Gentile Professoressa, sono la mamma di una
ragazza che frequenta l'ultimo anno del liceo scientifico. Mia figlia ha
riportato sempre dei buoni voti, anche se ha dovuto combattere contro i
compagni raccomandati, figli e parenti di insegnanti, che hanno dovuto prendere
sempre voti superiori, come se si disponesse solo di alcuni 9 da mettere solo
ai privilegiati.
Ebbene, mia figlia, dalla classe III, dopo essere
stata anche ricoverata in ospedale per una forte anemia, con conseguente
diagnosi di celiachia, manifestatasi per stress per un'interrogazione di cui
non era soddisfatta, ha avuto un'insegnante di chimica che l'ha sempre
rimandata fino all'anno scorso quando mia figlia aveva una pagella con 8 e 9. Quest'anno,
dopo averla interrogata due volte, continua a dire che non studia (durante
l'interrogazione le parla contemporaneamente) e che dovrebbe ripetere come la
compagna diversamente abile, che però ha tutto facilitato perché ha il
programma ridotto. Inoltre non perde occasione per mortificarla. Mia figlia
studia e non vuole fare brutta figura, ma mio marito ed io non sappiamo come
aiutarla, la sentiamo piangere e la vediamo stressata. Abbiamo parlato sia con
l'insegnante, chiedendole se dovevamo mandarla a ripetizioni e ci ha risposto
di no, che con la preside, ma è stato tutto inutile.
Io la mando a scuola, ma non sono tranquilla: la
scuola non dovrebbe essere una seconda casa?
Nell’attesa di ricevere un suo consiglio, ringrazio e porgo
distinti saluti. Nelly
Gentile Nelly, no, la
scuola non dovrebbe essere una seconda casa, i compagni non dovrebbero essere
come fratelli, gli insegnanti non dovrebbero essere come secondi genitori e gli
alunni non dovrebbero essere come figli per gli insegnanti. Sono situazioni
diverse e devono rimanere diverse.
A scuola i bambini e
i ragazzi imparano a stare in società, fuori dalla casa e dalla famiglia. È un
ambiente protetto, ma questo non significa che non devono provare qualche
sentimento spiacevole come la paura di essere interrogati, il disagio di essere
rimproverati davanti a tutti quando sbagliano, la frustrazione di avere delle
difficoltà o di essere meno bravi di altri. È così che imparano ad affrontare
le difficoltà.
Per poterle dare un
consiglio le faccio notare delle frasi che ha scritto e le commento.
> Con questa frase lei dà per scontato che gli insegnanti
siano tutti persone disoneste che danno voti più alti a figli e parenti e che
chi prende voti alti è perché è raccomandato. Qualunque insegnante che legge
questa frase si offende. Personalmente ho avuto mio figlio nella stessa scuola
in cui insegno e nessuno gli ha mai regalato nulla. Ho avuto figli di amici e
non ho mai regalato nulla. E come me anche tutti i miei colleghi.
<… ricoverata in ospedale per una forte anemia, con
conseguente diagnosi di celiachia, manifestatasi per stress per
un'interrogazione di cui non era soddisfatta> In pratica, lei dà la colpa all’insegnante dello stress per
un'interrogazione di cui sua figlia non era soddisfatta. Di nuovo dà la colpa
all’insegnante e non a sua figlia, che magari aveva studiato, ma forse non
aveva saputo studiare o non aveva studiato quanto serviva, o ha delle
difficoltà in quella materia. Inoltre, una reazione così forte a una
interrogazione dimostra a noi insegnanti che l’alunna ha paura del giudizio dei
genitori. Quando capita che un ragazzo piange o si dispera per un voto, mando a
chiamare i genitori per dire loro che probabilmente il figlio ha paura di
deluderli ed emerge sempre (ma proprio sempre, nella mia esperienza) che i
genitori tengono molto ai voti, chiedono dettagli sui voti degli altri,
esprimono delusione, ecc. I ragazzi si preoccupano dei voti solo se si
preoccupano i genitori. Nel suo caso, credo che sia probabile che lei – senza accorgersene
- abbia espresso dei dubbi sull’onestà degli insegnanti, abbia mostrato delusione,
abbia fatto pensare a sua figlia di essere perseguitata. La frase: non perde occasione per mortificarla” lo
dimostra. Senza accorgersene lei la
fa sentire perseguitata da un’insegnante che la mortifica apposta. Non la fa
stare bene, mi creda.
< ha avuto un'insegnante di chimica che l'ha sempre
rimandata fino all'anno scorso quando mia figlia aveva una pagella con 8 e 9.> Cara signora, che cosa le fa pensare che se un’alunna ha
tutti 8 e 9 non possa prendere 5 di una materia? E, soprattutto, sua figlia ha
il diritto di avere una materia in cui non riesce bene. Lei ha messo molto in
evidenza quel 5 dimostrando di non accettare che sua figlia non sia “perfetta”.
È come se le avesse detto “No, non è possibile! Allora non sei perfetta! Non può
essere colpa tua quel 5 perché io ti voglio perfetta. È colpa dell’insegnante
che ce l’ha con te!”. Senza rendercene conto possiamo dire anche questo. Il
comportamento da tenere quando nostro figlio, anche se ha studiato, va male in
una materia non è quello di prendersela con l’insegnante e nemmeno con lui. Bisogna
fargli capire il concetto “Dai, cerca di mettercela tutta. Vedrai che ce la
fai. E se non ce la fai, pazienza, non si possono avere tutti bei voti!”.
Prima di tutto: come fa lei
a sapere che “durante l'interrogazione le
parla contemporaneamente”? Evidentemente lei indaga sui motivi dell’insufficienza,
e sua figlia si difende come può. Se lei le fa il terzo grado per cercare di
dimostrare che il voto è ingiusto, sta facendo una cosa che non le compete e
che danneggia sua figlia, mortificandola e facendola sentire trattata
ingiustamente dall’insegnante. Le consiglio di non farlo più. Inoltre: che cosa
le fa pensare che l’insegnante non possa parlare mentre interroga? È una
ragazza di quinta liceo! Deve essere in grado di rispondere anche se viene
interrotta.
< dovrebbe ripetere come la compagna diversamente abile,
che però ha tutto facilitato perché ha il programma ridotto.> Questa frase non l’ho capita. Considera la compagna una
privilegiata?
Cara Nelly, se fossi in sua figlia piangerei anch’io.
Come aiutarla? La lasci vivere, le permetta di sbagliare e di avere dei punti
deboli, non le parli più male degli insegnanti, non le faccia mai pensare che
le persone (insegnanti o no) le vogliono male, le dica che nella vita non si
può essere perfetti e che ha il diritto di sbagliare; la mandi un po’ a
lezione, senza farle sentire le ripetizioni come una sconfitta. Infine: legga
tutto il blog e vedrà quanti ottimi insegnanti ci sono nelle scuole italiane.
So che non era quello che voleva sentirsi dire, Nelly,
ma è quello che può aiutarla. Mi faccia sapere.