È un bel po’ che
voglio scrivere questo post, ma è difficile. È difficile riassumere una
situazione disastrosa per la quale non si vede soluzione usando parole che non
siano insulti e maledizioni.
Certo non pretendo di
trovare delle soluzioni, è ovvio. Non voglio e non so portare dati su dati per
dimostrare che per la Scuola non si spende quasi nulla, che gli insegnanti
lavorano un mucchio di ore, che siamo a rischio di burnout, che le scuole non sono
sicure, che il guadagno degli insegnanti italiani è molto inferiore a quello
dei docenti di altri Paesi. Lo fanno già – e benissimo – altri.
Io vorrei dire che il
re è nudo.
Vorrei poter piazzare
in ogni angolo di strada altoparlanti potenti per urlare che è ora di finirla.
La Scuola non merita di essere distrutta. Gli insegnanti non meritano di
lavorare in una situazione tanto difficile da rendere vano ogni sforzo. I
nostri figli non meritano di frequentare scuole fatiscenti, dove c’è troppo
caldo o troppo freddo, dove non ci sono banchi e sedie a sufficienza, dove lo
spazio vitale è ridotto a quello di un pollaio.
Gli alunni difficili
sono diventati difficili perché vivono in una società che è diseducativa al
massimo. Sono difficili perché vivono in ambienti degradati per i quali lo
Stato non fa nulla. Sono difficili perché i genitori sono disoccupati.
Gli alunni non
meritano di avere insegnanti sfiniti che non vengono mandati in pensione quando
è il momento perché loro, quelli che decidono, si sono mangiati tutti i soldi e
adesso dicono che “non ci sono più soldi”. Gli insegnanti giovani non
meritano di essere sbattuti nelle classi difficili ad affrontare tutti i
problemi che ci sono senza un’adeguata preparazione, solo perché loro – sempre
gli stessi - si sono mangiati tutti i soldi e ora dicono che non si
possono avere classi meno numerose, e hanno perfino la sfacciataggine di dire
che “non è assolutamente vero che nelle classi meno numerose si impara di più”.
La situazione delle
Scuola italiana è pessima. Se è ancora in piedi, e se gli studenti vengono
preparati, è grazie al fatto che gli insegnanti sono come bestie da soma, che
il padrone carica sempre di più, ma che continuano ad andare avanti perché è il
loro dovere di bestie da soma. Gli insegnanti stanno zitti. Stanno sempre
zitti. Prendono dei calci e stanno zitti. Quando c’è bisogno di soldi loro, i
soliti, si guardano intorno e si chiedono “E adesso? Li abbiamo sperperati
tutti.. Dove li prendiamo? Dai nostri stipendi di politici, no di certo. Dalle
nostre pensioni di politici? Ma ci mancherebbe altro! Tagliamo le nostre spese
di politici? Per carità! Prendiamoli dai fondi destinati alla Scuola,
tanto gli insegnanti stanno sempre zitti. Quei pochi che parlano e urlano li
deridiamo e li facciamo stare zitti. Ai genitori raccontiamo che gli insegnanti
sono fannulloni, lo facciamo scrivere sui giornali, e ripetiamo la favoletta
che stiamo modernizzando la Scuola, mettendo le aule Lim, obbligando gli
Editori a pubblicare dei libri con materiali multimediali e interattivi online,
obbligando gli insegnanti a usare il registro elettronico. I ragazzi che
protestano li chiamiamo fannulloni, facciamo dare loro dei bei cinque in
condotta e siamo a posto. Sì, togliamoli dalla Scuola, i soldi”.
Questo giochetto va
avanti da almeno vent'anni. Ormai hanno tolto praticamente tutto e
noi continuiamo a stare zitti e a rattoppare.
Gli insegnanti sono
abituati a considerate sacro il diritto allo studio dell’alunno. Se fanno
sciopero si sentono in colpa. E infatti non lo fanno. Gli insegnanti sono tanto
abituati a essere maltrattati, che sotto sotto hanno finito per avere il
sospetto di meritare tutti quei calci. E si sono sentiti dire tante volte che
guadagnano anche troppo per quello che fanno, che quasi quasi ci credono. E per
tutti questi motivi, qualsiasi cosa manchi nella scuola cercano di inventarsi
qualcosa per sopperire a quelle mancanze. Che si tratti di oggetti, di libri,
di penne, di fogli, di carta igienica, di tende, di spazi. Non mi stupirei se
vedessi degli insegnanti portare da casa delle sedie. E loro, i politici,
se la prendono comoda, perché ormai sanno che gli insegnanti scuotono la
testa, borbottano, ma poi alla fine prevale la loro volontà di non danneggiare
gli alunni con eventuali proteste. Ma li danneggiano di più, perché con la loro
pazienza da buoi, permettono a chi tira i cordoni della borsa del Paese, di non
sganciare nulla e di ridurre la Scuola sempre peggio. A danno soprattutto degli
alunni.
Ci sono troppi
problemi nelle classi italiane. Troppi tutti insieme. Basta leggere questo blog
per rendersene conto. Insegnanti disperati. Genitori disperati. Alunni
disperati.
Siamo una società alla
disperazione alla quale stanno togliendo tutto. La disperazione non circola
solo nelle scuole. È palpabile ovunque, ormai.
Loro, quelli che
muovono le fila di tutto lo Stato, non hanno saputo studiare delle strategie
per prevedere l’andamento della situazione economica e per evitare la
disoccupazione. Hanno assunto migliaia di lavoratori quando serviva produrre in
enormi quantità di un prodotto che volevano vendere. Poi, quando lo hanno
rifilato a tutti anche se non serviva, quando ci hanno riempito le case e le
vite di quel prodotto, hanno deciso che gli operai non servivano più e li hanno
licenziati.
Ci hanno riempito di
bisogni superflui, ci hanno insegnato a desiderare, a consumare tutto il
consumabile; ci hanno spinto ad andare in vacanza e a cambiare la macchina
suggerendoci di indebitarci perché tanto potevamo pagarla “il prossimo anno”;
ci hanno fatto credere ricchi per farci spendere, mentre ci stavano impoverendo
sempre di più.
Loro, non noi, hanno
portato avanti una politica disastrosa di favori in cambio di altri favori, di
posti di lavoro in cambio di voti; loro hanno assunto personale inutile solo
per assicurarsi una sedia nei posti di potere; loro, non noi, hanno imboscato a
destra e a sinistra dei perfetti incompetenti - parenti, amici e amici degli
amici - dando loro degli stipendi da favola; loro pagano un esercito di
consulenti e di portaborse perfettamente inutili; loro hanno mandato in
pensione la gente con 15 anni, 6 mesi e 1 giorni, perché a loro faceva comodo
così. Loro hanno sbagliato e paghiamo noi.
Adesso ci hanno tolto
quasi tutto. Adesso ci chiedono sacrifici. Ci dicono che i giovani non possono
essere assunti perché non c’è bisogno di loro; adesso per andare in pensione
non bastano più sessant'anni. Ce ne vogliono sessantasette. Poi ce ne
vorranno sessantotto, sessantanove, settanta. E se i vecchi non vanno in
pensione i giovani restano disoccupati. “Ma va bene così – si sono detti – è
una bella idea! I giovani li mantengono i vecchi! Cosa pensi, che li facciano
morire di fame?”.
I negozi chiudono, ma
allo Stato non sembra importare nulla. Anzi, aumentano le tasse. Gli operai
protestano, ma alla fine loro – i politici, i grandi imprenditori, e i
presidenti di qualcosa - trovano il modo di far sembrare tutto una dura
necessità.
Tutti loro si dicono
preoccupati per “gli Italiani”, per i disoccupati, per i giovani, per gli
anziani, per la Scuola, per la Sanità. Tutto è “urgente”, “da fare”. Tutto “si
farà”. E invece nessuno fa nulla e tutto rimane com'è, e molto spesso
peggiora.
Siamo ancora nel
Medioevo. Noi lavoriamo per mantenere loro e le loro corti. “Hanno fame?”,
diranno “Che mangino al Mc Donald”.
Loro – i politici e i
grandi imprenditori, i presidenti di qualcosa – non faranno mai delle leggi per
aiutare noi. Leviamocelo dalla testa. Non finché continueremo a subire, a
fingere di credere che sia tutto normale. Che siano normali i loro stipendi.
Fingere di credere che se loro guadagnano dieci, venti, trenta volte il nostro
stipendio, sono dieci, venti, trenta volte più bravi, più competenti, più
preparati, più intelligenti di noi.
Finché non ci sarà una
protesta costante, forte, e finché non diventeremo terribilmente infuriati loro
non faranno nulla per nessuno.
Non toglieranno mai
qualcosa a loro, non taglieranno mai le loro spese, i loro vergognosi stipendi,
le loro pensioni, le loro buonuscite. Tagliano i nostri, invece, perché “c’è la
crisi ed è doloroso ma necessario”.
Credo che sia giunto
il momento di ribellarsi. A cominciare dalla Scuola. La Scuola è il futuro.
Sappiamo tutti quello che non va. Cominciamo a urlarlo, a metterlo in evidenza.
Facciamolo tutti, da domani. Urliamo, protestiamo, diciamolo ad ogni angolo di
strada. Scriviamo lettere su lettere; scriviamo in migliaia. Diventiamo alleati
dei nostri studenti e dei loro genitori. Non nascondiamo la polvere sotto il
tappeto. Non mettiamo la testa sotto la sabbia. Se manca qualcosa, protestiamo,
rompiamo le scatole. Basta! Non permettiamo più di considerare noi e i nostri
alunni dei fannulloni. Non permettiamo più a nessuno di dire che i nostri figli
– quelli laureati, che finiscono a lavorare nei call center – devono essere
meno “choosy”.
Se manca qualcosa non
ci accontentiamo più della frase “tanto è inutile chiedere perché non ci sono
soldi”. Chiediamo a gran voce, invece. Pretendiamo. I soldi ci sono. Sono nelle
loro tasche. Legalmente. Perché le leggi le fanno loro.