Attilio commenta* il post n° 352:
“Buongiorno a tutti, sono un docente di scuola
primaria e vorrei dire la mia su questo delicato tema.
A me la
storia del "solo con lei si comportano male" sembra un modo di
aggirare i veri problemi. Gli alunni sono tenuti a comportarsi educatamente
chiunque sia il docente, sono in una scuola non in piazza. Ci sono scuole dove
c'è un ricambio continuo di docenti, spesso di prima nomina o inesperti. Che
facciamo, lasciamo che gli alunni facciano baraonda per anni finchè non arriva
un docente che finalmente li mette a posto? Ma poi scusate se in
ospedale, o al ristorante, o in palestra o all'università, o al bar o in un
negozio o in qualunque altro posto un gruppo di adolescenti fa casino viene
immediatamente richiamato all'ordine ed eventualmente mandato fuori a pedate!
Possibile che solo a scuola si possa fare ciò che si vuole senza conseguenze?
Ma così che insegnamento ricevono questi ragazzi?
Questo per dire che è arrivato il momento di
rimettere l'educazione al primo posto già dalla scuola primaria. Come dice il
collega, se per ottenere il rispetto è necessaria anche l'insufficienza sul
registro pazienza, dispiace ma è il male minore. Attilio”.
Caro
Attilio, gli alunni sono tenuti a comportarsi bene con tutti, ma se per esempio
con te si comportano bene, con me si comportano bene, con il prof. Bianchetti
si comportano bene, noi possiamo spiegare ai ragazzi (come facciamo) che devono
comportarsi bene con tutti, ma già dicendo loro questo avvalliamo il concetto
che l'altra insegnante, quella con la quale fanno confusione, è diversa da noi.
Non
è vero che se "un gruppo di adolescenti fa casino viene immediatamente
richiamato all'ordine ed eventualmente mandato fuori a pedate!". Continua
e non accade nulla. Ma lì, se anche fosse così, il gruppo di ragazzi sarebbe di
passaggio. Non è la stessa situazione.
Scrivi
"è arrivato il momento di rimettere l'educazione al primo posto già dalla
scuola primaria.". E' vero. Prima di tutto si gestisce la classe, a tutti
i livelli.
Riguardo
a questa frase "Come dice il collega, se per ottenere il rispetto è
necessaria anche l'insufficienza sul registro pazienza, dispiace ma è il male
minore.": è in contrasto con tutto quello che scrivo sul blog e nel libro.
I
voti non sono il mezzo per "ottenere il rispetto".
Questo
è un esempio di uno dei motivi per cui voglio che questo blog non diventi un
forum: non sono d'accordo e la presenza di un concetto per me sbagliato mi
costringe a chiarire in qualche modo perché lo ritengo sbagliato, altrimenti i
lettori del blog possono pensare che io sia d'accordo. Non ho tempo di fare
questo. E non ho neppure voglia di farlo. Per questo ci sono i forum.
Chiarisco,
per l'ennesima volta la mia idea.
In
questo blog e nel mio libro io descrivo tutto quello che ho capito in trenta
anni di insegnamento e di studi. Spiego con più particolari che posso come si
possono affrontare le difficoltà, come bisognerebbe insegnare, quale
atteggiamento bisognerebbe tenere. Secondo me, è ovvio. E lo faccio proprio
perché non voglio che tutto quello che ho imparato (a forza di errori, di
sperimentazioni, di studio, di fatica, di grinta) vada perduto. Non lo faccio
per aprire un dibattito.
Ho visto che i libri pubblicati erano scritti da studiosi della didattica che non insegnavano nelle scuole (come me e come voi), e che contenevano riflessioni anche molto interessanti, ma non consigli pratici, e ho deciso di scrivere.
Scrivo
sempre e soltanto ciò di cui sono convinta. Spiego che anch'io ho dei dubbi e
delle difficoltà, e descrivo il mio modo di affrontare questi dubbi e queste
difficoltà.
Quello
che desidero è che chi si trova in difficoltà provi ad applicare i miei
consigli, che provi ad adattarli alla situazione che vive e al suo carattere e poi mi dica le sue impressioni. Molti lo fanno.
Chi non ne sente il bisogno, chi ha già nella vita quotidiana colleghi in carne ed ossa che gli danno consigli (nella mia scuola io lo faccio regolarmente con chi si trova in difficoltà) e pensa di non aver più nulla da imparare, chi non lo vuole fare, non lo faccia: non legga il libro, non legga il blog. Chi lo obbliga? A
volte traspare anche un pizzico di rabbia/gelosia nel constatare che molti insegnanti
leggono e apprezzano quello che scrivo. Lo trovo strano e assurdo. Credo che
dovrebbero essere contenti. Ma non importa se non lo sono.
Uno
può essere d'accordo o no, con quello che dico.
Può
pensare che un libro di consigli non serva a nulla, perché, essendo ogni
classe diversa, non esistono consigli che possano andare bene per tutti i casi e
che l'unica cosa da fare è entrare, insegnare e bocciare. Dico sempre che i
consigli vanno adattati, non solo ai ragazzi, tutti diversi – per età, per carattere,
per background culturale e sociale – ma anche al carattere diverso di ognuno di
noi. Mi sembra ovvio. Ma certi insegnanti credono che quello che a loro non
riesce debba per forza essere impossibile per tutti. E, per lo stesso motivo,
non tengono in nessuna considerazione il fatto che tanti colleghi che mi
seguono raccontino di come siano riusciti a migliorare il loro insegnamento
dopo aver letto i miei consigli.
Ho
letto di tutto, anche fuori da questo blog. Riferito a me o ad altri insegnanti
che la pensano come me. E non cito quello che si legge da parte di chi non è
insegnante!
“Questa storia dell’autorevolezza è una gran
cavolata!”, “Io sono a zero stress, della
gratificazione sociale non me ne sbatte nulla e il mio stipendio è adeguato,
perlomeno per la città dove vivo, con gli extra poi diviene eccelso.”; “Io non mi stresso per nulla, li riempio di compiti se non
li fanno bene se non li fanno peggio per loro.. Certo lo stipendio e' un po'
basso ma la matematica mi permette di arrotondare.. e ho un sacco di tempo
libero...”, “l'idea della prof Milani che si arricchisce sulle spalle
dei docenti non mi va giù” (e questa è stata in assoluto la frase più ridicola
che ho letto);"Si potrebbe anche dire che tu, così prodiga di consigli (non gratuiti),non reggi
il contraddittorio"; "Se alla fine, stringi stringi, si riduce tutto a un "cambiate mestiere", detto
però con pompa prosopopaica, non credo che si aiuti molto il destinatario del
consiglio. Non ho letto il tuo libro , ma scorrendo gli interventi di questo blog mi sono
fatta questa idea" "Non mi interessa che tu mi cancelli i post. L'importante è dirti il fatto
tuo"; "Potrei sempre riapparire con un altro nome e un altro stile per ribadire, sempre
civilmente, le mie posizioni, evidentemente a te indigeste.." (Le ultime quattro frasi citate sono della stessa persona.)
Ma non posso (e non mi interessa) rispondere a chi spara
stupidaggini e (in questo blog) non mi interessa neppure rispondere a chi non capisce a che cosa serve
quello che scrivo o a chi ha capito lucciole per lanterne perché ha letto un paio di post e anche di fretta. E (in questo blog) neppure mi interessa partecipare a dei dibattiti con chi non è d’accordo con quello che dico. Perché questo blog non è nato con lo scopo di discutere.
Mi interesserebbe molto
se partecipassi a una tavola rotonda, a un convegno o ad una conversazione con
colleghi disposti a condividere, come faccio io, le loro osservazioni, i loro
studi e le loro esperienze. Davanti a una tazza di tè, senza stupide e sterili
polemiche. Ma non voglio raccogliere le provocazioni. Né rispondere a chi ha
letto solo uno dei miei post e pretende di aver capito tutto. Né controbattere a chi,
magari, afferma con grande sicurezza che i
ragazzi difficili debbano essere bocciati e mandati via, per lasciare spazio a
quelli bravi. Non lo deve scrivere qui, perché questo non è un forum. E io non voglio dover rispondere che non sono d'accordo e perché.
Ho deciso di rendere moderati i commenti (nel senso
che prima di comparire, un commento dovrà essere approvato da me). Proviamo a vedere se funziona meglio.
*(grazie a Tania, che mi ha insegnato ad usare i tag nei commenti :-))
Seconda parte.