La professoressa Isabella Milani è online

La professoressa Isabella Milani è online
"ISABELLA MILANI" è uno pseudonimo, scelto per tutelare la privacy dei miei alunni, dei loro genitori e dei miei colleghi. In questo modo ciò che descrivo nel blog e nel libro non può essere ricondotto a nessuno.

visite al blog di Isabella Milani dal 1 giugno 2010. Grazie a chi si ferma a leggere!

SCRIVIMI

all'indirizzo

professoressamilani@alice.it

ed esponi il tuo problema. Scrivi tranquillamente, e metti sempre un nome perché il tuo nome vero non comparirà assolutamente. Comparirà un nome fittizio e, se occorre, modificherò tutti i dati che possono renderti riconoscibile. Per questo motivo, mandandomi una lettera, accetti che io la pubblichi. Se i particolari cambiano, la sostanza no e quello che ti sembra che si verifichi solo a te capita a molti e perciò mi sembra giusto condividere sul blog la risposta. IMPORTANTE: se scrivi un commento sul BLOG, NON FIRMARE CON IL TUO NOME E COGNOME VERI se non vuoi essere riconosciuto, perché io non posso modificare i commenti.

Non mi scrivere sulla chat di Facebook, perché non posso rispondere da lì.

Ricevo molte mail e perciò capirai che purtroppo non posso più assicurare a tutti una risposta. Comunque, cerco di rispondere a tutti, e se vedi che non lo faccio, dopo un po' scrivimi di nuovo, perché può capitare che mi sfugga qualche messaggio.

Proprio perché ricevo molte lettere, ti prego, prima di chiedermi un parere, di leggere i post arretrati (ce ne sono moltissimi sulla scuola), usando la stringa di ricerca; capisco che è più lungo, ma devi capire anche che se ho già spiegato più volte un concetto mi sembra inutile farlo di nuovo, per fare risparmiare tempo a te :-)).

INFORMAZIONI PERSONALI

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La professoressa Milani, toscana, è un’insegnante, una scrittrice e una blogger. Ha un’esperienza di insegnamento alle medie inferiori e superiori più che trentennale. Oggi si dedica a studiare, a scrivere e a dare consigli a insegnanti e genitori. "Isabella Milani" è uno pseudonimo, scelto per tutelare la privacy degli alunni, dei loro genitori e dei colleghi. È l'autrice di "L'ARTE DI INSEGNARE. Consigli pratici per gli insegnanti di oggi", e di "Maleducati o educati male. Consigli pratici di un'insegnante per una nuova intesa fra scuola e famiglia", entrambi per Vallardi.

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lunedì 30 giugno 2014

Cari lettori, non sono in ferie..... 465° post


Cari lettori del blog, non scrivo da giorni. Non sono in ferie, però. Il fatto è che ho ricevuto moltissime lettere di ragazzi e genitori che mi sottoponevano l'elenco dei voti per chiedermi se secondo me sarebbero stati promossi. A quelli ai quali non ho risposto dico: non posso fare dei pronostici, perché la valutazione dipende da molti fattori e non ho i dati necessari in mano.
E ho ricevuto lettere di ragazzi che erano stati bocciati (e dei loro genitori) che mi spiegavano perché la loro bocciatura era stata ingiusta.
Nei giorni scorsi  ho risposto a molti,  e lo sto ancora facendo, ma mi rendo conto che non ce la faccio e perciò ho deciso che risponderò a tutti prossimamente con un post.

A presto!

lunedì 23 giugno 2014

Rileggete il mio libro durante l'estate! 464° post



Cari lettori del mio libro, se vi è piaciuto, se vi è stato utile, vorrei suggerirvi di rileggerlo durante le vacanze. Leggetelo per avere lo spunto per fare delle riflessioni in tutta tranquillità, per prepararvi al rientro. Se avete cominciato a leggerlo a scuola iniziata siete stati costretti a usarlo solo in parte. Adesso iniziate ad applicare i concetti più importanti fin dall'inizio, adattandoli al vostro modo di essere, al vostro carattere. Rileggete bene i titoli che vi ho suggerito nell'appendice e decidete di leggerne almeno uno. Cercateli in libreria, sfogliateli; rendetevi conto di come sono apparentemente distanti dai libri che si consigliano agli insegnanti. Se non siete abituati a leggere quel tipo di libro, se siete abituati a leggere solo romanzi, scoprirete un nuovo mondo.
Imparate qualcosa di nuovo.
Per esempio, visto che è estate, leggete questo:


Imparate a rilassarvi, quest'estate. O imparate a leggere il pensiero, o studiate i segreti di un buon venditore; oppure imparate a usare la voce, o a parlare in pubblico o a essere sicuri di voi.
Questo vi renderà pieni di energie quando tornerete a scuola. 
E mentre leggete questi libri, pensate a come potreste utilizzare in classe quello che state imparando. Scoprirete tante nuove idee.
Ma prima di tutto, rileggete il mio libro e meditate su quello che c'è scritto. 
È importante che i concetti vengano assimilati e rielaborati.
Fatemi sapere! Vi auguro una bellissima estate!


giovedì 19 giugno 2014

"Le prove Invalsi mostrano quello che uno studente realmente vale" Sicuri?. 463° post

Francesco commenta:

“Comunque, sono certo che le prove Invalsi abbiano un valore. Sicuramente uno studente che prende 9 nella pagella (dove i voti sono dati dai docenti) e prende 5 in una prova Invalsi non è uno studente eccellente e di certo non si merita una borsa di studio. Le prove Invalsi mostrano quello che uno studente realmente vale, perché sono assolutamente oggettive, mentre i voti presi durante l'anno scolastico possono essere gonfiati dagli insegnanti. Ah, e per i signori che dicono "Anche questa è l'Italia", voglio ricordare che in Inghilterra per esempio i test GCSE e A-Level sono come i nostri Invalsi. E sicuramente l'Italia ha molto da imparare, poiché secondo l'OCSE gli studenti italiani sono i più somari d'Europa (e si vede dagli Invalsi, appunto.)

Ecco. Il problema è la sicurezza con la quale chi non insegna pretende di sapere e spiegare tutto. Ci sono centinaia di migliaia di insegnanti contro le prove Invalsi (io sono una), ma chiunque legga qua e là qualcosa poi si sente in grado di scrivere la diagnosi: gli studenti italiani sono i più somari d'Europa e le prove Invalsi hanno un valore.
Il suo commento, Francesco, è pieno della sicurezza tipica di chi guarda le cose dal di fuori e si convince di sapere tutto.
Il suo breve scritto è pieno di certezza: "sono certo", "sicuramente", "di certo", "sicuramente". Lei, come tanti altri, è sicuro di quello che dice. Se ne intende di Scuola e di valutazione, insomma. Più di noi che lo facciamo di professione.  Un po’ come i tanti sportivi della domenica che sanno benissimo quale formazione mettere in campo per far vincere i Mondiali all'Italia, e, se la squadra perde, danno del cretino all'allenatore che non ha saputo rendersi conto di quello che loro hanno tanto facilmente capito.
“Sono certo che le prove Invalsi abbiano un valore.”: e chi glielo assicura? È un ragionamento “a naso”?
“Sicuramente uno studente che prende 9 nella pagella (dove i voti sono dati dai docenti) e prende 5 in una prova Invalsi non è uno studente eccellente e di certo non si merita una borsa di studio.”: ma che cosa le fa pensare che il nostro giudizio, quello degli insegnanti che vedono un ragazzo tutti i giorni, sia decisamente meno valido di quello che esce da test che provano solo che la Scuola vuole diventare “tutta un quiz”, per parafrasare Arbore?
Lei scrive: “Le prove Invalsi mostrano quello che uno studente realmente vale, perché sono assolutamente oggettive”. Sono oggettive come un quiz. La valutazione è  un processo molto complesso, durante il quale teniamo conto di molti fattori: il modo di rispondere, la sicurezza, lo sviluppo del ragionamento, la disponibilità a mettere in discussione le proprie convinzioni, di modificare o di convincere gli altri delle proprie, la maturità, l'interesse, la voglia di sapere, e tanti altri aspetti della conoscenza e della capacità di elaborarla e di porgerla agli altri. 
I test non tengono conto di nulla; il tempo a disposizione è pochissimo e se lei provasse a fare i test forse scoprirebbe che è facile prendere un’insufficienza.
Lo sa, Francesco, che con questi test che lei definisce "oggettivi", a volte, capita che un alunno che ha studiato pochissimo riesce meglio di uno più bravo, perché li fa a caso? Capisce? A caso, mettendo le crocette qua e là, come vengono. Una questione di fortuna, come con la schedina. 
È una valutazione oggettiva, in quel caso? L’altro ragazzo, invece, che si è impegnato sempre, che ha imparato a riflettere, lo studente che prende 9 nella pagella, può prendere 5 in una prova Invalsi proprio perché è molto bravo e pensa, riflette, si pone delle domande e non riesce a finire il test. E non so descriverle la rabbia che proviamo quando questo accade e non possiamo più dargli il voto alto che meriterebbe. Lei invece è sicuro non sia uno studente eccellente e che di certo non  meriti una borsa di studio. Sbaglia.
Lei ci offende, Francesco, e non glielo permetto. È per questo che pubblico quello che ha scritto e le rispondo. Lei dice che il 9 dato dagli insegnanti (che si capisce che lei considera degli incompetenti) non vale quanto un eventuale 5 dato dall’Invalsi attraverso i test (che, tra l’altro, spesso propongono domande, risposte e valutazioni discutibili). Soprattutto, dice che “i voti presi durante l'anno scolastico possono essere gonfiati dagli insegnanti”. “Gonfiati dagli insegnanti”? Ma per chi ci prende? Siamo tutti incapaci o disonesti?
Per quanto riguarda il fatto che lei ritiene che gli studenti italiani siano i più somari d’Europa e abbiamo molto da imparare dagli inglesi (perché crede ciecamente alla validità dei test Invalsi), che cosa dire? Le dico che, invece, noi che non crediamo così ciecamente alle prove Invalsi, possiamo dirle che i nostri studenti, quando vanno all'estero a studiare, ci fanno sempre sentire fieri di loro. Ovunque vadano. Ma evidentemente questo lei non lo sa.
Le suggerisco di essere un po’ meno sicuro, quando parla di cose che conosce poco.
Saluti.

martedì 10 giugno 2014

“Come si fa a non far vivere come una sconfitta la bocciatura?”. 462° post

Marianna mi scrive:

“Gentile Professoressa,
come si fa a non far vivere come una sconfitta la bocciatura?
Sono la mamma di un ragazzo di 15 anni che è stato bocciato in terza media. Era già stato bocciato in prima media, bocciatura un po' a sorpresa, perché pensavamo che avrebbe avuto dei "debiti" ma sarebbe stato ammesso alla classe successiva.
 Durante l'anno avevo più volte chiesto agli insegnanti che mi aiutassero a seguire il bambino a casa, perché il più delle volte, quando lui tornava a casa e io chiedevo "cosa avete fatto a scuola?" la risposta era "niente", quindi con tanta fatica (mia, ma anche del bambino) recuperavamo i compiti da fare e studiavamo a casa, ma gli insegnanti dopo avermi detto "si, si può fare" in effetti non mutarono nulla nel loro modo di procedere. Avevo chiesto nello specifico che stessero un pochino attenti che Mirko scrivesse sul diario di scuola i compiti e che cosa si era fatto il giorno a scuola. Nulla di più.
Mirko soffrì tantissimo della bocciatura, oltretutto inaspettata fino alla visione dei quadri.
L'anno successivo lo tolsi dal tempo prolungato e lo cambiai di sezione, cambiando tutto il corpo docente. Il primo anno, sempre fra alti e bassi andò benino e fu ammesso in seconda.
In seconda ancora una volta si ripresentarono gli stessi problemi: il riuscire a capire che cosa mio figlio facesse a scuola, che lezioni venissero fatte giorno per giorno e i compiti assegnati. Ogni sera dovevamo chiamare vari compagni di classe (perché uno non bastava: alcuni non sapevano nemmeno loro cosa era stato assegnato, oppure avevano indicazioni sbagliate). Ogni sera studiava con me o con mia madre (insegnante della scuola primaria, in pensione) e seppure con tantissimi debiti, fu ammesso alla terza.
Quest'anno mi ha chiesto di poter studiare da solo. Durante l'estate non ha fatto i compiti richiesti per poter recuperare le insufficienze. Premetto che le insufficienze erano in materie anche di differenti aree: matematica, geografia, musica, tecnica, storia...
Durante l'estate abbiamo anche fatto controlli specialistici perché abbiamo pensato che avesse un qualche disturbo dell'apprendimento, quello che ne scaturì dall'indagine è che il ragazzo soffre di assenza di autostima e ansia da prestazione. Parlai con gli insegnanti di questo e almeno con la professoressa di italiano storia e geografia si riuscì a penetrare dentro la corazza di Mirko, da lei veniva interrogato a tu per tu alla cattedra, senza esposizione davanti al resto della classe, gli venivano "spezzettate" le interrogazioni in più volte e qualche risultato si è ottenuto.
Per alcuni mesi ogni settimana andavo a scuola a chiedere copia del registro di classe, per sapere che cosa veniva fatto, cosa che serviva a ben poco visto che gli insegnanti non sempre scrivevano i compiti assegnati o gli argomenti trattati. Ancora una volta chiesi di seguire Mirko più nello specifico per aiutarmi a seguirlo a casa e mi fu risposto che "il ragazzo deve diventare autonomo".
Sono subentrati anche dei problemi familiari, e Mirko è diventato nei riguardi della scuola completamente indifferente. Un mese fa si è anche ammalato di bronchite, è mancato da scuola per 20 giorni e in questo periodo non c'è stata nessuna preoccupazione né dalla scuola né dai singoli insegnanti sul motivo per cui mio figlio mancasse così a lungo.
Ora quindi dopo aver letto tanti dei suoi articoli le chiedo come faccio a far capire a mio figlio che la bocciatura non è una cosa di cui vergognarsi? Non è una punizione, non è un fallimento suo quando invece questo è esattamente quello che gli è stato ripetuto dall'inizio dell'anno (e in quelli precedenti)?
La ringrazio tantissimo e mi scuso se mi sono dilungata oltremodo. Ma sono decisamente disgustata da quello che è diventato il sistema -scuola...o per non fare di tutta l'erba un fascio, della scuola che purtroppo mio figlio ha frequentato.  Marianna”

Gentile Marianna, capisco quello che prova e perciò cercherò di spiegarle il punto di vista degli insegnanti.
Se lei ha letto alcuni miei post, per esempio l’ultimo, vedrà che i problemi che gli insegnanti devono affrontare sono molti.
Lei e molti genitori che mi scrivono in questi giorni vorreste che l’insegnante seguisse ogni singolo alunno. In una classe ci sono di solito dai 20 ai 30 alunni. Vorreste che l’insegnasse, alla fine della lezione, controllasse che tutti i ragazzi abbiano scritto. Operativamente questo significherebbe concludere la lezione almeno venti minuti prima: dieci per assegnare i compiti, rispondere alle domande di chi non ha capito a che pagina, per quando, su che libro, ecc. E altri dieci, almeno, per  passare tra i banchi e controllare a uno a uno i diari, correggere eventuali errori, nel caos che si svilupperebbe nel frattempo. L’alternativa sarebbe controllare solo quello di suo figlio, ma sarebbe come dirgli “Controllo il tuo perché non sei capace di fare da solo”. E certo la sua autostima non aumenterebbe. Gentile Signora, non si può fare. Sarebbe possibile se ogni classe avesse un insegnante di appoggio (non di sostegno) che per esempio potesse portare fuori dalla classe l’alunno per aiutarlo a organizzarsi.
Ma anche se si potesse, sarebbe sbagliato farlo. Quello che le è stato detto – che il ragazzo deve diventare autonomo – è vero. Se avesse me come insegnante sarei ancora più esigente. Il ragazzo deve capire che deve studiare e deve fare da solo. La mancanza di autostima è un problema che nasce fuori dalla scuola. Lei pensa di aiutarlo, ma non lo aiuta:
<< L'anno successivo lo tolsi dal tempo prolungato e lo cambiai di sezione, cambiando tutto il corpo docente.>>
<< Con tanta fatica (mia, ma anche del bambino) recuperavamo i compiti da fare e studiavamo a casa >>
<< Ogni sera dovevamo chiamare vari compagni di classe (perché uno non bastava: alcuni non sapevano nemmeno loro cosa era stato assegnato, oppure avevano indicazioni sbagliate). Ogni sera studiava con me o con mia madre (insegnante della scuola primaria, in pensione)>>
Abbiamo un quindicenne che ogni giorno viene seguito a casa non da una ma da due persone. È come dirgli “Non sei capace di fare da solo”. Da dove dovrebbe nascere la sua autostima? Lo so che lei e sua madre lo fate per aiutarlo, ma traspare chiaramente che non lo credete in grado di fare da solo quello che – tra l’altro – fanno tutti gli altri.
Immagino quello che pensano gli insegnanti di una mamma che  << per alcuni mesi ogni settimana va a scuola a chiedere copia del registro di classe, per sapere che cosa veniva fatto, cosa che serviva a ben poco visto che gli insegnanti non sempre scrivevano i compiti assegnati o gli argomenti trattati.>>
È lui che a quindici anni deve informarsi, non la mamma. E sappia che moltissimi insegnanti non scrivono sul registro quello che assegnano per casa, compresa me. Sul registro di classe c’è una sola riga: come potrei scrivere tutto quello che assegno? E a che cosa serve, in realtà? Perché perdere tempo a scrivere? Eppure a lei sembra assurdo.
<< Come si fa a non far vivere come una sconfitta la bocciatura?>>
Credo che la bocciatura sia una sconfitta prima di tutto per lei. Lei dice << Mirko è diventato nei riguardi della scuola completamente indifferente>>
Probabilmente suo figlio ha finito per considerarsi fuori dal gioco, visto che se ne occupa lei. Se fossi in lei gli direi: <>
Credo che ammetterà di non aver studiato. E allora lei continui: <da solo
, più che puoi. È meglio che ti lasci fare da solo. Magari fai meglio. Ricorda che se ti impegni verrai promosso. È una decisione tua.>> Gli parli, lo lasci parlare, senza rimproverarlo e senza fare dei ricatti affettivi né di altro genere.
Poi lo lasci studiare (o non studiare) da solo. Soffra in silenzio, ma lo lasci fare quello che decide di fare. Se non studia, pazienza. È compito degli insegnanti quello di cercare di motivarlo allo studio. Compito suo è quello di farlo diventare sicuro di sé. Cosa che non avverrà, se continuerà a fare lei quello che dovrebbe fare lui. Probabilmente, gli trasmette (con le migliori intenzioni, lo so) l’idea che deve studiare per fare contenta lei. Si sforzi di non farlo. Lo apprezzi per quello che sa fare a casa, e gli faccia capire che a lei interessa lui, anche se non riesce a studiare, ma che lo studio gli serve per la vita ed è suo dovere impegnarsi.
La bocciatura è il risultato di molti fattori. Non dia la colpa agli insegnanti, perché da quello che mi dice non ne hanno. Non dia la colpa né a suo figlio né a se stessa. Se suo figlio fosse stato capace di impegnarsi lo avrebbe fatto. Evidentemente non ne è capace. E non era compito suo quello di far promuovere suo figlio. Cerchi di rifletterci sopra. Mi faccia sapere!



domenica 8 giugno 2014

“Gli insegnanti non vogliono essere valutati”. 461° post (necessariamente lungo)

Qualche giorno fa è uscito su Repubblica un articolo "Scuola: arrivano le pagelle per presidi e professori". Cito in particolare questo passaggio:
La partita più difficile da portare in porto sarà invece quella della valutazione degli insegnanti. I partiti di maggioranza hanno raggiunto un sostanziale accordo. Adesso si tratta di capire come differenziare gli stupendi degli insegnanti. Al momento, nessuno se la sente di parlare di un argomento che è stato tabù dal dopoguerra ad oggi. Dal cantiere uscirà una proposta con diverse sfumature. Saranno poi le forze politiche e sociali a confrontarsi sul tema per tracciare la strada da intraprendere. Una strada che si prevede piuttosto impervia visto che la categoria mal digerisce i giudizi sul proprio operato. Tra le ipotesi più accreditate la differenziazione dello stipendio in base alle funzioni aggiuntive assegnate all’insegnante e al tempo passato a scuola oltre l’orario di insegnamento."
E questo, su Matematicamente.it: “Ma a chi spetterà il compito di giudicare l’operato di professori e presidi? Non sarà facile eleggere “l’esaminatore” definitivo, tuttavia ci piace pensare che la voce degli studenti, in un modo o nell’altro, verrà ascoltata.”

È una lotta contro i mulini a vento: la gente non vuol capire. I giornalisti fanno la loro parte nel denigrare la classe insegnante, senza rendersi conto degli effetti negativi che questo comporta.
È davvero seccante constatare con quanta leggerezza certi giornalisti diffondono le idee che passano loro per la testa. Ogni volta che protestiamo per qualcosa (test Invalsi e valutazione degli insegnanti) se ne escono con la frase “gli insegnanti non vogliono essere valutati”. Così l’opinione pubblica riceve conferma dell’idea diffusa secondo la quale gli insegnanti sono fannulloni e impreparati, e di conseguenza hanno terrore di essere valutati. Non capisco chi consulta il governo, quando ragiona su questo discorso della valutazione degli insegnanti.
Mi rivolgo a chi ci governa e, per conoscenza,  a quei giornalisti e a quella buona fetta di opinione pubblica che pensa che abbiamo paura di essere valutati.
Ma chi ve lo ha detto? Abbiamo spiegato in tutte le salse (troppe volte, secondo me) che non abbiamo paura della valutazione, ma di una valutazione sbagliata, che premi i più fortunati e i più furbi.
Cercherò di essere sintetica.
La Scuola non funziona.
Gli edifici sono fatiscenti e non sicuri; banchi, sedie, cattedre, armadi, lavagne sono spesso rovinati; i muri sono scrostati, con crepe, o umidi; le porte e le finestre non si chiudono; c’è aria gelida d’inverno e bollente quando arriva il caldo; i finestroni non hanno tende; le aule sono piccole e dobbiamo stiparci come polli un numero esagerato di alunni (alla faccia della sicurezza); i bagni sono puzzolenti, spesso otturati perché non viene fatta la necessaria manutenzione, e le porte spesso non hanno chiavistello; i rubinetti perdono, e tutto è sporco perché avete ridotto sempre di più il numero dei collaboratori scolastici.
Non ci sono risorse neanche lontanamente sufficienti per attivare progetti per recuperare, accogliere, aiutare gli alunni; o offrire dei corsi di approfondimento che potrebbero potenziare le capacità degli alunni. Non avete previsto nessuna risorsa che ci permetta di offrire agli alunni visite a musei, a mostre o per assistere a spettacoli teatrali.
Il sistema scolastico è ormai vecchio e inadatto al mondo di oggi. Siamo ancora ai tempi della lavagna e del gessetto; della cattedra, degli orari a compartimenti stagni; dell’andare in laboratorio solo quando è libero. La stragrande maggioranza di noi non ha neppure un PC in classe; e non ha lavagna LIM, e quindi può usarla solo quando è disponibile. Se vogliamo che i bambini della primaria leggano, molte volte comperiamo noi i libri, con i nostri soldi; e i genitori devono comperare anche la carta igienica o autotassarsi per i giochi educativi. E continuate a dire che date tanti soldi ma non li sappiamo gestire. Certo, gestire il nulla è difficilissimo.
Nella Scuola di oggi gli insegnanti sono costretti a faticare il doppio perché la scuola non funziona. E molti ragazzi imparerebbero di più se frequentassero una scuola con maggiori opportunità di studio; se in classe non fossero più di venti; se l’ambiente fosse meno degradato; se potessimo portare a teatro, al cinema, a visitare un museo, una mostra in un’altra città tutti gli alunni e non soltanto quelli che possono permetterselo; se potessimo assumere altro personale per offrire a scuola dei corsi pomeridiani gratuiti di recupero per imparare ciò che non hanno capito; corsi di teatro, di scrittura creativa, di lingue, di cucito, di disegno, di musica; se potessimo avere a disposizione dei mediatori culturali per gli alunni stranieri che, iscrivendosi a scuola, hanno diritto ad essere accolti e aiutati; se potessimo avere a disposizione logopedisti o psicologi per aiutare i bambini e i ragazzi con esigenze educative speciali, perché non basta fare la legge, bisogna anche che ci mettiate in condizioni di aiutarli.
Su che cosa vorreste valutarci? Sui risultati dei nostri alunni? Cioè, con la Scuola in queste condizioni ci date degli alunni che hanno difficoltà, li mettete in classi pollaio, diminuite le ore di lezione e poi ci chiedete perché non sono migliorati e perché gli altri Stati ci passano avanti?
E poi, se a me tocca una classe dove gli alunni sono seguiti, mandati a lezione privata dai genitori sempre attenti e presenti, verrò premiata perché i ragazzi avranno buoni risultati? Verrò premiata perché sono stata fortunata?
E se invece mi tocca una classe piena di ragazzi in difficoltà, con esigenze educative speciali, che vivono in ambienti degradati e dei quali non conosciamo neppure i genitori perché non sono mai venuti, verrò penalizzata perché i ragazzi non studiano, non vengono a scuola, non sanno nulla e vengono bocciati? È colpa mia? Becco e bastonato, dunque.
E chi dovrebbe valutarci? Il dirigente, al quale – per risparmiare -  avete dato un numero assurdo di scuole da gestire, e che a stento riesce a conoscerci personalmente? O al dirigente che è ancora al suo posto nonostante abbia dimostrato di non essere capace di gestire nulla, o di essere vendicativo, o prepotente?
Gli studenti? E con quali competenze? In base al gradimento? Conosco un insegnante che permette agli alunni di fare quello che vogliono (anche giocare a carte) gli ultimi quindici minuti di ogni ora; permette di guardare un film sul cellulare o di telefonare, anche se è vietato; o di dormire sul banco se sono stanchi. Questo insegnante è apprezzatissimo dagli alunni. Verrebbe premiato, dunque.
In base ai voti che riceviamo? Cioè: io do un voto basso a te e tu dai un voto basso a me? Io ti metto una nota disciplinare o ti boccio e tu mi dai un voto basso? O qualcuno crede possibile la massima obiettività da parte di un bambino o di un ragazzo?
Dovremmo essere valutati “in base alle funzioni aggiuntive assegnate all'insegnante e al tempo passato a scuola oltre l’orario di insegnamento”? Ma lo sapete che ci sono insegnanti che fanno mille attività e trascurano completamente la classe, arrivando in ritardo perché “stanno parlando con il dirigente”, o “sono in segreteria perché c’è un problema”, o “sono in laboratorio perché c’è il tecnico”? E ci sono altri che lavorano come matti in classe e a casa e che secondo la vostra idea non avrebbero alcun riconoscimento? E che cosa significa in base “al tempo passato a scuola oltre l’orario di insegnamento”? Anche se si fermano a chiacchierare o a fare quello che altri fanno a casa?
Non è che non digeriamo i giudizi sul nostro operato. Ci piacerebbe molto, invece! Il fatto è che sappiamo che in queste condizioni una valutazione è assurda.
È come dare a un pilota un aereo mezzo sfasciato e poi dire che verrà valutato sull'efficienza dell’aereo, sulla sicurezza, sulla puntualità e sulla soddisfazione dei viaggiatori.

sabato 7 giugno 2014

Insegnare a fischiare? 460° post

Ci sono cose che gli insegnanti possono fare solo se muniti di un grande coraggio, e di voglia di affrontare le difficoltà, le discussioni e le grane.
Vorrei fare un esempio. 
Qualche giorno fa ho trovato per caso un tutorial per imparare a fischiare. Ho subito pensato che avrei potuto usarlo per insegnare ai ragazzi a fischiare. Sono sicura che qualcuno di voi, mentre legge, sta già pensando "Insegnare a fischiare? Ma che assurdità! E a che cosa serve? È una perdita di tempo! Insegna italiano, che cosa c’entra il fischiare?”. Qualcosa così, insomma. Figuriamoci i genitori.
Ho immaginato i ragazzi andare a casa e, alla classica domanda “Com'è andata a scuola oggi?”, rispondere “Bene. La professoressa Milani ci ha insegnato a fischiare!”. Ho immaginato anche i commenti e le facce dei genitori.
Ecco. A me piacerebbe che all'insegnante fosse lasciata la libertà di insegnare quello che ritiene opportuno, e non quello che agli altri sembra giusto (che di solito è il famoso “si è sempre fatto così”). Può darsi che molte delle cose che si sono sempre fatte siano ancora utili, ma non è detto.
Quando mi capita, insegno a fischiare, e vorrei dirvi perché. Tanti anni fa – avrò avuto vent'anni – io e altre due amiche ci siamo perse in un bosco, in montagna. È accaduto che, al ritorno da una passeggiata, improvvisamente è salita la nebbia. Una nebbia molto fitta che ci impediva di vedere dove stavamo andando. Ogni tanto, nei tratti più ripidi, scivolavamo sulle foglie umide, urlavamo i nomi di altri amici che che stavano tornando, come noi, al rifugio. Ma nessuno ci sentiva, perché pare che la nebbia attutisca i suoni. Si stava facendo notte, e abbiamo avuto molta paura. Per farla breve, alla fine siamo arrivate a destinazione. Lì ci dissero che se avessimo fischiato ci avrebbero sentito. Non so se sia vero, ma mi colpì molto e imparai a fischiare, per ogni evenienza.
Ecco, quando capita che, per qualche motivo, si parli del fischiare, dedico una parte della lezione ad insegnare come si fa a quelli che non lo sanno. Stranamente, sono in molti a non saper fischiare. Racconto la storia della nebbia, e parto con la "lezione di fischio". In realtà, a loro piace tornare a casa con questa novità. Io faccio una bella figura, perché mostro di saper fare qualcosa che non si aspettano. In quel momento mi pongo come una persona meno formale, che sa parlare anche di qualcosa di diverso da quello che c’è sui libri. È importante per loro e per il nostro rapporto. A me non interessa insegnare a fischiare, ma insegnare qualcosa che possa servire per la vita, anche se si tratta di una cosetta come il fischiare. Se potessi, insegnerei molte altre cose, di quelle che non ci sono sui libri. A volte insegno qualche strategia per memorizzare quindici parole dopo averle sentite una sola volta. A loro piace molto perché sembra quasi una magia. E mi piacerebbe insegnare qualcosa come accendere il fuoco con una lente, o sfregando due pezzi di legno. I ragazzi hanno bisogno di sentirsi importanti, sicuri di sé; hanno bisogno di saper fare qualcosa di speciale. Ed è questo che intendo fare quando decido di insegnare a fischiare. E mi piacerebbe che i genitori fossero più umili e non mi giudicassero. Vorrei che i genitori imparassero che il loro compito è quello di fare i genitori e non i controllori degli insegnanti. E mi piacerebbero che si rendessero conto del fatto che l'aver frequentato la scuola non dà loro la qualifica di esperti di didattica. Vorrei che pensassero che se faccio fare qualcosa un motivo ci sarà, anche se a loro non sembra chiaro. Ma se non lo capiscono e pretendono di sapere quello che è meglio fare, pazienza. Lo faccio lo stesso.
Quindi se vi viene in mente di insegnare qualcosa che temete che possa non essere capito dai genitori, fatelo. Non lasciatevi scoraggiare della grane e delle critiche. Quelle ci sono sempre.


mercoledì 4 giugno 2014

MEZZO MILIONE DI VISITE AL BLOG!!!!!!!



GRAZIE A TUTTI!!!

Sono molto contenta, perché non sono un personaggio famoso: non sono un politico, né un'attrice, né una campionessa di tennis, né una scrittrice, né una giornalista, né una cantante famosa; non do ricette, non racconto pettegolezzi, non offro programmi gratis, non parlo di calcio, né di cellulari, di smartphone e applicazioni. Insomma sono una persona normale come tutti voi e parlo di ragazzi, di insegnanti, di genitori, di figli e di alunni. Rifletto sulla vita. E, se ci pensate, è straordinario che in un'Italia come questa ci sia tanta gente che legge il mio blog.
Grazie a tutti.

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