultati.
Mi sembra che tu sia già sulla buona strada. Ora manca questo: devi capire che ci vuole tempo e pazienza, anche a me.
Riesci a farli stare attenti per dieci minuti e poi devi intervenire di nuovo? E' normale! Anch'io devo richiamarli. L'unica differenza è che il tempo di attenzione è più lungo, perché applico molte strategie. 

A proposito dell'episodio del diario: te la sei cavata benissimo. "E se avesse continuato a non darmelo?", mi chiedi. Tu devi imparare a cogliere i segnali di quello che sta per accadere: il ragazzo si metterà a urlare, si metterà a piangere, ti insulterà, continuerà di rifiutarsi di darmi il diario. Devi far qualcosa prima che accada. Lo devi trovare tu, che cosa fare. Per esempio dire: "Guarda, smetto di chiedertelo perché mi sembra che tu non abbia in questo momento la capacità di valutare bene le conseguenze delle tue azioni e perciò ti voglio aiutare. Ma prenderò nota di quello che hai detto e fatto oggi."
Se non riesci a gestire i dibattiti non li fare, per ora. Se non riesci a gestire i lavori di gruppo, non li fare, per ora. Avrai tempo!
"
Faccio bene a bloccarmi ogni volta?": sì, fai bene. E se occorre non devi fare una lezione spezzettata, ma dedicarti completamente alla disciplina. 
"Io non ho più messo loro la nota: avrò fatto bene? Non penseranno così che non gliela metterò mai?" Hai fatto bene e no, non lo penseranno. Le note non sono la soluzione, ma qualche volta siamo obbligati a farle.
cerca sempre di migliorarti, come stai già facendo.
Fammi sapere!

P.S. ho usato come titolo l'oggetto che hai messo nella lettera perché mi è piaciuto :-)

“Strategie che funzionano sempre... oppure no?”. Terza parte. 408° post

Sara mi scrive:

"Carissima collega, sono demoralizzata. Oggi sono di nuovo entrata in terza. C'era confusione... si parlavano addosso. Ho aspettato che andassero a posto e poi sono entrata. Hanno subito cominciato a fare di tutto. Uno dei soliti difficili si è alzato e girava per la classe. Gli ho detto di sedersi. Poi ha cominciato un'altra a fare la stessa cosa. Le ho detto. dove vai? Siediti..ti aspetto. Loro, fregandosene di quello che dicevo, mi ignoravano e allora ho attaccato col discorso che non era giusto il loro comportamento... che io li volevo aiutare, ma loro reagivano proprio comunicandomi: ma che ci frega di quello che dici!.. Allora, arrabbiandomi ho battuto la mano sulla cattedra in modo forte e ho detto BASTAAAAA. A questo punto uno dei difficili di turno ha fatto un salto sulla sedia, fingendo uno spavento. Così gli ho scritto sul diario L'alunno Tizio, reagisce in maniera spropositata all'insegnante che richiama un compagno, mancandole di rispetto!. Lui si è calmato.. ha seguito e ho approfittato per dirgli “vedi che quando segui sei bravo”. Alla classe ho cercato di chiedere spiegazione del loro atteggiamento e hanno detto: “ma perché lei è troppo severa, vogliamo la prof dell'anno scorso (con la quale so che non facevano niente). A queste cose ho detto loro che mi sembravano tutte delle scuse..per lamentarsi visto che non ascoltavano nemmeno le mie risposte ma che li avrei ascoltati volentieri se avessero parlato uno per volta. Insomma, per fortuna è finita la lezione. Ho chiamato da parte quello della nota e gli ho detto: “ma che ti viene in mente? Sei contento di aver preso una nota?Vuoi far pagare a me qualche colpa che non ho? o ritieni che io ne abbia?” Lui è stato zitto e dimesso..gli ho detto: “domani fai firmare la nota e ora fai l'intervallo con gli altri, per oggi non mi sei piaciuto.” Poi ho chiesto agli altri due di accompagnarmi in un'altra classe e darmi una mano per favore con delle cartelline che avevo in mano. Ho chiesto come mai si alzano e perché si comportano così. Uno dei due mi ha detto: “ma perché prof, io non c'ho testa della scuola, sono stanco.” E io: "e perché senti il bisogno di alzarti?" Lui ha risposto che quando si sente nervoso è così. Allora gli ho detto: “allora, io ti capisco in parte, lo vedo che non stai bene in classe in certi momenti e voglio aiutarti. Allora, tu quando è così me lo dici e io appena ho occasione ti coinvolgo in qualcosa che ti faccia muovere: ti do una cartellina da portare ad un collega, per esempio. Ma non esiste che ti alzi e giri per la classe.” Poi l'ho rimandato in classe dicendogli che avremmo riparlato dal momento che dovevo fare lezione in un'altra classe.
 Oggi li ho visti di nuovo. Il Tizio al quale avevo dato la nota l'aveva fatta firmare e si è leggermente moderato. Il Caio al quale avevo parlato è stato buono e ogni tanto mi diceva: Prof, quando mi fa andare a fare il mio incarico?" Così poi l'ho mandato ma lui ha finto di dimenticarsi la cartellina giù e ne ha approfittato per uscire di nuovo. Un altro ha passato l'ora a girare e a lanciare palline e gomme. Gli altri ne approfittavano e ridevano. Insomma un incubo. Ecco.. non sono sicura che questa linea dia qualche frutto, forse non l'ho saputa attuare. Per ora stanno vincendo loro. Non so, devono capire che sono la persona più disponibile del pianeta ma adesso hanno passato il limite......... sono furibonda..e molto meno disponibile...perché non hanno capito proprio un bel niente. E domani? Cosa faccio, domani? Non so, ho percepito un vero e proprio rifiuto da parte loro. Mi dia qualche speranza che la cosa si può ancora migliorare. Sinceramente sono avvilita e siamo solo ad Ottobre, non so che pesci prendere.. Un anno così non lo reggo in questo momento della mia vita già delicato per motivi personali. Sto anche meditando di lasciare l'incarico, non posso rimetterci la salute oltre a tutto quello che sto perdendo già in questo momento. Grazie infinite,Sara"

 Cara Sara, hai scritto:

Non stanno vincendo loro e non devi vincere tu. Devi trovare il modo.

La linea che ti ho suggerito con il libro dà senz'altro dei frutti, ma non devi sperare nei miracoli. Ci vuole tempo, anche a me, e quello che devi fare è cercare di non fare errori, senza demoralizzarti.
Mi sembra che tu te la stia cavando bene, ma hai fatto qualche errore:

<Così poi l'ho mandato ma lui ha finto di dimenticarsi la cartellina giù e ne ha approfottato per uscire di nuovo.>
Avresti dovuto dire: “Ti sei mangiato la possibilità. Ora non ti ci mando più.”


Errore: alla prima pallina dovevi buttare all'aria la lezione.

< Gli altri ne approfittavano e ridevano.>

Errore: avresti dovuto beccare un paio di loro (quelli più bravi fra quelli che ridevano), fare una nota, spiegando "d'ora in avanti farò una nota a quelli che appoggiano gli atteggiamenti scorretti. Due a caso, perché non posso perdere tempo."
Se protestano (e spero che lo facciano) chiedi come vorrebbero fare loro. Poi fingi di decidere insieme a loro.
Spero di averti aiutato, Sara.”

Sara mi ha scritto di nuovo:

“Cara Collega,
sì mi hai aiutata. Soprattutto hai aiutato il mio umore.
Ho fatto come consigliavi tu, ho detto che avrei punito chi avrebbe incoraggiato i comportamenti scorretti. A quello tremendo avevo chiesto di pulire l'aula, e lui era contento di farlo. gli altri gli tiravano via via le carte per complicargli il lavoro e divertirsi. così ho detto: forse non avete capito bene, lui sta eseguendo una mia richiesta essendo utile a tutti noi. voi ne approfittate per scherzare... non si tratta di uno scherzo. ora il primo che incoraggia un'azione scorretta si ritrova una nota, a caso...chi becco...becco... vi ho preavvertiti.
ovviamente ho beccato due o tre e ho preso il diario e ho scritto sul registro. hanno protestato e ho detto loro che li avevo preavvertiti. poi è finita l'ora e non ho potuto continuare il discorso importante del come avrebbero voluto e del fingere di decidere con loro.
Domani saranno arrabbiati con me... questa prof. ingiusta che ha preso tre persone a caso....
Non so se faccio bene... comunque appena vedo che tira aria di confusione, come ho letto sul blog, mi fermo e dirò.... la lezione così non ve la faccio. poi, spiego... è essenziale che ci sia un clima di convivenza civile e migliore di questo. mi rifiuto di sgolarmi per farmi ascoltare e se continuassi non sarei un'insegnante seria. non voglio, né posso accettare che una lezione diventi una barzelletta... per questo adesso ci dedichiamo al perché vi comportate così. Prendete un foglio e scrivete in italiano (la mia materia è inglese) io, studente consapevole, cosa faccio e cosa mi aspetto dalla lezione di inglese. Come posso migliorare la situazione?".
Aggiungerò che sarà il punto di partenza per preparare la prossima lezione in inglese con vocaboli di Inglese.
Come diceva P. Villaggio in un omonimo film, "Io speriamo che me la cavo!"
Saluti, Sara”

Cara Sara, hai fatto tutto benissimo. Non importa se domani saranno arrabbiati. Lo saranno anche i miei, domani, perché oggi li ho rimproverati molto. Pazienza. Poi capiranno. 
Domani entra sorridente, come se nulla fosse accaduto, ma non ti devi pentire, e e non devi essere meno esigente perché ti senti in colpa. Devi sapere che lo hai fatto per loro.  Forza!

Quarta parte

Seconda parte

Prima parte

domenica 6 ottobre 2013

“Strategie che funzionano sempre... oppure no?”. Seconda parte. 407° post.

 Giuseppina mi scrive:
“Gentilissima Isabella ho assoluto e urgente bisogno del tuo aiuto.
 insegno Educazione Fisica nella scuola media; quest’anno ho iniziato l’anno seguendo il più possibile le tue indicazioni. Al momento tutto procede bene, anche se con il passare del tempo si tende a lasciar correre alcune cose.
Ho una classe, però, una seconda media di 16 elementi (13 maschi e 3 femmine) che mi crea molti problemi. Classe irrequieta, chiacchierona, molti elementi vengono a scuola solo per divertirsi, si fanno scherzi di continuo usano molti epiteti fra di loro tipo: scemo, cretino …,se possibile inseriscono qualche bestemmia o simil tale. Insoddisfatti della mia presenza e del mio modo di fare lezione o di voler fare lezione.
Insomma credo che tu abbia capito di che tipo di classe si tratta. L’anno scorso era bella la lezione, l’anno scorso giocavano, le lezioni di quest’anno non piacciono (non sono riuscita a farne nemmeno una)…
Quando mi imbatto in una classe così demotivata e scoraggiante crollo. Mi succede sempre, anche con tutti i miei anni d’insegnamento. Mi butto giù, non riesco a recuperare autorevolezza e autorità e passo gran parte dell’anno a cercare di far rispettare un minimo di regole. Come intervenire? Ho provato tutto l’approccio di prassi, il primo giorno mi hanno ascoltato, la seconda lezione hanno già cominciato a lamentarsi. Oggi è stato il massimo, siamo usciti nel giardino al di fuori della scuola, non hanno seguito gli esercizi, hanno cominciato a imbrogliare sulle posizioni, a inventarsi malanni vari.
Prof sono in un mare di guai, già da lunedì li ho due ore consecutive che fare? Con loro l’approccio costruttivo di tipo verbale non funziona (… perché parlate usando termini non adeguati, perché giocate e ridete di ogni cosa …), e che succederà in palestra? Dovrò farli giocare per poi piano piano portarli alla lezione completa? Mi seguiranno? Oppure? Se non trovo subito una soluzione so che perderò il controllo e il tempo con loro si trasformerà in mera sopravvivenza. Non voglio che succeda, ma non so come intervenire, come pormi, come recuperare! Intanto ho già annunciato che lunedì ci saranno verifiche pratiche. In questi casi vado in tilt, è una mia carenza, non ho ancora acquisito, nonostante l’esperienza un giusto modo di rapportarmi con le classi prevalentemente maschili.
Grazie prof per avermi seguito fin qui, in attesa ansiosa di un conforto ti invio cari saluti
Giuseppina

p.s.: ad un ragazzino che "scherzando", come ha poi sottolineato ha detto: " professore' io dico ai miei genitori che lei dice le parolacce" mentre durante una lezione pratica, per l'esecuzione di un esercizio ho chiesto, in forma bonaria e scherzosa, di alzare il culetto. Ma come si deve reagire a queste "minacce". Grazie ancora. Giuseppina”


Cara Giuseppina, ho evidenziato la frase secondo me più importante: "il primo giorno mi hanno ascoltato, la seconda lezione hanno già cominciato a lamentarsi. "
Ecco l'errore. Tu dici che  hai seguito il più possibile le mie indicazioni. Ma nel libro non c'è forse scritto (a pag. 190) "vi consiglio di non fare lezione finché non avete gestito la classe e ottenuto il silenzio."?  Quello che tu hai fatto è un errore: hai cercato e cerchi di fare lezione anche se non vogliono. Loro devono fare lezione, e sei tu a decidere che cosa devono fare. Appena hanno cominciato la lezione avresti dovuto smettere. Scrivi: "non hanno seguito gli esercizi, hanno cominciato a imbrogliare sulle posizioni, a inventarsi malanni vari".
E tu? Guarda la scena  dal di fuori: loro che scherzano, inventano malanni, fanno i furbetti, e tu, lì, a implorarli di fare lezione, come se la lezione fosse un favore che loro fanno a te. 

Lo so, non li hai implorati esplicitamente, ma se rileggi la frase vedrai che dal di fuori (e a loro) appare così. Ti chiedi "Mi seguiranno?" Avrai fatto trasparire il fatto che dubiti che ti sentiranno, invece di far pensare che sicuramente ti seguiranno.
Allora: ripensaci. Rifletti bene e metti a fuoco la situazione: tu stai lavorando, stai aiutandoli ad imparare, e loro stanno studiando e sono lì per imparare, non per giocare o prendere in giro. Renditene conto, e poi entra in classe con lo sguardo che dice tutto questo: "Adesso basta! la lezione è questa e se non c'è silenzio io non ve la faccio più e invece di fare esercizi passiamo il tempo a capire perché vi comportate così. Visto che non siete in grado di fare lezione pratica, passerò a quella teorica finché non mi chiederete di fare lezioni in palestra. Mi dispiace per chi voleva fare lezione: vedete bene che non si può e non intendo combattere per fare lezione. Vorrà dire che vi valuterò sulla parte teorica e alla fine farò fare delle prove pratiche. Se non saprete farle perché non avete fatto esercizio, pazienza, la valutazione sarà insufficiente." Naturalmente, dopo lo sguardo usa le parole.
L'efficacia della lezione parte da prima di entrare in classe. Metà del successo della lezione dipende dal momento che precede la lezione, 
Ricomincia tutto da capo, Giuseppina.
Fammi sapere!

p. s. Evita di parlare di "culetto": anche se non è un'offesa o una parolaccia, contribuisce alla tua insicurezza perché, anche solo per un secondo, avrai fatto uno sguardo spaventato, e questo non ti aiuta. Avresti dovuto riderci sopra e dire: "buona questa!".

“Strategie che funzionano sempre... oppure no?”. Prima parte. 406° post

Emanuela mi scrive:
“Buongiorno professoressa, mi chiamo Emanuela e sono alla mia prima supplenza in una scuola media.
Ho provato a mettere in atto alcune accortezze e attenzioni che ho finora incontrato nel libro (sguardi, silenzio, colpire subito certi comportamenti): sarà l'inesperienza, ma la prima giornata e la seconda giornata di supplenza sono state micidiali e mi sono abbattuta parecchio.
Quello che mi chiedo è: queste strategie funzionano sempre (il silenzio che seguo in attesa che smettano il chiacchiericcio, gli sguardi seri e mirati) o dopo un po' "mangiano la foglia"? Anche se, in realtà, c'è poco da mangiare la foglia, perché non è che li sto ingannando. Mi chiedo se dopo un po' queste specifiche strategie perdano la loro forza e cosa si può fare, in alternativa. Quali strategie suggerisce in casi limite che richiedono un intervento più serio?
Nel caso in cui vadano male le prime lezioni, il primo incontro con loro (e male male, ossia indisciplina forte della classe nonostante i richiami e il tentativo di mettere in atto alcune strategie suggeriti da amici insegnanti) è perduta la speranza con quelle classi (se non anche con le altre, se vige il passaparola)?Spero che la relazione educativa si possa costruire strada facendo, e che gli errori iniziali non siano fatali, anche se temo che sia difficile correggere il tiro. A volte il detto "non c'è seconda occasione per dare una prima impressione" pende su di me come una spada di Damocle. I ragazzi delle medie sono ostici, e spesso alcuni amici e colleghi mi raccontano situazioni allarmanti in cui io non saprei come reagire (e, invece, serve una reazione repentina).Sconsiglia le note (ed è vero, perché si rischia a fare a gara a chi ne prende di più, "tanto"...), ma è anche vero che certi comportamenti richiedono un intervento deciso e il sapere cosa fare a carattere disciplinare (far male ai compagni, offese e parolacce pesanti, rivolte all'insegnante o ad altri compagni). La ringrazio per il suo tempo. Un caro saluto  Emanuela”

Cara Emanuela, la prima impressione, come ho già detto, è molto importante e a volte non si riesce a riacquistare la stima che abbiamo perso subito. Ma altre volte si può.
Tu mi chiedi: “le strategie funzionano sempre... oppure no?”. E altri si chiedono, e mi chiedono: ho applicato alla lettera tutto quello che dici, come la famosa entrata in classe, il mantenere la calma, ecc.. Perché ha funzionato tutto bene per tre volte e alla quarta tutto è tornato come prima?
Cara Emanuela e cari lettori, tutto quello che suggerisco funziona, ma non è una bacchetta magica con la quale toccare la classe per avere attenzione, rispetto e motivazione per tutto l’anno. L’ho già detto, ma lo ripeto perché vedo che ce n’è bisogno: credete che a me basti entrare in classe in un certo modo, dire due paroline ben dette per avere ventotto paia d’occhi puntati? Rispondo: no! Certo, non mi trovo spesso a combattere, perché l’esperienza mi aiuta molto, ma con gli alunni difficili ogni tre giorni devo impegnarmi per rinfrescare la memoria sui concetti di rispetto.
Mi chiedi se "mangiano la foglia". No, non mangiano la foglia, ma ritentano, per vedere se riescono a vincerti. Ed è qui che nasce il problema. Loro ritentano e tu devi ricominciare da capo (sguardi, silenzio, colpire subito certi comportamenti). E ci aggiungo: parlare, spiegare perché è ingiusto quello che fanno, farli sentire in difficoltà se ti mancano di rispetto. Non bisogna demoralizzarsi. Bisogna “combattere” per aiutarli. Perché è giusto così. Con il tempo e la fatica ci riuscirai.
Questa è la società del tutto e subito, ma non si può applicare alla Scuola. A scuola ci vuole calma, perseveranza, e resilienza. Anche perché dovete essere un esempio.
Per quanto riguarda le note, quando ci vogliono ci vogliono: far male ai compagni, offese e parolacce pesanti, rivolte all'insegnante o ad altri compagni. Ma devi imparare a riconoscere il momento che precede il comportamento scorretto e fermarti, cercando di evitare le frasi ingiuriose. Ma se escono, la nota devi farla. Sono le note inutili (chiacchiera, ride, ecc.) quelle che devi assolutamente evitare.
Riprova, Emanuela!


Quarta parte
Terza parte

giovedì 3 ottobre 2013

"Dieci regole per insegnare oggi." 405° post

Dieci regole per insegnare oggi


ESSERE insegnante oggi. Un lavoro spesso precario, malpagato, trascurato. Come se educare i giovani di oggi, gli adulti di domani, fosse non una priorità, ma solo un obiettivo di secondaria importanza. Ma se le responsabilità di una scuola troppo spesso non all'altezza delle esigenze sociali sono dei governi che non sempre hanno rispettato il dovere di garantire una buona formazione, anche gli insegnanti possono e devono migliorare il loro modo di fare scuola. Si devono evolvere e assorbire le moderne tecniche della comunicazione; devono essere attenti, creativi, coinvolgenti. Ma, soprattutto, devono essere motivati, appassionati del loro lavoro, un impegno difficile e insieme fondamentale per la società.

A condividere suggerimenti, riflessioni, strategie e consigli pratici sul che e come fare è Isabella Milani con L'arte di Insegnare (Vallardi), un manuale che raccoglie tutto quello che è necessario sapere per stare bene in cattedra  e per sviluppare una nuova didattica. Non pure nozioni, ma metodo e volontà, per tirare fuori il massimo da ogni studente.

Isabella Milani è lo pseudonimo di un'insegnante e blogger che ha trascorso trent'anni nella scuola e che ha ora raccolto i più validi consigli pratici da insegnante a insegnante. Ecco come gestire le classi, anche le più difficili,  come attirare e tenere l'attenzione degli allievi, come conquistare l'autorevolezza indispensabile, come motivare gli alunni e garantire aiuto ai più difficili e opportunità di lavorare al meglio ai più dotati.

Isabella Milani sa che insegnare non è facile, ma preferisce puntare su ciò che "devono" fare gli insegnanti, piuttosto che scaricare  ciò che non va sugli studenti o, genericamente, su genitori e società. E, semplificando al massimo i suggerimenti, riesce a fornire un manuale in grado di accompagnare per mano chiunque abbia la "passione" di stare in cattedra. A garanzia di una Scuola migliore.

Dopo trent'anni di esperienza, qual è il suo modello di scuola?
Il mio modello di scuola prevede edifici sicuri, sedie comode, aule spaziose, al massimo 20 alunni per classe, un esercito di insegnanti preparati e aggiornati, risorse da gestire per aiutare i ragazzi in difficoltà e per preparare meglio quelli che hanno maggiori capacità. È una scuola che non lascia indietro nessuno perché è organizzata per tirare  fuori il meglio da ognuno.

La scuola deve essere - oggi - più seria che mai. Deve essere capace di  far star bene gli alunni, per diventare un'alternativa al mondo diseducativo nel quale viviamo, per "rieducare" i bambini e i ragazzi a impegnarsi, a studiare, a faticare. Non si potrà ottenere questo finché alla scuola non verranno assegnate le risorse necessarie e agli insegnanti preparati non verrà restituito il rispetto che meritano. Soprattutto da parte dei genitori.
Nel libro consiglio agli insegnanti: prima date e poi chiedete. Vale anche per la società e per lo Stato.

Se dovesse sintetizzare i suoi consigli in un decalogo, come lo declinerebbe?
1) Prima date e poi chiedete: agli alunni date rispetto, attenzione, coerenza,  comprensione. Prima voi.
2) Entrate in classe pieni di entusiasmo: l'entusiasmo è contagioso. Come la noia.
3) Ricordate che anche i ragazzi difficili sono vostri alunni: non sono maleducati, ma male educati; hanno bisogno di aiuto più degli altri.
4) Mettetevi sempre in discussione. Aggiornatevi, leggete, studiate, confrontatevi.
5) Fate sentire ai ragazzi che volete aiutarli e che vi interessano. Diteglielo.
6) Date molta importanza alle regole e rispettatele voi per primi.
7) Avere una buona autostima è essenziale: gli alunni vi vedono come vi vedete voi. Se non vi stimate non vi stimeranno neanche loro.
8) Privilegiate concetti e metodi: i puri contenuti si trovano anche nel web.
9) La lezione perfetta è quella che costruite insieme agli alunni. È un dialogo, non un monologo. Non si può apprendere senza partecipare.
10) Per essere autorevoli dovete essere preparati e guadagnarvi la fiducia e il rispetto dei ragazzi.

Qual è l'identikit dell'insegnante ideale ai nostri giorni?
E' lo stesso di sempre: già Quintiliano, quasi duemila anni fa, parlava di un insegnante serio ma non cupo, affabile ma non sguaiato, che non doveva avere i vizi che non ammetteva negli altri, che doveva essere disponibile, spiegare in deve conoscere anche il mondo nel quale vivono i suoi alunni: non può fingere che il mondo non sia cambiato.
Un insegnante deve essere un insegnante, un educatore disponibile a vedere al di là di quello che il ragazzo appare: non un amico, non uno psicologo, non un genitore, ma una persona che vuole aiutare l'alunno a tirare fuori il meglio di sé, motivandolo, trasmettendogli il desiderio di imparare. Deve insegnare ad imparare. Non basta insegnare. Bisogna voler insegnare. Non si può diventare insegnanti per ripiego.

Un insegnante autorevole deve avere tutti questi requisiti: deve essere giusto, onesto, coerente, forte, comprensivo, gentile, rispettoso, equilibrato, serio e misurato. Un insegnante deve essere preparato, non solo sulla sua materia, ma anche su tutto quello che riguarda le problematiche dei ragazzi.

Perché vi chiedo di scrivere una recensione a "L'arte di Insegnare". 404° post

Cari lettori, voglio spiegarvi perché vi chiedo di scrivere una recensione. Concedetemi un momento. 
Una recensione è un commento, un giudizio (con stelline di gradimento, da 1 a 5) che un lettore esprime su un libro.  Perché si scrive e per chi si scrive? In altre parole, a che cosa serve una recensione? 
Una recensione si scrive per chi sta pensando di acquistare un libro , perché vogliamo far sapere agli altri che quel libro ci è piaciuto o non ci è piaciuto.  Ma, mi si domanderà, perché una persona dovrebbe perdere tempo per scrivere una recensione? È una aiuto, un gesto di cortesia, si può rispondere. 
Ma io voglio dirvi perché vi chiedo di dedicarmi del tempo per scrivere una recensione su una libreria online, e per pubblicizzare il mio libro.

Se tutti quelli che mi hanno scritto ricevendo una ampia risposta, o sul blog o in privato, se tutti quelli che leggono il blog, se tutti quelli che hanno letto il libro precedente e stanno leggendo questo libro e mi hanno ringraziato, e mi scrivono di essere stati aiutati moltissimo, se tutti scrivessero una recensione ci sarebbero tantissime recensioni.
Ma solo pochi volenterosi ne scrivono una. Mi si potrebbe dire: "Per recensire tutti i libri che leggo ci vuole tanto tempo e tanta voglia!". È vero, ma questo libro (come il blog) non è un libro qualsiasi. È un'idea di Scuola, per molti aspetti molto diversa dalle idee che circolano, anche su altri libri. Lavoro da dieci anni a questo libro e credo così tanto all'idea di Scuola che c'è sotto, che dedico quasi tutto il mio tempo libero al blog e al libro. 
Io non sono né Camilleri, né Saviano, né Sveva Casati Modignani, e non ho appoggi politici, e posso contare solo sul (magnifico) lavoro dell'ufficio stampa della casa editrice che ha creduto in questo progetto, la Vallardi. Ho scritto qui come funziona.
Il mio libro ha bisogno di pubblicità, cari lettori.
Perciò, se il mio libro rappresenta delle idee sulla Scuola sulle quali siete d'accordo, scrivete una recensione, "raccomandatemi" ai librai e ai colleghi.
Se vi sembra che il libro descriva bene quanto è difficile il nostro lavoro, se trovate fra le sue pagine delle buone argomentazioni per rispondere all'amico, al cugino, al vicino di casa che dice "voi a scuola non fate quasi niente"; o se esprime quello che pensate anche voi, pubblicizzatelo, cercate di aiutarmi a farlo conoscere. Perché dobbiamo fare sentire la nostra voce, ribellarci. È ora che cominciamo ad urlare il nostro disagio e, se vogliamo davvero aiutare i ragazzi, dobbiamo pretendere classi meno numerose e più docenti. 
È una battaglia per una Scuola migliore. Appoggiatela, se vi sembra giusta.
Questo è il motivo di tutta la pubblicità che cerco di fare al libro.  
Allora: aspetto le vostre recensioni! Bastano poche righe (e tante stelline ahahah!!)
Grazie!

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