Ricevo molte lettere che
hanno come argomento il problema della gestione di alunni difficili, che
possono essere un pericolo per sé e per gli altri, e dell’atteggiamento che
molti dirigenti hanno riguardo al problema. Mi si racconta di bambini o ragazzi
con questi comportamenti: canta, fischia, lancia oggetti, ride sguaiatamente;
entra in classe urlando; protesta, offende i compagni e l'insegnante; parla a
voce alta, si alza, cammina per la classe, pretende di cambiare posto, prende
in giro i compagni, risponde aggressivamente all'insegnante, si muove
continuamente, lasciando cadere oggetti, allungando le mani e toccando il
materiale del compagno di banco per creargli disturbo; interviene continuamente
a sproposito; si rifiuta di consegnare il diario o di aprire il libro o di
scrivere; chiede di uscire continuamente, ecc.
Tutti gli insegnanti hanno
esperienza di casi come questi. E anche i genitori (mi scrivono anche loro
perché i loro figli hanno in classe compagni problematici) hanno spesso avuto
esperienza di classi con alunni che rendono la vita difficile ai loro figli.
Ecco, una per tutte, la
lettera di Silvana:
“Gentile professoressa, le
scrissi durante lo scorso anno scolastico a proposito di un mio alunno che
manifestava tutti i sintomi di iperattività e le dissi che ero riuscita, con
non poca fatica, a fare in modo che la madre richiedesse le visite utili ad
assegnargli un supporto.
La visita è stata
programmata per il mese di novembre, intanto noi come scuola, e la stessa
madre, abbiamo richiesto l'intervento di un educatore in classe. Risposta del
Comune: "Non ci sono soldi"... E non ce ne sono neanche per
sostituire la Docente di Sostegno già presente in classe quando usufruisce del
suo giorno libero. Mi ritrovo così con un bambino presumibilmente iperattivo da
certificare e uno autistico certificato... da sola. Le chiedo: " Chi dei
due ha la priorità?" e ancora " E gli altri 17?" ... Le pongo
anche un'altra domanda :- Chi deve rincorrere ( perché di questo si tratta)
l'alunno iperattivo nel corridoio e chi lo deve sollevare letteralmente di peso
quando si "inchioda" al pavimento?- L'unica soluzione che abbiamo
trovato è quella di creare qualche ora di compresenza, ma, davvero, per carenza
di docenti di sostegno e di educatori, spesso sono sola ad affrontare
situazioni che mi creano ansia, stress e dolori alla schiena non
indifferenti... Anche perché il bambino iperattivo costituisce un reale
pericolo per sé e gli altri e l'enorme pazienza e fiducia di cui godo da parte
degli altri genitori... prima o poi avrà termine. Gradirei un suo consiglio. La
saluto. Silvana”
Il problema della
responsabilità non è un problema da poco. Se accade qualcosa in classe, cioè se
qualcuno si fa male, la colpa è dell’insegnante che si trova in classe in quel
momento, che dovrà dimostrare di non aver potuto prevedere l’evento e di non
aver potuto fare nulla per impedirlo.
Nella Scuola di oggi la
situazione è davvero molto pericolosa: classi pollaio, molti bambini problematici
che non possono essere aiutati per mancanza di personale; poche ore di sostegno
o – se non ci sono certificazioni – nessuna ora di sostegno; poche possibilità
di supplire gli insegnanti assenti, soprattutto quelli di sostegno; conseguente
cattiva (e illegittima) abitudine di “usare” gli insegnanti di sostegno come
tappabuchi; l’abitudine di ricorrere al frazionamento delle classi in cui non
si riesce a sostituire l’insegnante assente, distribuendo gli alunni a
gruppetti in altre classi, con conseguente violazione delle norme di sicurezza
e disturbo del regolare svolgimento delle lezioni.
Quando – nel blog e nel
libro - parlo di “classi difficili” intendo classi in cui ci sono alunni che
hanno problemi di comportamento che derivano principalmente da un loro vissuto
di disagio, di degrado, di violenza. Con loro si possono attivare strategie e
si può riuscire – tutti insieme- a gestirli e ad aiutarli, se i problemi non
diventano patologici o vicini alla patologia. Noi abbiamo il dovere di essere
capaci di gestire le situazioni conflittuali e gli alunni problematici. Se è
possibile a qualcuno gestire la classe in modo che nessuno corra dei rischi,
allora significa che si può fare e dobbiamo essere capaci di farlo. Se non ci
riesce, la colpa diventa nostra.
Ma se un insegnante ha uno
o più alunni con disturbi del comportamento come la sindrome da deficit di
attenzione e iperattività, o con disturbi psichiatrici come la psicosi, il
rischio di incidenti diventa molto alto e l’insegnante deve assolutamente essere
aiutato, perché da solo non può farcela.
Di solito, quando gli
insegnanti di un Consiglio di classe hanno difficoltà a portare avanti le
lezioni e gli alunni non riescono a seguire a causa di continue interruzioni, e
quando durante la lezione si verificano situazioni potenzialmente pericolose,
si rivolgono al Dirigente per chiedere di trovare delle risorse – umane ed
economiche – per cercare di risolvere il problema e per aiutare il ragazzo e la
classe.
Ed ecco che i dirigenti –
a loro volta responsabili di molte scuole – allargano le braccia e si
dichiarano impotenti perché “non ci sono soldi”; il Comune o l’Asl rispondono
che “non ci sono soldi” e l’alunno, le classi e gli insegnanti vengono lasciati
soli. Oppure i docenti vengono accusati di non essere capaci di trovare delle
strategie per gestire le classi.
Che
cosa fare? Non bisogna accettare questo “non ci sono soldi”, e, tantomeno
questo “non siete capaci di gestire la classe, ed è compito vostro trovare le
strategie adatte”. I soldi devono essere trovati, e il dirigente deve capire
che gli insegnanti –nelle situazioni in cui si trovano a volte- non possono
fare miracoli, né avere il dono dell’ubiquità. Bisogna combattere, per ottenere
che Dirigente, Comune e Asl si assumano le loro responsabilità. Bisogna
scrivere lettere con le quali si informa della potenziale pericolosità di un
certo alunno, e di situazioni di rischio per insegnanti e docenti. Bisogna
farle protocollare. Bisogna non stancarsi di chiedere. E bisogna anche
tutelarsi, perché se accade un incidente nella classe pollaio, dove ai tanti
alunni si sono aggiunti tre o quattro alunni di altre classi; se un alunno
violento picchia un compagno e lo ferisce – magari gravemente- la colpa è
dell’insegnante. E se avevate soltanto detto che l’alunno poteva diventare
pericoloso (come dice un antichissimo proverbio, “verba volant, scripta
manent”, cioè le parole volano, gli scritti rimangono” ricordatelo!), se
avevate protestato a voce perché nella classe non c’era lo spazio minimo
stabilito dalla legge; se avevate informato solo a voce che l’alunno aveva già
mostrato la volontà di picchiare, tutti se ne dimenticheranno e la colpa sarà
data a voi che eravate in cattedra in quel momento.
Ed
è davvero interessante sapere che cosa succederebbe nel caso descritto da
Silvana. Secondo me l’insegnante verrebbe accusato di non aver segnalato la
potenziale pericolosità della situazione (lo ripeto: verba volant!). Allora,
Silvana, metti per iscritto il quesito al dirigente, facendo presente che la
soluzione “chiami il bidello a sorvegliare la classe e vada dietro all'alunno
che scappa” spesso non è praticabile perché anche i bidelli sono pochi e spesso
impegnati altrove.
Fate
tutto quello che potete per gestire la situazione e per aiutare gli alunni in
difficoltà, e poi, se non ci riuscite, scrivete. Scrivete tutti, e segnalate al
dirigente (per iscritto) i casi in cui la situazione può degenerare.
Tutelatevi. Durante i consigli di classe in cui è presente il dirigente,
descrivete la situazione nei dettagli e mettete tutto a verbale, compreso il
fatto che avete chiesto al dirigente come può essere gestita la situazione.
Molto spesso gli insegnanti e i genitori hanno paura di scontrarsi con il
dirigente e chi propone di presentare le richieste in forma scritta non trova
collaborazione. Molti insegnanti si sentono in colpa anche quando hanno ragione e hanno paura di conseguenze, se protestano, perché non conoscono le leggi. Se quei colleghi e quei genitori preferiscono sperare che non
accada nulla e toccare ferro, scrivete da soli la lettera. E – lo ripeto –
fatela protocollare.