"Festa della donna": ma che senso ha? che cosa significa? A che cosa serve? Chi festeggia chi? Sono gli uomini, quelli che ci festeggiano? Ci festeggiano i ristoranti, proponendo menù speciali e mettendo rametti di mimosa sui tavoli? La televisione ci festeggia con un programma di canzoni d'amore? Le aziende ci festeggiano con della pubblicità dedicata? Ci festeggiano i fiorai, vendendo mini rametti di mimosa a peso d'oro (tra l'altro, ma non sarebbe più bello lasciare all'albero la sua cascata di fiori?)?
Ma - diciamocelo - ma chi se ne importa di queste cose? Che cosa ci cambiano? Nulla. E come possiamo festeggiare quando abbiamo appena letto di donne assassinate o picchiate o violentate?
In realtà ci festeggiamo da sole, l'8 marzo, in una specie di triste rito collettivo in cui - per una volta - si esce finalmente a cena con le amiche e si va a far bisboccia da qualche parte, magari facendo "le cose da uomini", cioè quello che fanno ogni altro giorno dell'anno gli uomini (certi uomini), come sghignazzare di fronte a uno spogliarello maschile, illudendosi, così, di essere molto femministe e di avere raggiunto la parità.
Oppure i media fingono di festeggiarci buttandola sulle inchieste e scrivendo articoli su quante donne vengono maltrattate in un mese, su quanta strada ci sia ancora da percorrere, su quante donne vengono ancora ammazzate dagli uomini, su quanto sarebbe opportuna una vera parità. E giù a citare "Uomini che odiano le donne", o a riempirsi la bocca di una orrenda parola che qualcuno ha inventato -femminicidio - e che oggi è sulla bocca di tutti.
"Femminicidio" contiene in sé la parola "femmina", che ha in sé, a sua volta, una visione dispregiativa della donna, vista come una femmina (solo dal punto di vista del suo sesso, dunque) e non come una donna. Non mi piace. Quando un uomo picchia, e stupra una donna è un assassino, o uno stupratore. Si deve parlare di "assassinio" o di "stupro" o di "violenza", o di "uxoricidio", non di "femminicidio".
La donna ha ancora lo stesso problema che aveva nella preistoria: l'uomo ha una forza fisica maggiore e quando qualcosa non è come vuole, la usa. Certi uomini sono rimasti all'età della pietra, quando la donna veniva catturata come le altre prede. Per migliaia di anni le donne sono state considerate inferiori, oggetti da possedere, da mostrare e, se occorreva, da distruggere. Ogni problema e ogni malumore, veniva risolto con pugni, calci, violenze. Durante tutte le guerre le donne sono state stuprate dai soldati nemici. Il sesso violento usato come arma. Le donne nella Storia sono state sempre maltrattate. Sono state vendute, sono state rese schiave, costrette a prostituirsi.
E poco importa che ci sia stata qualche regina, qualche principessa, quattro faraoni donna, qualche società matriarcale. Le altre donne, le donne comuni, hanno sopportato soprusi, vissuto vite di sofferenza, e sono state considerate esseri inferiori. E per certi uomini della società in cui viviamo, le donne sono ancora così. E non parlo neanche dei Paesi dove le donne vengono condannate alla lapidazione anche quando qualcuno le stupra, o dove vengono sottoposte a lapidazione e a infibulazione, o condannate a morte per aver disubbidito al padre o al marito.
Non ci illudiamo. Smettiamo di assecondare questo stupida finzione dell'8 marzo. Festa della donna? Mimosa? No, grazie.
"Sei ancora quello della pietra e della fionda, uomo del mio tempo", scriveva Quasimodo. E' vero.
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