Edoardo mi scrive:
“Spettabile Professoressa
Isabella Milani,
mi presento: sono Edoardo,
“giovane” docente (28 anni) di lingua spagnola in un istituto professionale, al
suo secondo anno di insegnamento (precario).
Esordisco dicendole che ho letto
con attenzione e passione il suo libro “Consigli pratici per giovani
insegnanti”: è una riflessione preziosa e veritiera, non come altri manuali
sulla didattica e sull'educazione pieni d’indicazioni anonime e di retorica.
La ringrazio infinitamente
perché, grazie alla lettura delle sue esperienze, ho avuto la possibilità di
rivedere i miei tentativi di insegnare e di interrogarmi sugli innumerevoli
errori commessi e che continuo a commettere.
Con i miei alunni ho sempre
cercato di impostare un rapporto non troppo formale, quasi confidenziale, e ciò
ha causato non pochi effetti devastanti: mancanze di rispetto (fortunatamente
sporadiche), comportamenti non consoni al contesto scolastico (quali chiacchiericcio,
disattenzioni e risate), nonché scarso impegno nello studio della materia. In
definitiva, tutto quello che non dovrebbe andar fatto (come evinco dalla
lettura del suo testo).
Vorrei tanto recuperare e
riconquistare la stima nei miei confronti, mostrandomi autorevole ed essendo al
tempo stesso comprensivo nei confronti dei miei ragazzi, nonostante spesso
appaia come uno scoglio insormontabile.
Passo molto tempo a parlare con
gli alunni più difficili, soprattutto fuori dalla classe, cercando di farli
riflettere sulle mancanze di rispetto e sulla loro condotta negativa,
sforzandomi di capire le ragioni di tale atteggiamento, tentando di lasciarli
liberi di esprimere cosa sentono o cosa c’è che non va, ma il più delle volte
si risolve in un nulla di fatto.
La cosa che più di tutte mi fa
male è vedere come alcuni di loro ridano sotto i baffi quando cerco di
riprenderli o rimproverarli per un comportamento irrispettoso o di sfida, e non
so davvero che soluzione trovare in questi casi (spesso faccio finta di nulla,
ignorando la loro derisione).
Il problema è che siamo a metà
dell’anno scolastico, e vorrei tanto sperare di poter cambiare l’andazzo, ma
nutro innumerevoli dubbi sulla possibilità di riuscire in questo intento,
nonostante la ferma volontà di tutelare il bene dei miei ragazzi e di farli
crescere ed aiutare nel processo di maturazione.
Per tale ragione ho deciso di
scriverle, perché ho capito, dopo aver letto il suo illuminante libro, che lei
è una delle poche persone sagge che possa aiutarmi in questo momento delicato,
che possa consigliarmi su ciò che è meglio per i miei alunni e per me, affinché
la lezione sia un momento di crescita, e non tempo di frustrazione e di
distrazione.
Infine, la invito a continuare
nella sua attività di scrittura: la sua sincerità e la sua onestà, nonché la
sua autorevolezza e la sua solida esperienza, dovrebbero essere fonte
d’ispirazione (non d‘imitazione) per chi si accinge e per chi desidera
dedicarsi al mestiere più duro e al tempo stesso affascinante della vita.
In attesa di un suo riscontro e
ringraziandola infinitamente della sua disponibilità e attenzione,
le invio i miei più cordiali
saluti. Edoardo”
Caro Edoardo, grazie dei complimenti (che ho lasciato perché
mi fanno piacere :-)).
Mi sembra che tu abbia già capito
i tuoi errori e questo è già un grosso lavoro svolto.
Vorresti ricostruire la stima dei tuoi alunni, e ti
chiedi (e mi chiedi) se ormai è troppo tardi.
Scrivi: “Passo molto tempo a
parlare con gli alunni più difficili, soprattutto fuori dalla classe, cercando
di farli riflettere sulle mancanze di rispetto e sulla loro condotta negativa,
sforzandomi di capire le ragioni di tale atteggiamento, tentando di lasciarli
liberi di esprimere cosa sentono o cosa c’è che non va”: ottimo. Va benissimo,
quello che stai facendo. “Il più delle volte si risolve in un nulla di fatto”? Ma
è normale, caro Edoardo! Credi che quando io parlo fuori classe con i ragazzi
mi basti una volta o due per risolvere i problemi? Assolutamente no! Può riuscirmi
subito con un alunno che, occasionalmente, si comporta male. Ma con i ragazzi
difficili è un lavoro di mesi, e a volte di anni. Migliorano – se ci riesci, e
se non sei il solo insegnante a marciare in quella direzione- piano piano
piano. Devi lavorarci su parecchio. E i consigli che do servono per suggerire
delle strategie, ma poi devi trovare tu come adattarle ai singoli casi.
Vorrei darti un suggerimento per
quanto riguarda questo passaggio: “La cosa che più di tutte mi fa male è vedere
come alcuni di loro ridano sotto i baffi quando cerco di riprenderli o
rimproverarli per un comportamento irrispettoso o di sfida, e non so davvero
che soluzione trovare in questi casi (spesso faccio finta di nulla, ignorando
la loro derisione).” Come ho già detto ad altri, Edoardo, non devi far finta di
nulla, ignorando la loro derisione. Così sei sconfitto. Devi interrompere la
lezione e mostrarti furibondo. Stai attento a mantenere un tono dignitoso,
sicuro di te. Per farlo devi convincerti del fatto che assolutamente non
possono permetterti di mancarti di rispetto. Devi lavorare su te stesso a casa:
riflettici sopra a lungo. Quando ti sentirai convinto, agisci. Questo può
essere un buon modo per tentare di spiazzarli: mostra un aspetto di te che non
conoscono. E poi, se ti accorgi che sono rimasti disorientati, puoi dire
qualcosa così: “Guardate che io sono capace anche di arrabbiarmi, se voglio. Finora
non ho voluto. Adesso basta!”.
“Il problema è che siamo a metà
dell’anno scolastico”, dici. È vero. È un problema. Non è facile cambiare rotta
quando il mare è in tempesta. Ma bisogna che tu ci provi: applica un consiglio
alla volta e cerca di guadagnare
terreno. Sicuramente, non migliorerà nulla se non proverai nulla.
Per finire tu pensi “lei è una
delle poche persone sagge che possa aiutarmi in questo momento delicato, che
possa consigliarmi su ciò che è meglio per i miei alunni e per me, affinché la
lezione sia un momento di crescita, e non tempo di frustrazione e di
distrazione.”. Non è vero, Edoardo. Non sono la sola che possa aiutarti: guardati
intorno, a scuola, e scoprirai tanti altri insegnanti che sanno come tenere la
classe e che sono disponibili. Chiedi aiuto e consiglio a loro. Esplicitamente.
Non ti vergognare. All'inizio della mia carriera io l’ho fatto e se c’è
qualcosa che mi sembra che una collega o un collega sappia fare meglio di me,
io chiedo, semplicemente “Mi spieghi come fai tu?”.
Spero di averti aiutato. Fammi
sapere!