Ripartire dalla scuola. Nel suo intervento programmatico, in aula al Senato per chiedere al fiducia, Matteo Renzi l'ha detto chiaro e tondo: bisogna ripensare alla scuola, ridare dignità al ruolo degli insegnanti, dedicare attenzione all'edilizia scolastica. Del resto il premier ha una testimonianza diretta di quella realtà: la moglie Agnese è infatti professoressa in un liceo scientifico di Pontassieve. E non è un caso che la sua prima uscita pubblica da premier sia stata proprio in una scuola a Treviso il 26 febbraio scorso.
Nelle aule, milioni di studenti, insegnanti e collaboratori attendono con ansia di vedere cosa farà il nuovo governo. Di scuola si parla sempre, con risultati altalenanti. "Renzi non ha detto di più di quello che dicono tutti quando si insediano", ha detto a Cadoinpiedi.it Isabella Milani, docente, blogger e autrice di L'arte di insegnare. Consigli pratici per gli insegnanti di oggi (Vallardi, 2013).
DOMANDA: Il premier ha detto di voler intraprendere un tour delle scuole italiane. Cosa ne pensa?
RISPOSTA: Mi pare una cosa solo simbolica. Bisognerebbe farlo davvero, invece.
D: Cosa si aspetta da un governo che mette tra le sue priorità la scuola?
R: Sinceramente Renzi non ha detto niente di più di quello che dicono tutti quando si insediano. Quello che mi interessa invece è che il ministro della Pubblica Istruzione non porti avanti, tanto per dirne una, l'idea di aumentare il numero di ore di lezione in cattedra lanciata suo tempo da Mario Monti. Più di 18 ore di lezione, non si possono fare se non occasionalmente.
D: E dell'attenzione promessa all'edilizia scolastica che pensa?
R: Mi pare una chimera. Nelle scuole è difficilissimo anche solo farsi riparare una tapparella dal Comune. Si rompe, il Comune viene dopo un mese, e se nel frattempo se ne è rotta l'altra loro non la aggiustano, perché si deve rifare tutto l'iter da capo.
D: Da dove partire?
R: Noi vorremmo che si partisse dalla messa in sicurezza e dalla ristrutturazione delle scuole. Cose come tende alle finestre, gli infissi, i riscaldamenti adeguati. Si sta male nelle scuole, d'inverno fa freddo, d'estate fa caldissimo. I ragazzi sono in venticinque, trenta, in un'unica classe, con i banchi rotti, le sedie che traballano. Poi vorremmo anche che tutte le scuole fossero ristrutturate in modo da avere uno spazio per ogni insegnante con scrivania, stampante, pc, libreria. Noi vogliamo lavorare 36 ore tutte a scuola, perché ora lavoriamo di più e consumiamo la nostra roba, stampiamo a nostre spese.
D: La situazione è complicata. Quali sono a suo parere gli aspetti del sistema scolastico su cui intervenire con urgenza?
R: La scuola è come una costruzione coi cubi, se togli un cubo viene giù tutto. Alcune criticità sono relative agli insegnanti, non si ha una visione corretta del loro ruolo e del loro lavoro. Bisogna che vengano chiariti alcuni punti: qual è il nostro orario di lavoro? Dall'esterno c'è una visione negativa, Brunetta ci disse che siamo fannulloni. Ma noi mica lavoriamo 18 ore, sono 18 ore in classe e almeno 36 complessive. Eppure questa visione negativa porta al fatto che anche con tutte quelle ore di lavoro aggiuntive che facciamo - correggere i compiti la domenica o la sera tardi, ricercare materiali - siamo costretti a giustificarci.
D: In effetti le critiche sono tante.
R: Dobbiamo decidere: l'insegnamento è o no un lavoro usurante? Il ministro Carrozza ha detto di sì, e il dottor Lodolo D'oria ha passato vent'anni a studiare il problema del burnout degli insegnanti. Bisogna chiarire se nella scuola ci sono davvero degli insegnanti incapaci e poi, eventualmente, individuarli.
D: E ci sono?
R: Se ci sono come ci sono entrati? L'Università prima, e lo Stato poi li hanno dichiarati idonei e sono stati assunti. Se poi si rivelano incapaci di chi è la colpa? Io dico che ce ne sono pochissimi. E come mai, anche se individuati, non si riesce a mandarli via?
D: Arriviamo al discorso della valutazione degli insegnanti.
R: Noi siamo d'accordo sulla valutazione, ma come si stabilisce chi è capace o no? Lo decidono i genitori che vengono a dire la loro senza sapere quello che succede in classe? O gli studenti che prendono un brutto voto? Serve una valutazione esterna, ma è difficile. Vorremmo capire come il ministro prende le sue decisioni, chi ascolta. Perché non ascolta gli insegnanti che dedicano tanto attenzione alla scuola, piuttosto dei professori universitari che non ci entrano mai?
D: Che altro serve?
R: I ragazzi hanno bisogno di molto più aiuto di quello che sembra. Oggi ci troviamo tra i banchi figli di disoccupati, chi non ha soldi per i libri, chi ha situazioni difficili a casa e siamo impreparati. Per non parlare del sistema di valutazione, che senso ha dare i voti in questa situazione?
D: Come valutare allora gli studenti?
R: Noi diamo i voti come cinquant'anni fa. Gli esami, come sono oggi, finiscono per valutare principalmente i contenuti, non si riesce a valutare altre cose che i ragazzi sanno fare. Ho letto che le prove Invalsi nei prossimi tre anni costeranno 14 milioni di euro all'anno. Spendiamo tanto per una cosa che fatta così com'è non serve a nulla. La valutazione va fatta a inizio e fine di un percorso in base a quello che fa l'insegnante.
D: Qualche giorno fa si ipotizzava l'abolizione dell'esame di terza media. Che ne pensa?
R: Penso che noi insegnanti ci troviamo costretti a promuovere i ragazzi anche quando sappiamo che non sono in grado di andare alle superiori. Non possiamo fare altrimenti. Se un medico non guarisce un malato è un cattivo medico? Bisogna vedere se gli sono stati forniti gli strumenti per guarirlo. Per mettere un esame in fondo a un percorso lo Stato dovrebbe avermi fornito gli strumenti che servono per aiutare chi non ce la fa ma non ci sono le risorse necessarie. Sembra una strada senza uscita. Servirebbe piuttosto un orientamento alla fine delle medie per scegliere il percorso da seguire, ma è tutto affidato alla volontà dei singoli professori.
D: Renzi ha parlato di ridare dignità al ruolo dei docenti.
R: Se gli insegnanti venissero rispettati di più dall'opinione pubblica in generale, la gente accetterebbe la loro importanza e quindi anche il governo si sentirebbe di spendere più soldi per la scuola. L'insegnamento è un lavoro duro e usurante: per questo io penso anche che i ragazzi hanno diritto ad avere giovani come insegnanti. A 60 gli insegnanti che non se la sentono più devono essere lasciati andare in pensione. Perché a una certa età si è stanchi anche di essere entusiasti in classe.