Se la Scuola va male (perché,
da molti punti di vista, va indubbiamente male), di chi è la colpa?
Il problema è molto complesso
e ci sono colpe un po' per tutti.
Dobbiamo metterci in
discussione, come genitori e come insegnanti. Dobbiamo provare a cambiare le
cose. Ho scritto dei genitori. Adesso tocca agli insegnanti. Degli insegnanti
scrivo di meno, perché tutto il blog è pieno di consigli e riflessioni su come
gli insegnanti devono cambiare. Anche in questo caso non posso offrire la
soluzione di tutti i problemi. È ovvio.
Ma faccio qualche riflessione
e do qualche consiglio.
Veniamo buttati tra i flutti
di un mare che a volte è forza 7 e andiamo sott'acqua e risaliamo in superficie
continuamente. Secondo me alla fine ci lasciamo sopraffare. Siamo
demoralizzati. Cerchiamo di sopravvivere a un lavoro faticoso e frustrante. E
molti di noi perdono la voglia di nuotare e si lasciano affondare, diventando
noiosi, noiosissimi. Facciamo il minimo indispensabile per evitare le grane che
nel nostro lavoro sono all’ordine del giorno. E alla fine vince il “chi me lo
fa fare?”.
Mi rivolgo ai bravi
insegnanti, perché la (molto piccola) percentuale di fannulloni o di
impreparati è irrilevante ai fini del cambiamento della Scuola. Noi siamo molti
di più.
Mi rivolgo a quelli che
vedono benissimo le cose che non vanno, ma non fanno nulla perché hanno paura
delle grane che potrebbero avere. A quelli che pensano che i problemi siano
troppi e che non si possa più porci rimedio; a quelli che hanno gettato la
spugna, a quelli che si sono lasciati sopraffare dal mare in tempesta. A loro dico: dovete reagire! dovete resistere!
dovete avere il coraggio di cambiare! L’insegnamento non è un lavoro che si può
fare a metà. O siete insegnanti o siete impiegati della Scuola.
Osservate anche voi la
realtà, come devono fare i genitori. Guardatevi intorno e constatate quanta
maleducazione, quanta volgarità, quanta mancanza di sensibilità e di
solidarietà ci circondano. E parlo prima di tutto degli adulti. Lo dite anche
voi, vero, quando siete a casa o fra gli amici più stretti? E allora perché non
decidete di parlare, una buona volta! E diciamolo, che i ragazzi devono
imparare l’educazione! Facciamolo capire ai genitori. Anche se questo ci potrà
costare la lettera di protesta che il genitore scriverà al dirigente contro di
voi. E diciamolo, che i genitori abdicano al loro ruolo, E se i bambini e i
ragazzi mangiano scorrettamente, ditelo, anche se la mamma si offenderà. Se è
assurdo che un bambino di dieci anni stia alzato a guardare la televisione fino
alle undici di sera, ditelo. Mi raccomando, ditelo perbenino, con tatto, ma
ditelo!
Combattete! Se buttano via i
soldi per cose inutili, ditelo! Se è sbagliato dare a un ragazzino di 12 anni
un iPhone da sei o settecento euro, ditelo. E ditelo anche ai ragazzi. Ma senza
colpevolizzare loro, che sono i meno colpevoli. Spiegate come la società li
vuole: spendaccioni e svogliati. E spiegate che cosa fa per ottenere che loro
desiderino quel certo cellulare più di ogni altra cosa. Ma per saperlo fare,
per essere convincenti, dovete prepararvi, studiare l’argomento.
Dedicate del tempo a far
capire ai vostri alunni che devono rendersi conto che se desiderano un oggetto è
perché ci sono fior di specialisti che studiano per indirizzare i loro desideri,
per farli spendere. E convinceteli del fatto che sono loro che devono prendere
le redini della loro vita e costruire il loro futuro, pensando con la loro
testa. Spiegate che senza fatica non si ottiene niente di prezioso, che se non
saranno preparati, se non avranno studiato rimarranno fermi al palo, dietro a
quelli che studiavano, mentre loro pensavano a divertirsi.
Insegnate loro ad accettare
la fatica e ad avere fiducia nella vita. Non vi stancate di parlare loro
dell’importanza della lettura e dello studio. Non date per scontato che è una
causa persa. Non è vero. Se sarete convinti sarete convincenti e riuscirete a
cambiare qualcosa. Un po’ per uno, insieme ai genitori, possiamo farcela. La
colpa di quello che non va non è nostra. E non è neanche dei genitori, che sono
– anche loro come i figli- vittime di una società consumistica di cui ho già
molte volte parlato.
Ma non possiamo più
permettere che le cose continuino così.
E quando a scuola c’è
qualcosa che non va, protestate. Se un collega non fa nulla, diteglielo. Se una
collega dice “deficienti” ai bambini, ditele che deve smetterla. Quei bambini
sono anche vostri alunni e avete il dovere di aiutarli.
Se i bidelli maltrattano gli
alunni, non tacete. Parlate, invece! Se il dirigente è interessato solo a
cautelarsi, a discapito di insegnanti e alunni, parlate. Abbiate in coraggio di
cambiare le cose. Scrivete, convincete gli altri a parlare, a scrivere, a
denunciare. Se i Governo vara leggi per la Scuola che vi sembrano sbagliate, protestate!
Quello che fanno di male i
vostri colleghi o dirigenti non sono affari loro. Sono affari di tutti, anche
vostri. E dei vostri alunni.
“Se qualcuno ti impedisce di
lavorare bene, rovina anche il tuo lavoro. Digli di smettere!”, per parafrasare
la frase sul problema del fumo passivo.
E se i ragazzi non vi
ascoltano, se vi trovano noiosi, se sono distratti da altri interessi, da
futili cose, reagite! Voi siete gli insegnanti! Dovete insegnare. Dovete
trovare il modo di insegnare! Aggiornatevi sempre! Studiate! Cercate. Non
potete continuare a insegnare ogni anno la stessa cosa. È noioso, per voi e per
loro. Se avete studiato all’università, da molti anni, ricordatevi che il mondo
va avanti – oggi in modo velocissimo – e che le cose cambiano continuamente. Se
avevate studiato che in Etiopia le bambine non andavano a scuola, per esempio,
sappiate che già “nel 2000 le studentesse erano il 41% delle bambine in età scolare
e nel 2013 sono addirittura salite all’83%.”* Non si può continuare per anni con
lo stesso discorso. Vale per tutte le materie.
Studiate nuove strategie. C’è
sicuramente un modo per fare breccia nel loro disinteresse, anche se sono i
ragazzi più difficili, più menefreghisti, più annoiati d’Italia. Consideratela
una sfida. Non dovete ascoltare chi vi dice “io me ne frego e se non vogliono
imparare che si arrangino!”. Questo significa non essere bravi insegnanti. O,
meglio, non essere insegnanti, ma impiegati nella Scuola.
*Edoardo Vigna su “Sette” del Corriere della Sera