Caro Franco, capisco
quello che provi. Capisco la fatica di insegnare “quando si entra in classe senza avere a
disposizione il 110% delle proprie energie psicofisiche” (figurati la fatica di chi insegna da molti anni!).
Tutti notiamo quello che
hai notato tu: “i
ragazzi, casinisti come allora, non rispettano più i professori come ai miei
tempi. Non solo chiacchierano e si distraggono, ma non si fanno alcun
problema a rivolgersi in maniera insolente ai propri docenti, […] hanno un
livello di preparazione notevolmente più basso di trent'anni fa. Arrivano dalle
elementari ignorando molte nozioni disciplinari di base che avrebbero
invece dovuto conoscere, non sanno stare in classe, alzare la mano, parlare uno
alla volta, scrivere i compiti sul diario, studiare su un libro, fare un
riassunto, scrivere un tema o un semplice pensierino”.
Sono dati di
fatto. Il problema è che poi tu, come moltissimi fanno, ti lasci tentare
dall’individuare come cause di tutti i mali della Scuola atteggiamenti e scelte
didattiche che in realtà sono giusti:
“[…]. I ragazzi devono essere motivati,
coinvolti, divertiti più che invogliati allo studio. […] Questo è l’andazzo,
che coinvolge anche i presidi: la scuola deve essere appetitosa per l’utenza,
quindi presentare una amplissima offerta didattica e non, divertire e non
punire, svagare più che insegnare, essere luccicante e piena di mostrini più
che essere autorevole, solida e SERIA.
Del resto la collega che mi aveva preceduto aveva
un metodo coerente con questa impostazione: nessuno studio teorico o esperienza
informatica (pur previsti dalle Indicazioni Nazionali), ma solo disegni,
disegni facili, valutati con grande generosità, svolti nelle due ore
settimanali in classe al ritmo della musica ascoltata dai ragazzi nelle loro
cuffiette.”
Caro Franco,
il discorso è molto più complesso. Mi sembra che tu lo abbia semplificato un
po’ troppo. So che hai letto e apprezzato il mio libro e perciò ti invito a
rileggerlo: vedrai che anch’io dico che la Scuola deve divertire e non punire. Non
necessariamente divertire e non sempre punire. La punizione è l’ultima risorsa,
e, in realtà, serve a poco, per i motivi che ho già spiegato più volte. La Scuola
deve essere interessante, deve essere accogliente e, quando possibile,
divertente. I ragazzi devono, sì, imparare a faticare, anche molto, ma devono
studiare perché lo vogliono e perché capiscono che serve, e non perché sono
obbligati con un clima del terrore. È vero che “i ragazzi devono essere motivati, coinvolti, divertiti”. E questo
non esclude che possano essere “invogliati
allo studio”. Anzi, il piacere di stare a scuola è la premessa dell’amore
per lo studio. Una scuola che sa anche divertire non è meno “autorevole, solida e seria”. E una
scuola noiosa e pesante non è sicuramente autorevole, solida e seria.
Dissento
fortemente da chi scrive libri e divulga l’idea che anche la Scuola dell’obbligo
debba essere selettiva, e che non si debbano aiutare tutti, ma soltanto i
ragazzi “meritevoli”. Credo che per migliorare la società sia essenziale che
tutti abbiano almeno una preparazione di base. Come si può pensare di vivere in
un mondo come quello attuale (soprattutto dal punto di vista lavorativo) senza
almeno tentare di dare a tutti un’istruzione, almeno di base? Ma dato che
l’istruzione obbligatoria non è supportata da adeguate risorse e da un
cambiamento radicale del sistema scolastico, ne consegue che gli insegnanti
sono obbligati ad abbassare le richieste, per esempio proponendo “disegni facili, valutati con grande
generosità”. E se le esperienze informatiche sono scarse di solito è perché
le aule di informatica sono poche e spesso non funzionanti. Le LIM dovrebbero
essere disponibili in ogni classe e invece non ci sono. E in quanto alla “musica ascoltata dai ragazzi nelle loro
cuffiette”, ti appare come se fosse una mancanza di interesse. Ma disegnare in silenzio ascoltando musica è
una cosa che moltissime persone fanno. Perché impedirlo?
La disattenzione,
la mancanza di volontà, la maleducazione, la tendenza a far tutto
frettolosamente e superficialmente, l’insofferenza verso la fatica e verso le
regole non dipendono dagli insegnanti permissivi, Franco. Dipendono dalla
società nella quale i ragazzi vivono e da tutta la tempesta di maleducazione,
di insensibilità, di esempi diseducativi che si riversa su di loro ogni giorno.
L’ho scritto molte volte, nel blog e nel libro, e perciò non voglio ripetermi.
Per cambiare
la Scuola bisognerebbe che cambiasse prima di tutto la mentalità della società.
Ma in questa società, ai politici e i grandi imprenditori fa comodo che i
ragazzi siano impreparati, superficiali e, soprattutto, spendaccioni. Ecco
perché nessun governo investe davvero nella Scuola pubblica quello che sarebbe
necessario. Tutti lo annunciano ma nessuno lo fa. Almeno finora.
Per costruire
una buona Scuola non dobbiamo guardare al passato, ma al futuro: la Scuola va
cambiata radicalmente, per farla diventare una Scuola che suscita nei ragazzi
la voglia di imparare. Una Scuola seria, anche quando diverte. La Scuola di oggi
è ancora molto simile – nella sostanza- a quella del passato, ma tutto il mondo
intorno è cambiato: che senso ha? Abbiamo (giustamente) voluto una Scuola di
massa, ma abbiamo mantenuto la struttura della scuola di élite, dove chi è
svantaggiato viene bocciato, o punito, o mandato avanti anche se impreparato, invece
che recuperato. “Recuperare” è un verbo centrale. Significa cercare di portare
un ragazzino che è partito svantaggiato (anche la mancanza di interesse per la
Scuola è uno svantaggio che nasce quasi sempre da un ambiente culturalmente non
stimolante) al livello della maggioranza. Se non lo facciamo lo scartiamo. Questa
è una società che scarta quello che non è perfetto. Pensare che chi non si
rende conto dell’importanza dello studio, o chi non riesce a capire quello che
gli insegnanti spiegano sia da “scartare” o da “mandare avanti così com’è” è
sbagliato e ingiusto. Rinunciare ad aiutare un ragazzino a mettersi sulla
strada giusta, a imparare quello che non è riuscito a imparare significa abbandonarlo
al suo destino, senza offrirgli una vera occasione di riscatto.
Anche se il
mondo è cambiato, le materie e modi di insegnarle sono rimasti sostanzialmente
gli stessi. Ogni anno al Ministero danno
una lucidata alle apparenze con qualche parolone nuovo, ma in sostanza non
cambiano nulla (e riducono le risorse). Si dovrebbe, invece, rivedere tutto:
orari, materie, programmi, edifici, aule, banchi e sedie, lavagne, metodi, formazione
e reclutamento degli insegnanti e, soprattutto, risorse assegnate alla Scuola.
Le risorse ci
sono (almeno a vedere gli stipendi d’oro della politica e degli alti dirigenti
pubblici).
È la volontà,
quella che manca.