Annarita mi scrive:
“Insegno da oltre 30 anni Educazione Fisica, sempre
precaria, ogni anno cambio scuola, colleghi, alunni. Puoi immaginare che lavoro
immenso di adattamento da tutti i punti di vista. In linea di massima ho avuto
pochi problemi con gli adulti, e tanto meno con i ragazzi. In fondo arrivo,
prendo gli alunni, li porto in palestra, poi ritorno, prendo un’altra classe e
così di seguito per 18 ore. Alla fine ho poco contatto con i colleghi, e di
questo mi rammarico a livello umano e sociale, ma alla fine nessuno interferisce
nei miei giudizi, nelle mie valutazioni e soprattutto nel mio programma. Con i
ragazzi ho qualche difficoltà iniziale prevalentemente con i ragazzi di terza
media che magari sono abituati all'insegnante dell’anno precedente,
ma pian piano tutto si risolve.
L’anno scorso ho vissuto un’esperienza nuova, dilaniante
nell'animo, nell'insegnamento nel rapporto con i ragazzi di una classe e con il
loro professore di lettere.
Ho dovuto faticare per farmi apprezzare dalle seconde e
dalle terze: l’anno prima hanno avuto un professore che li ha fatti tanto
giocare a calcio, organizzando tornei su tornei, quest’anno arrivo io
completamente diversa come persona e obiettivi … è stata dura! Ma alla fine ho
trovato un punto di accordo tranne che con una terza. La terza A aveva come
coordinatore un insegnante, funzione strumentale, che aveva un potere
strabiliante su quella classe e che, in pratica, non mi ha mai considerata, da
quando sono arrivata. Ha cresciuto quei ragazzi dalla prima in adorazione verso
il “dio” B.. che è lui. Non mi hanno accettata dal primo giorno, perché
probabilmente ha pensato che ero una dei tanti professori che cambiano ogni
anno e che mi sarei adeguata velocemente all'andazzo. Ma non è stato così,
io parlo, dico quello che penso, credo nella disciplina che insegno e tiro
fuori tutte le storture che incontro per strada. Sentendosi appoggiate dal
"dio" B, hanno adottato atteggiamenti scorretti e provocatori tipo
pettinarsi in palestra, aggiustarsi le code di cavallo sciogliendo e rilegando i
capelli in continuazione con grandi gesti, vestendo un po’ succinte, i ragazzi
tre in particolare tiravano il pallone di basket con forza e a distanza verso
il canestro senza preoccuparsi di chi poteva essere colpito. Questo i primi
tempi, poi sempre meno considerazione, meno attenzione, meno rispetto verso la
mia persona.
Quest’anno ho iniziato l’anno seguendo il più possibile le
tue indicazioni. Al momento tutto procede bene, anche se con il passare del
tempo si tende a lasciar correre alcune cose.
Ho una classe, però, una seconda media di 18 elementi (15
maschi e 3 femmine) che mi crea molti problemi. Classe irrequieta,
chiacchierona, molti elementi vengono a scuola solo per divertirsi, si fanno
scherzi di continuo usano molti epiteti fra di loro tipo: scemo, cretino …,se
possibile inseriscono qualche bestemmia o simili. Insoddisfatti della mia
presenza e del mio modo di fare lezione o di voler fare lezione.
Insomma credo che tu abbia capito di che tipo di classe si
tratta. L’anno scorso era bella la lezione, l’anno scorso giocavano, le lezioni
di quest’anno non piacciono (non sono riuscita a farne nemmeno una)…
Quando mi imbatto in una classe così demotivata e
scoraggiante crollo. Mi succede sempre, anche con tutti i miei anni
d’insegnamento. Mi butto giù, non riesco a recuperare autorevolezza e autorità
e passo gran parte dell’anno a cercare di far rispettare un minimo di regole.
Come intervenire? Ho provato tutto l’approccio di prassi, il primo giorno mi
hanno ascoltato, la seconda lezione hanno già cominciato a lamentarsi. Oggi è
stato il massimo, siamo usciti nel giardino al di fuori della scuola, non hanno
seguito gli esercizi, hanno cominciato a imbrogliare sulle posizioni, a
inventarsi malanni vari.
Prof sono in un mare di guai, che fare? Con loro l’approccio
costruttivo di tipo verbale non funziona (… perché parlate usando termini non
adeguati, perché giocate e ridete di ogni cosa …). Dovrò farli giocare per poi
piano piano portarli alla lezione completa? Mi seguiranno? Oppure? Se non trovo
subito una soluzione so che perderò il controllo e il tempo con loro si
trasformerà in mera sopravvivenza. Non voglio che succeda, ma non so come
intervenire, come pormi, come recuperare! Intanto ho già annunciato che lunedì
ci saranno verifiche pratiche. In questi casi vado in tilt, è una mia carenza,
non ho ancora acquisito, nonostante l’esperienza un giusto modo di rapportarmi
con le classi prevalentemente maschili.
Grazie prof per avermi seguito fin qui, in attesa ansiosa
di un conforto ti invio cari saluti, Annarita.”
Cara Annarita, non crollare e non mollare. Non temere il
tuo collega, perché non è un dio, in realtà. E il fatto che sia funzione
strumentale non ha alcuna importanza. Il tuo collega non ha nulla più di te: è
solo una persona poco corretta.
La frase che preferisco della tua lettera è "io
parlo, dico quello che penso, credo nella disciplina che insegno e tiro
fuori tutte le storture che incontro per strada.". Credo che sia quello
che devi continuare a fare. La Scuola è un luogo dove gli alunni dovrebbero
imparare anche come ci si comporta per essere considerati corretti. Non possono
certo impararlo da un insegnante che si comporta come il tuo collega. Spesso
non lo imparano neanche dai genitori. I genitori li abituano a fare quello che
vogliono (o comunque permettono loro di farlo) e se trovano un insegnante che
permette loro gli atteggiamenti scorretti tu diventi "il nemico" sia
per i genitori che per il collega lassista e scorretto.
Il professore che ti ha preceduto, "che li ha fatti
tanto giocare a calcio, organizzando tornei su tornei" era un altro di
quelli che scelgono la strada più facile, quella di fare solo quello che piace
ai ragazzi, che non costa fatica alcuna. Niente teoria, niente faticosi
esercizi. Calcio e tornei. "Panem et circenses". Pane e giochi. Il
poeta latino Giovenale aveva spiegato così la tecnica usata da chi comandava
per avere e mantenere il consenso. Anche nella Scuola funziona, Annarita.
Sapersi comprare il favore e l'attenzione degli alunni concedendo
loro favori (se state attenti venti minuti poi vi lascio fare i compiti, oggi
niente compiti, l'ultimo quarto d'ora vi lascio giocare con il cellulare,
domani vi faccio vedere un film, la lezione finisce un quarto d'ora prima, voti
alti a tutti) è una strategia che qualcuno usa. E quegli insegnanti piacciono
molto ai ragazzi. E piacciono ai genitori dei ragazzi che sono male educati,
perché anche loro, a casa, hanno insegnato ai loro figli che è possibile
ottenere molto senza dare nulla in cambio. Ma - questi insegnati- che cosa
lasciano? Lasciano una qualche impronta nella loro vita? E - questi insegnanti
- preparano i ragazzi alla fatica dello studio, del lavoro e della vita?
Tu, Annarita, devi fare quello che ritieni giusto e
pretendere che i ragazzi ti seguano. Devi lottare per fare valere il tuo
diritto alla libertà di insegnamento; devi continuare a parlare, a dire
quello che pensi, e a tirare fuori tutte le storture che incontri per strada.
Devi crederci. Devi insegnare quello che ritieni giusto. Non sono i ragazzi
quelli che decidono il programma. E devi trasmettere le tue convinzioni agli
alunni e ai genitori, anche a quelli che educano male. Soprattutto, devi capire
che - oggi più che mai- se sei severa, esigente, rigorosa, è difficile che tu sia amata
dai ragazzi male ducati e scansafatiche e dai loro genitori: quando tu li
rimproveri, fai una cosa per loro assurda, strana, qualcosa che non hanno mai
visto fare; per i genitori sei una persona da criticare in ogni angolo, perché
sei quella che ha delle pretese assurde, che mette in evidenza i loro errori,
che mette in discussione tutto quello che hanno fatto come genitori. In
compenso, se insegni con impegno e con professionalità, se sei severa, se
mantieni la disciplina, ti guadagnerai la gratitudine dei ragazzi ai quali permetti
di studiare, di prepararsi per il futuro e di imparare a sopportare anche la
fatica. E quella dei genitori di quei ragazzi.
Cara Annarita, non crollare e non mollare.