La professoressa Isabella Milani è online

La professoressa Isabella Milani è online
"ISABELLA MILANI" è uno pseudonimo, scelto per tutelare la privacy dei miei alunni, dei loro genitori e dei miei colleghi. In questo modo ciò che descrivo nel blog e nel libro non può essere ricondotto a nessuno.

visite al blog di Isabella Milani dal 1 giugno 2010. Grazie a chi si ferma a leggere!

SCRIVIMI

all'indirizzo

professoressamilani@alice.it

ed esponi il tuo problema. Scrivi tranquillamente, e metti sempre un nome perché il tuo nome vero non comparirà assolutamente. Comparirà un nome fittizio e, se occorre, modificherò tutti i dati che possono renderti riconoscibile. Per questo motivo, mandandomi una lettera, accetti che io la pubblichi. Se i particolari cambiano, la sostanza no e quello che ti sembra che si verifichi solo a te capita a molti e perciò mi sembra giusto condividere sul blog la risposta. IMPORTANTE: se scrivi un commento sul BLOG, NON FIRMARE CON IL TUO NOME E COGNOME VERI se non vuoi essere riconosciuto, perché io non posso modificare i commenti.

Non mi scrivere sulla chat di Facebook, perché non posso rispondere da lì.

Ricevo molte mail e perciò capirai che purtroppo non posso più assicurare a tutti una risposta. Comunque, cerco di rispondere a tutti, e se vedi che non lo faccio, dopo un po' scrivimi di nuovo, perché può capitare che mi sfugga qualche messaggio.

Proprio perché ricevo molte lettere, ti prego, prima di chiedermi un parere, di leggere i post arretrati (ce ne sono moltissimi sulla scuola), usando la stringa di ricerca; capisco che è più lungo, ma devi capire anche che se ho già spiegato più volte un concetto mi sembra inutile farlo di nuovo, per fare risparmiare tempo a te :-)).

INFORMAZIONI PERSONALI

La mia foto
La professoressa Milani, toscana, è un’insegnante, una scrittrice e una blogger. Ha un’esperienza di insegnamento alle medie inferiori e superiori più che trentennale. Oggi si dedica a studiare, a scrivere e a dare consigli a insegnanti e genitori. "Isabella Milani" è uno pseudonimo, scelto per tutelare la privacy degli alunni, dei loro genitori e dei colleghi. È l'autrice di "L'ARTE DI INSEGNARE. Consigli pratici per gli insegnanti di oggi", e di "Maleducati o educati male. Consigli pratici di un'insegnante per una nuova intesa fra scuola e famiglia", entrambi per Vallardi.

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venerdì 15 febbraio 2013

PER FAVORE, SCRIVETEMI SOLO VIA MAIL!

Continuano ad arrivarmi quesiti via facebook o attraverso i commenti. 
Capisco che si tratta di persone che non hanno letto quello che ho scritto e perciò metto in evidenza il problema attraverso un post.
ATTENZIONE! Visto che ricevo molte lettere via mail, e che rispondo ad alcune in privato e ad altre con un post, non mi è possibile rispondere anche ai quesiti inseriti come commenti ai post né a quelli che vengono posti via facebook. Quindi, se desiderate una risposta, usate sempre la mia mail, per favore. 
                           Il mio indirizzo mail

Grazie!

giovedì 14 febbraio 2013

“Vorrei riconquistare la stima dei ragazzi, ma forse ormai è tardi”. 353° post.


Edoardo mi scrive:
“Spettabile Professoressa Isabella Milani,
mi presento: sono Edoardo, “giovane” docente (28 anni) di lingua spagnola in un istituto professionale, al suo secondo anno di insegnamento (precario).
Esordisco dicendole che ho letto con attenzione e passione il suo libro “Consigli pratici per giovani insegnanti”: è una riflessione preziosa e veritiera, non come altri manuali sulla didattica e sull'educazione  pieni d’indicazioni anonime e di retorica.
La ringrazio infinitamente perché, grazie alla lettura delle sue esperienze, ho avuto la possibilità di rivedere i miei tentativi di insegnare e di interrogarmi sugli innumerevoli errori commessi e che continuo a commettere.
Con i miei alunni ho sempre cercato di impostare un rapporto non troppo formale, quasi confidenziale, e ciò ha causato non pochi effetti devastanti: mancanze di rispetto (fortunatamente sporadiche), comportamenti non consoni al contesto scolastico (quali chiacchiericcio, disattenzioni e risate), nonché scarso impegno nello studio della materia. In definitiva, tutto quello che non dovrebbe andar fatto (come evinco dalla lettura del suo testo).
Vorrei tanto recuperare e riconquistare la stima nei miei confronti, mostrandomi autorevole ed essendo al tempo stesso comprensivo nei confronti dei miei ragazzi, nonostante spesso appaia come uno scoglio insormontabile.
Passo molto tempo a parlare con gli alunni più difficili, soprattutto fuori dalla classe, cercando di farli riflettere sulle mancanze di rispetto e sulla loro condotta negativa, sforzandomi di capire le ragioni di tale atteggiamento, tentando di lasciarli liberi di esprimere cosa sentono o cosa c’è che non va, ma il più delle volte si risolve in un nulla di fatto.
La cosa che più di tutte mi fa male è vedere come alcuni di loro ridano sotto i baffi quando cerco di riprenderli o rimproverarli per un comportamento irrispettoso o di sfida, e non so davvero che soluzione trovare in questi casi (spesso faccio finta di nulla, ignorando la loro derisione).
Il problema è che siamo a metà dell’anno scolastico, e vorrei tanto sperare di poter cambiare l’andazzo, ma nutro innumerevoli dubbi sulla possibilità di riuscire in questo intento, nonostante la ferma volontà di tutelare il bene dei miei ragazzi e di farli crescere ed aiutare nel processo di maturazione.
Per tale ragione ho deciso di scriverle, perché ho capito, dopo aver letto il suo illuminante libro, che lei è una delle poche persone sagge che possa aiutarmi in questo momento delicato, che possa consigliarmi su ciò che è meglio per i miei alunni e per me, affinché la lezione sia un momento di crescita, e non tempo di frustrazione e di distrazione.
Infine, la invito a continuare nella sua attività di scrittura: la sua sincerità e la sua onestà, nonché la sua autorevolezza e la sua solida esperienza, dovrebbero essere fonte d’ispirazione (non d‘imitazione) per chi si accinge e per chi desidera dedicarsi al mestiere più duro e al tempo stesso affascinante della vita.
In attesa di un suo riscontro e ringraziandola infinitamente della sua disponibilità e attenzione,
le invio i miei più cordiali saluti.  Edoardo”

Caro Edoardo,  grazie dei complimenti (che ho lasciato perché mi fanno piacere :-)).
Mi sembra che tu abbia già capito i tuoi errori e questo è già un grosso lavoro svolto.
Vorresti  ricostruire la stima dei tuoi alunni, e ti chiedi (e mi chiedi) se ormai è troppo tardi.
Scrivi: “Passo molto tempo a parlare con gli alunni più difficili, soprattutto fuori dalla classe, cercando di farli riflettere sulle mancanze di rispetto e sulla loro condotta negativa, sforzandomi di capire le ragioni di tale atteggiamento, tentando di lasciarli liberi di esprimere cosa sentono o cosa c’è che non va”: ottimo. Va benissimo, quello che stai facendo. “Il più delle volte si risolve in un nulla di fatto”? Ma è normale, caro Edoardo! Credi che quando io parlo fuori classe con i ragazzi mi basti una volta o due per risolvere i problemi? Assolutamente no! Può riuscirmi subito con un alunno che, occasionalmente, si comporta male. Ma con i ragazzi difficili è un lavoro di mesi, e a volte di anni. Migliorano – se ci riesci, e se non sei il solo insegnante a marciare in quella direzione- piano piano piano. Devi lavorarci su parecchio. E i consigli che do servono per suggerire delle strategie, ma poi devi trovare tu come adattarle ai singoli casi.
Vorrei darti un suggerimento per quanto riguarda questo passaggio: “La cosa che più di tutte mi fa male è vedere come alcuni di loro ridano sotto i baffi quando cerco di riprenderli o rimproverarli per un comportamento irrispettoso o di sfida, e non so davvero che soluzione trovare in questi casi (spesso faccio finta di nulla, ignorando la loro derisione).” Come ho già detto ad altri, Edoardo, non devi far finta di nulla, ignorando la loro derisione. Così sei sconfitto. Devi interrompere la lezione e mostrarti furibondo. Stai attento a mantenere un tono dignitoso, sicuro di te. Per farlo devi convincerti del fatto che assolutamente non possono permetterti di mancarti di rispetto. Devi lavorare su te stesso a casa: riflettici sopra a lungo. Quando ti sentirai convinto, agisci. Questo può essere un buon modo per tentare di spiazzarli: mostra un aspetto di te che non conoscono. E poi, se ti accorgi che sono rimasti disorientati, puoi dire qualcosa così: “Guardate che io sono capace anche di arrabbiarmi, se voglio. Finora non ho voluto. Adesso basta!”.
“Il problema è che siamo a metà dell’anno scolastico”, dici. È vero. È un problema. Non è facile cambiare rotta quando il mare è in tempesta. Ma bisogna che tu ci provi: applica un consiglio alla volta e  cerca di guadagnare terreno. Sicuramente, non migliorerà nulla se non proverai nulla.
Per finire tu pensi “lei è una delle poche persone sagge che possa aiutarmi in questo momento delicato, che possa consigliarmi su ciò che è meglio per i miei alunni e per me, affinché la lezione sia un momento di crescita, e non tempo di frustrazione e di distrazione.”. Non è vero, Edoardo. Non sono la sola che possa aiutarti: guardati intorno, a scuola, e scoprirai tanti altri insegnanti che sanno come tenere la classe e che sono disponibili. Chiedi aiuto e consiglio a loro. Esplicitamente. Non ti vergognare. All'inizio della mia carriera io l’ho fatto e se c’è qualcosa che mi sembra che una collega o un collega sappia fare meglio di me, io chiedo, semplicemente “Mi spieghi come fai tu?”.
Spero di averti aiutato. Fammi sapere!



domenica 10 febbraio 2013

Questo blog non è un forum. Prima parte. 353° post.

Attilio commenta* il  post n° 352:

“Buongiorno a tutti, sono un docente di scuola primaria e vorrei dire la mia su questo delicato tema. 
 A me la storia del "solo con lei si comportano male" sembra un modo di aggirare i veri problemi. Gli alunni sono tenuti a comportarsi educatamente chiunque sia il docente, sono in una scuola non in piazza. Ci sono scuole dove c'è un ricambio continuo di docenti, spesso di prima nomina o inesperti. Che facciamo, lasciamo che gli alunni facciano baraonda per anni finchè non arriva un docente che finalmente li mette a posto? Ma poi scusate se in ospedale, o al ristorante, o in palestra o all'università, o al bar o in un negozio o in qualunque altro posto un gruppo di adolescenti fa casino viene immediatamente richiamato all'ordine ed eventualmente mandato fuori a pedate! Possibile che solo a scuola si possa fare ciò che si vuole senza conseguenze? Ma così che insegnamento ricevono questi ragazzi?
Questo per dire che è arrivato il momento di rimettere l'educazione al primo posto già dalla scuola primaria. Come dice il collega, se per ottenere il rispetto è necessaria anche l'insufficienza sul registro pazienza, dispiace ma è il male minore. Attilio”.


Caro Attilio, gli alunni sono tenuti a comportarsi bene con tutti, ma se per esempio con te si comportano bene, con me si comportano bene, con il prof. Bianchetti si comportano bene, noi possiamo spiegare ai ragazzi (come facciamo) che devono comportarsi bene con tutti, ma già dicendo loro questo avvalliamo il concetto che l'altra insegnante, quella con la quale fanno confusione, è diversa da noi.
Non è vero che se "un gruppo di adolescenti fa casino viene immediatamente richiamato all'ordine ed eventualmente mandato fuori a pedate!". Continua e non accade nulla. Ma lì, se anche fosse così, il gruppo di ragazzi sarebbe di passaggio. Non è la stessa situazione.
Scrivi "è arrivato il momento di rimettere l'educazione al primo posto già dalla scuola primaria.". E' vero. Prima di tutto si gestisce la classe, a tutti i livelli.
Riguardo a questa frase "Come dice il collega, se per ottenere il rispetto è necessaria anche l'insufficienza sul registro pazienza, dispiace ma è il male minore.": è in contrasto con tutto quello che scrivo sul blog e nel libro.
I voti non sono il mezzo per "ottenere il rispetto".

Questo è un esempio di uno dei motivi per cui voglio che questo blog non diventi un forum: non sono d'accordo e la presenza di un concetto per me sbagliato mi costringe a chiarire in qualche modo perché lo ritengo sbagliato, altrimenti i lettori del blog possono pensare che io sia d'accordo. Non ho tempo di fare questo. E non ho neppure voglia di farlo. Per questo ci sono i forum.
Chiarisco, per l'ennesima volta la mia idea.
In questo blog e nel mio libro io descrivo tutto quello che ho capito in trenta anni di insegnamento e di studi. Spiego con più particolari che posso come si possono affrontare le difficoltà, come bisognerebbe insegnare, quale atteggiamento bisognerebbe tenere. Secondo me, è ovvio. E lo faccio proprio perché non voglio che tutto quello che ho imparato (a forza di errori, di sperimentazioni, di studio, di fatica, di grinta) vada perduto. Non lo faccio per aprire un dibattito. 
Ho visto che i libri pubblicati erano scritti da studiosi della didattica che non insegnavano nelle scuole (come me e come voi), e che contenevano riflessioni anche molto interessanti, ma non consigli pratici, e ho deciso di scrivere.
Scrivo sempre e soltanto ciò di cui sono convinta. Spiego che anch'io ho dei dubbi e delle difficoltà, e descrivo il mio modo di affrontare questi dubbi e queste difficoltà.
Quello che desidero è che chi si trova in difficoltà provi ad applicare i miei consigli, che provi ad adattarli alla situazione che vive e al suo carattere e poi mi dica le sue impressioni. Molti lo fanno. 
Chi non ne sente il bisogno, chi ha già nella vita quotidiana colleghi in carne ed ossa che gli danno consigli (nella mia scuola io lo faccio regolarmente con chi si trova in difficoltà) e pensa di non aver più nulla da imparare, chi non lo vuole fare, non lo faccia: non legga il libro, non legga il blog. Chi lo obbliga? A volte traspare anche un pizzico di rabbia/gelosia nel constatare che molti insegnanti leggono e apprezzano quello che scrivo. Lo trovo strano e assurdo. Credo che dovrebbero essere contenti. Ma non importa se non lo sono.
Uno può essere d'accordo o no, con quello che dico.
Può pensare che un libro di consigli non serva a nulla, perché, essendo ogni classe diversa, non esistono consigli che possano andare bene per tutti i casi e che l'unica cosa da fare è entrare, insegnare e bocciare. Dico sempre che i consigli vanno adattati, non solo ai ragazzi, tutti diversi – per età, per carattere, per background culturale e sociale – ma anche al carattere diverso di ognuno di noi. Mi sembra ovvio. Ma certi insegnanti credono che quello che a loro non riesce debba per forza essere impossibile per tutti. E, per lo stesso motivo, non tengono in nessuna considerazione il fatto che tanti colleghi che mi seguono raccontino di come siano riusciti a migliorare il loro insegnamento dopo aver letto i miei consigli.
Ho letto di tutto, anche fuori da questo blog. Riferito a me o ad altri insegnanti che la pensano come me. E non cito quello che si legge da parte di chi non è insegnante!
“Questa storia dell’autorevolezza è una gran cavolata!”, “Io sono a zero stress, della gratificazione sociale non me ne sbatte nulla e il mio stipendio è adeguato, perlomeno per la città dove vivo, con gli extra poi diviene eccelso.”; “Io non mi stresso per nulla, li riempio di compiti se non li fanno bene se non li fanno peggio per loro.. Certo lo stipendio e' un po' basso ma la matematica mi permette di arrotondare.. e ho un sacco di tempo libero...”, “l'idea della prof Milani che si arricchisce sulle spalle dei docenti non mi va giù” (e questa è stata in assoluto la frase più ridicola che ho letto);"Si potrebbe anche dire che tu, così prodiga di consigli (non gratuiti),non reggi il contraddittorio"; "Se alla fine, stringi stringi, si riduce tutto a un "cambiate mestiere", detto però con pompa prosopopaica, non credo che si aiuti molto il destinatario del consiglio. Non ho letto il tuo libro , ma scorrendo gli interventi di questo blog mi sono fatta questa idea" "Non mi interessa che tu mi cancelli i post. L'importante è dirti il fatto tuo"; "Potrei sempre riapparire con un altro nome e un altro stile per ribadire, sempre civilmente, le mie posizioni, evidentemente a te indigeste.." (Le ultime quattro frasi citate sono della stessa persona.)

Ma non posso (e non mi interessa) rispondere a chi spara stupidaggini e (in questo blog) non mi interessa neppure  rispondere a chi non capisce a che cosa serve quello che scrivo o a chi ha capito lucciole per lanterne perché ha letto un paio di post e anche di fretta. E (in questo blog) neppure mi interessa partecipare a dei dibattiti  con chi non è d’accordo con quello che dico. Perché questo blog non è nato con lo scopo di discutere.
Mi interesserebbe molto se partecipassi a una tavola rotonda, a un convegno o ad una conversazione con colleghi disposti a condividere, come faccio io, le loro osservazioni, i loro studi e le loro esperienze. Davanti a una tazza di tè, senza stupide e sterili polemiche. Ma non voglio raccogliere le provocazioni. Né rispondere a chi ha letto solo uno dei miei post e pretende di aver capito tutto. Né controbattere a chi, magari, afferma con grande sicurezza che i ragazzi difficili debbano essere bocciati e mandati via, per lasciare spazio a quelli bravi. Non lo deve scrivere qui, perché questo non è un forum.  E io non voglio dover rispondere che non sono d'accordo e perché. 

Ho deciso di rendere moderati i commenti (nel senso che prima di comparire, un commento dovrà essere approvato da me). Proviamo a vedere se funziona meglio.

*(grazie a Tania, che mi ha insegnato ad usare i tag nei commenti :-))

Seconda parte.

venerdì 8 febbraio 2013

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giovedì 7 febbraio 2013

“Ho paura che mi licenzino…” Seconda Parte 352°

PRIMA PARTE qui.

Cara Carmen, vorrei sottolineare qualche altra frase, fra quelle che hai scritto:
- “avendo sempre avuto nel cuore l'insegnamento”
 - “essendo laureata in ingegneria”
- “Voglio insegnare perché mi piace e perché so di poter trasmettere qualcosa.”
Dunque, Carmen, hai studiato molto, ami insegnare e sai di poter trasmettere qualcosa.
Il problema è: che cosa?
Ecco, devi riflettere su questo: in che cosa consiste quello che devi trasmettere? È la matematica? È la fisica? Sì, ma la matematica e la fisica sono solo una parte di quello che devi trasmettere.
Un insegnante, prima di tutto, deve trasmettere la voglia di imparare. Imparare che cosa? Tutto. Tutto quello che capita, di cui la matematica è solo una parte. Prima della matematica viene la vita. Tu, insegnante, devi educare, devi trasmettere anche come si affronta la vita, perché bisogna studiare, perché bisogna lavorare, perché non bisogna arrendersi di fronte alle difficoltà; devi trasmettere l’onestà, il senso di solidarietà, il senso di giustizia, l’amore per la vita, l’interesse verso gli altri, verso il mondo, verso le cose. Anche verso la matematica e la fisica. Devi insegnare che cosa è essenziale  e che cosa è superfluo, quali sono le priorità e perché è meglio mettere certi valori in cima alla scala e certi altri in fondo.
Per essere una buona insegnante, prima di insegnare a cucinare e a gustare dei piatti, devi fare venire loro appetito e voglia di cucinare.

Detto questo, Carmen, passiamo a riflettere sugli errori che puoi avere commesso. Scusami se, per aiutarti, devo essere molto esplicita.
Sintetizzo: i ragazzi ti ignorano (“è come se non fossi presente il aula”) e non ti rispettano come persona (“quando entro io in aula sembra che arrivi la scema del villaggio”) e, di conseguenza, neppure come insegnante (“non stanno attenti, chiacchierano tra di loro e giocano col cellulare, non mi considerano proprio,  prendono in giro (anche volgarmente), urlano, tirano sedie per terra facendo un fracasso tremendo, corrono in aula io anche se li richiamo, è come se non fossi presente il aula”).
Cara Carmen, tu per prima non ti rispetti. Proprio non ti consideri degna di rispetto. Tanto è vero che hai chiamato in aiuto qualcuno che hai dato per scontato che sarebbe stato rispettato più di te: il preside, la vicepreside. Hai “mandato uno dei rappresentanti di classe a chiamare la vicepreside”. Mi chiedo che cosa hai detto. “Vai a chiamare la vicepreside e dille di venire subito perché la classe non mi ascolta”? Qualcosa così? Hai certificato la tua inferiorità. La vicepreside è arrivata e tu hai ascoltato in silenzio. Che cosa avrà detto? “Vergognatevi! Dovete stare zitti anche con la professoressa!” (E questo “anche” significa parecchio…) Non dici che cosa hai detto quando “appena se n'è andata tutto è ricominciato…”. Spero che tu non abbia chiesto ai ragazzi come mai cinque minuti prima stavano tutti zitti…
Hai accettato che intervenissero i colleghi delle classi vicine, che “non riuscivano a far lezione a causa del rumore”. Immagino che sarai stata zitta, mentre loro (quelli che agli occhi degli alunni saranno apparsi come i “veri” insegnanti) rimproveravano la classe. Ovviamente, non puoi pensare di essere sembrata un’insegnante autorevole.
Le hai provate tutte, passando dal massimo della severità al massimo della tolleranza, calpestando da sola la tua dignità (facendo “lezione al muro facendo finta che loro seguissero mentre invece parlavano tra di loro” e facendo “finta di non sentire quando mi urlano improperi”.)
Ti sei chiesta che cosa c’è che non va in te (dando tu stessa per scontato che in te ci sia qualcosa che non va) e ti sei risposta che forse hai un aspetto fisico che “li irrita” (“sono antipatica come persona”, “sembro molto più giovane, sono bruttina e vesto sempre in jeans e maglione”), oppure che le tue lezioni “non sono ritenute interessanti”.
Cara Carmen, il mio consiglio è questo: prima di tutto devi chiarire bene a te stessa chi sei e che cosa ci fai in cattedra. Ricordati di tutto quello che hai studiato e di tutto quello che desideri insegnare. Convinciti del fatto che – come ho scritto sopra- la matematica non è l’unica cosa per cui entri in classe.
Poi, appena avrai guadagnato finalmente il rispetto di te stessa, devi diventare furibonda. Furibonda con i ragazzi, con la loro maleducazione, con la loro mancanza di rispetto. Se sono arrivati alle superiori così, tocca a te farli cambiare. “Con gli altri sono agnellini, si alzano in piedi quando entrano in classe e non si sente volare una mosca...”? Arrabbiati, rivendica – prima di tutto con te stessa- il diritto di essere rispettata come gli altri. Tu hai studiato tanto e loro non ascoltano neanche una parola? Tu hai un posto di lavoro e rischi di perderlo perché i signorini ti trovano antipatica, poco interessante? “Li irrita” il tuo aspetto fisico? E da quando gli insegnanti devono piacere fisicamente agli alunni? Sembri molto più giovane, sei bruttina e vesti sempre in jeans e maglione? E – per dirla senza tanti giri di parole -  chissenefrega? Ma ci mancherebbe altro! E come è l’insegnante “giusta”? Dobbiamo reclutare le insegnanti scrivendo “Trentacinquenne bella, alta, 90-60-90, elegante, cercasi per intrattenere classi di adolescenti maleducati. Costituisce titolo preferenziale, ma non indispensabile, un diploma o una laurea in qualcosa”?
Devi diventare furibonda.
Ma solo superficialmente. Perché in realtà, se loro sono arrivati alle superiori così – maleducati, insensibili e ingiusti- sei tu quella che deve insegnare loro che stanno comportandosi male. Devi essere severa e non transigere su nulla.
Mi chiedi: “Ma perché fin dalle elementari la scuola non li mette in riga questi maleducati?” Ti rispondo: perché a ognuno di noi tocca una parte di vita dell’alunno, e ognuno contribuisce a costruire qualcosa che possa servirgli per proseguirla al meglio.
Cara Carmen, devi avere molta più fiducia in te stessa, essere sicura di quello che fai e del perché lo fai, per trasmettere questa sicurezza ed essere rispettata.
Spero di averti aiutato! Fammi sapere!



Prima Parte qui

mercoledì 6 febbraio 2013

“Ho paura che mi licenzino…” Prima Parte. 351°


 Carmen mi scrive (ho "mescolato" due sue lettere):


"Gentilissima prof. Milani, sono un'insegnante di scuola media superiore di 40 anni. Dopo aver lavorato per 10 anni in aziende private e avendo sempre avuto nel cuore l'insegnamento, ho deciso 3 anni fa di diventare insegnante. Non sono abilitata ma, essendo laureata in ingegneria, tutti gli anni riesco ad ottenere una supplenza di matematica o di fisica. Ho avuto sempre supplenze in istituti tecnici o professionali (nelle classi prime e seconde), dove i ragazzi solitamente sono più turbolenti rispetto ai licei (forse anche per questo mi trovo in difficoltà), ma non ce la faccio più e devo trovare il modo di risolvere il problema del rispetto.
In pratica durante le mie lezioni accade questo: i ragazzi nel migliore dei casi non stanno attenti, chiacchierano tra di loro e giocano col cellulare, non mi considerano proprio anche se li richiamo, è come se non fossi presente il aula. Nel peggiore dei casi invece prendono in giro (anche volgarmente), urlano, tirano sedie per terra facendo un fracasso tremendo, corrono in aula e così via; tant'è che qualche volta sono intervenuti i colleghi delle classi adiacenti perché non riuscivano a far lezione a causa del rumore (s'immagini il mio imbarazzo, anzi la vergogna; stamani ho mandato uno dei rappresentanti di classe a chiamare la vicepreside ma non è servito a nulla: appena se n'è andata tutto è ricominciato...
Con altri colleghi invece sono agnellini, si alzano in piedi quando entrano in classe e non si sente volare una mosca... invece quando entro io in aula sembra che arrivi la scema del villaggio, con la quale si può fare ciò che si vuole.
Mi sono chiesta il perché di tale comportamento: forse dipende dal mio aspetto fisico che li irrita (sembro molto più giovane, sono bruttina e vesto sempre in jeans e maglione); oppure le mie lezioni non sono ritenute interessanti, oppure sono antipatica come persona, non lo so... so solo che in questi anni ho provato varie strategie: essere severa, essere disponibile, minacciare, essere accondiscendente, parlare dei loro problemi, mostrarmi interessata al loro futuro, dirgli che non me ne frega nulla di loro e della loro vita, zittirmi quando parlano loro, urlare a squarciagola, chiamare in classe il preside, fare lezione al muro facendo finta che loro seguissero mentre invece parlavano tra di loro, rispondere per le rime alle offese, far finta di non sentire quando mi urlano improperi, parlare coi genitori, dare il debito, e chi più ne ha più ne metta.... Ho avuto soltanto pochissime soddisfazioni da qualche alunno motivato che, nonostante tutto il marasma, è riuscito a seguire le lezioni ed a conseguire la sufficienza. 
Che devo fare secondo lei? Di rinunciare all'insegnamento non me la sento, anche perché non voglio rinunciare ad un lavoro solo perché una massa di maleducati che non ha voglia di studiare si comporta così!
Non so più che fare; forse ho avuto sfortuna a capitare in un istituto professionale perché magari al liceo i ragazzi sono più educati e si riesce a fare lezione; però quest'anno è così, e quindi devo trovare un modo per sopravvivere fino a giugno. A me basterebbe che stessero buoni, perché ho paura che mi licenzino dato che non so tenerli e non posso permettermelo perché ho una bimba piccola da crescere... non ho intenzione di cambiare lavoro per colpa di ragazzi maleducati, e poi a 40 anni chi mi prenderebbe a lavorare???
Voglio insegnare perché mi piace e perché so di poter trasmettere qualcosa; ma se hai sfortuna di avere classi così che devi fare?
Ma perché fin dalle elementari la scuola non li mette in riga questi maleducati?
Mi potrebbe dare qualche suggerimento? Gliene sarei davvero grata!!!
La saluto cordialmente Carmen" 

Cara Carmen, nell'attesa di risponderti, vorrei che tu leggessi il post 

 Subito dopo, leggi queste tue parole:
- non ce la faccio più
- non mi considerano proprio anche se li richiamo, è come se non fossi presente il aula
- qualche volta sono intervenuti i colleghi delle classi adiacenti perché non riuscivano a far lezione a causa del rumore 
- stamani ho mandato uno dei rappresentanti di classe a chiamare la vicepreside
- appena se n'è andata tutto è ricominciato...
quando entro io in aula sembra che arrivi la scema del villaggio
forse dipende dal mio aspetto fisico che li irrita (sembro molto più giovane, sono bruttina e vesto sempre in jeans e maglione);
- oppure le mie lezioni non sono ritenute interessanti, 
- oppure sono antipatica come persona, non lo so...
essere accondiscendente
-  chiamare in classe il preside 
- fare lezione al muro facendo finta che loro seguissero mentre invece parlavano tra di loro,
 - far finta di non sentire quando mi urlano improperi

Intanto, facciamo un po’ di verifica dell’apprendimento :-))) : vediamo, se fra i lettori che mi seguono da più tempo e che hanno letto anche il libro  c’è qualcuno che immagina come risponderò. Che cosa ne dite? Volete provare?

domenica 3 febbraio 2013

“Voglio dare le dimissioni…” . 350°


Lia mi scrive:
 “Carissima Isabella, mi chiamo Lia, e insegno matematica e scienza alle scuole medie. Lo scorso anno sono entrata di ruolo e quest'anno ho avuto la sede definitiva. Ho anche chiesto il part time per conciliare il lavoro con i miei tre figli, così ho solo due classi, una prima e una seconda. Ho sempre avuto momenti di sconforto in passato (ho letto il tuo libro più volte) e sono pochi anni che insegno, ma stavolta la situazione sta peggiorando, tanto da pensare che uno di questi giorni mi presenterò al DS e darò le dimissioni per sempre, mi crea grande angoscia anche arrivare fino a giugno. Mi spiego meglio. Dedico molta attenzione nella preparazione delle lezioni, cerco di puntare sulla partecipazione, di far ragionare, di fare esempi sempre vicini alla realtà, ma continuo a sentirmi sempre inadeguata. In seconda sono pochi quelli che studiano e anche quando sembrano attenti i risultati sono pessimi. Sono tanti e rumorosi, svogliati, con genitori che li coprono e li viziano sempre. Ho corretto le ultime verifiche con i lacrimoni... In prima però ho i veri problemi: un ragazzo ADHD, con pochissimo sostegno, con cui mi trovo completamente sola le ultime due ore del venerdì. È incontenibile, non ha voglia di fare niente, rifiuta ciò che gli propongo e passa il tempo a tormentare gli altri a volte anche pesantemente. Ho provato molte strategie, ma ora è peggiorato, sembra divertirsi alle mie spalle. Se ignoro quello che fa inizia ad infastidire gli altri in maniera pesante, danneggiando i loro materiali o sbattendo loro i libri sulla testa o cose più gravi (è stato sospeso tre volte). Sono stata sempre disponibile con lui, ma ora inizio a stancarmi, non riesco a seguire il resto della classe, a spiegare, perfino le verifiche sono una presa in giro con lui che canta e si rotola sotto le sedie dei compagni. La preside si sta muovendo richiedendo controlli e visite ulteriori, ma la madre è poco collaborativa. Sono avvilita, mi sento impotente e non so come fare. Ho paura che ne combini una grossa e di rischiare anche penalmente, vale la pena per quel misero stipendio che prendo? Sto rovinando le giornate dei miei figli che avrebbero diritto di avere una madre serena, non così... Per questo a volte penso davvero di mollare tutto, che anche se sono preparata mi manca qualcosa, soprattutto la capacità di confinare a scuola le frustrazioni del lavoro. E poi mi sento inadeguata, non riesco ad essere all'altezza di tutto, a scuola ci sono troppe richieste e con 30 studenti io non ce la faccio, ognuno ha i suoi problemi ed è impossibile seguirli come meritano.
Forse semplicemente non ho la vocazione per questo lavoro.... E penso di non meritare tutto ciò, piuttosto abbandono tutto !! Scusa il lungo sfogo, ma sono davvero in crisi, ogni volta che devo entrare in quella classe (che pure sarebbe una bella classe) non ci dormo la notte sapendo in che stato uscirò.  Grazie per aver letto.  Lia”


Cara Lia, coraggio! Insegnare è difficile, lo sai. L’ho detto tante volte. Altro che 18 ore!
C’è l’anno in cui ci sono meno problemi e l’anno in cui ci sono enormi problemi. Bisogna farsene una ragione. Tu – credimi – pretendi davvero troppo da te stessa. Rileggi:
“Dedico molta attenzione nella preparazione delle lezioni, cerco di puntare sulla partecipazione, di far ragionare, di fare esempi sempre vicini alla realtà”: quindi fai il tuo lavoro meglio che puoi. Eppure dici:
“continuo a sentirmi sempre inadeguata”: e perché? Non riuscire sempre e con tutti è normale. Credi che a me riesca tutto bene? Credi che io non faccia errori con i ragazzi? Credi che io non perda mai la pazienza? Credi che quando mi capita un alunno molto problematico io non mi innervosisca perché devo interrompere la lezione, e che non mi arrabbi con me stessa perché non riesco a trovare una soluzione? Credi che non mi senta stanca, frustrata? Se lo credi, sbagli.
Dici “Sono avvilita, mi sento impotente e non so come fare”: è normale! Hai in classe un ragazzo ADHD, con pochissimo sostegno, con cui ti trovi completamente sola le ultime due ore del venerdì.” Per questo, ringraziamo i governi che, ogni volta, tolgono risorse. Lia, prendi atto del fatto che se sei sola con una ragazzo che è “incontenibile, non ha voglia di fare niente…e passa il tempo a tormentare gli altri a volte anche pesantemente…danneggiando i loro materiali o sbattendo loro i libri sulla testa o cose più gravi” (“sola” si fa per dire, visto che intendi “sola con tutti gli altri alunni della classe”): non puoi fare praticamente nulla. Non ci riuscirei neppure io, credimi. Ci sono situazioni che non possiamo affrontare. Ma la differenza fra il tuo atteggiamento (“a volte penso davvero di mollare tutto”, “uno di questi giorni mi presenterò al DS e darò le dimissioni per sempre, mi crea grande angoscia anche arrivare fino a giugno”) e il mio, è questo: io sono consapevole dei limiti che ho come insegnante, mentre tu credi che sia tuo dovere essere perfetta: “anche se sono preparata mi manca qualcosa, soprattutto la capacità di confinare a scuola le frustrazioni del lavoro. E poi mi sento inadeguata, non riesco ad essere all'altezza di tutto, a scuola ci sono troppe richieste e con 30 studenti io non ce la faccio, ognuno ha i suoi problemi ed è impossibile seguirli come meritano.”. Cara Lia, ma come possiamo essere all'altezza di tutto quello che ci chiedono di fare? Non possiamo. Ma dobbiamo provare. Quando ho un problema, io ci penso tutto il giorno finché non ho trovato una soluzione. Fallo anche tu.
Riflettici, e cancella l’idea delle dimissioni. Con la scarsità di posti di lavoro che c'è, tu vuoi mollare tutto?
Decidi quali sono le cose che puoi fare e quelle che è normale che tu non riesca a fare. Vedrai che tutto ti apparirà in un’altra ottica. Intanto, puoi appoggiare la tua preside, che “si sta muovendo, richiedendo controlli e visite ulteriori” per trovare soluzioni e risorse per tentare di recuperare il ragazzo. Prendi delle decisioni con l’insegnante di sostegno. Parlane in consiglio di classe. Scrivi una lettera protocollata dove formalmente metti al corrente (anche se lo sa già) il dirigente della situazione, e chiedi che cosa devi fare quando ci sono situazioni potenzialmente pericolose.
Spero di averti aiutato. Fammi sapere!

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