Mi scrivono e mi hanno scritto:
Marinella: “[…] i ragazzi sembrano divertirsi
della mia indignazione, fingono di non cogliere la mia ironia, e quando sono
costretta ad alzare la voce (una voce
per natura molto esile, che tende a spezzarsi quando grida), la loro
ilarità aumenta. […] “
Anna Rita: “Sono pienamente
solidale con chi è disperata nella scuola. Lo sono anche io che tra l'altro sto
svolgendo l'anno di prova come insegnante di francese in una scuola secondaria
di primo grado dove due classi sono infernali. Il dirigente se la prende con me
che non riesco a tenerle e io ho paura di non superare l'anno di prova. Il mio
problema è che non ho un timbro di voce
alto, quindi mi sgolo da infarto per due ore di seguito per farmi ascoltare
da quei pochi che vogliono seguire. […] Da precaria ho quasi sempre lavorato
nelle superiori dove ci sono meno problemi disciplinari, anzi quando ho
iniziato le supplenze, 20 anni fa, era addirittura piacevole il lavoro di
insegnante, motivante, adesso lo odio quasi.”.
Marzia : “Gentile prof.ssa Milani, […] Ho da poco saputo di essere
stata ammessa ai corsi del TFA nella mia città, […] parte del corso include un tot di
ore di tirocinio da svolgere
nelle scuole: in una prima fase si dovrà semplicemente affiancare il docente, in
un'osservazione "silenziosa"; durante la seconda fase (e qui arrivano le dolenti note) il
tirocinante dovrà svolgere alcune lezioni in
tutta autonomia. La mia ansia, giustificata credo, deriva da una commistione di
fattori. Innanzitutto la mia
età: ho 26 anni, credo di essere la più giovane tra tutti i tirocinanti. Per non parlare del mio
aspetto: tutti mi dicono che sembro più piccola...sarà
perché fisicamente sono abbastanza minuta, ho
una vocina sottile tipo cartone
animato, un viso da fumetto manga e un aspetto abbastanza alternativo (parlo di piercing e
tatuaggi che cercherò di coprire e far sparire al momento opportuno). Quando in
realtà il mio temperamento è tutt'altro! Sono molto
combattiva, ambiziosa..un tipo deciso insomma. Anche se purtroppo tutto questo non traspare da un primo
impatto. Vogliamo parlare dell'estrazione sociale?
Sono fortunatissima, vengo dai cosiddetti "quartieri alti", parlo senza accento, quasi senza
cadenza, sono abituata a frequentare ragazzi simili
a me da questo punto di vista, con cui condividere interessi sociali e soprattutto culturali (politica,
letteratura, cinema, arte..). Lo so, quanto ho scritto suona terribilmente
classista, sembra che faccia la ruota
come un pavone, ma ho dovuto esprimermi in questi termini per rendere il quadro della situazione quanto più
chiaro possibile...Si immagini una classe di uno delle decine di quartieri
degradati della città, con
studenti pluriripetenti, quasi miei coetanei, lontani centinaia di anni luce da tutto quello che sono e che ho
sempre conosciuto, capaci a stento di parlare
in Italiano (e le giuro che qui è una realtà ancora estremamente diffusa) che un giorno si ritrovano
una ragazzina dei quartieri bene alta 1.58, che
cerca di inculcargli un qualche interesse nei meravigliosi versi di Blake e Keats...se l'immagina la scena? A me
sembra grottesca, quasi comica... Che fare? Come posso approcciarmi a questo
tipo di classi, considerando la mia età,
la mia inesperienza e la mia totale mancanza di autorità essendo una semplice tirocinante? […].
Eva: “[…] Sì, sono minuta. Sì, sono riservata. Sì, ho la voce da papera. Sì, vedo insegnanti in gambissima ogni giorno
con le mie stesse caratteristiche e cerco di imitarli, ma chissà perché le
stesse parole, gli stessi atteggiamenti, con me hanno il significato opposto. E
ogni giorno vado a scuola col terrore che le cose peggiorino e faccio lezione
chiedendomi sempre se la mia reazione è stata quella giusta o se non ho
commesso l'ennesimo errore[…]”.
Care colleghe dalla voce sottile, per fare
l’insegnante ci vogliono alcuni requisiti: dobbiamo essere preparati sulla
materia che insegniamo; avere conoscenze di didattica e di psicologia, essere
creativi, saper esporre gli argomenti in modo piacevole ed interessante, essere
autorevoli, saper motivare gli alunni all'ascolto e allo studio. E, ci
aggiungo, bisogna avere anche il fisico: per esempio, camminare con sicurezza,
essere “di sana e robusta costituzione”, avere una voce sicura, avere un tono e
un volume che indicano all'ascolto e non al riso.
Queste sono alcune delle lettere che ho ricevuto
che toccano l’argomento della “vocina”.
Avere una “vocina” è un handicap, per un
insegnante, specialmente nella scuola dell’obbligo. I bambini e i ragazzi
tendono a chiacchierare, a ridere, a protestare, a pensare ad alta voce, e il
frastuono, se con riusciamo a fermarlo, è molto fastidioso, e rende difficile
la gestione della classe.
Ma se un insegnante ha “una voce per natura molto
esile, che tende a spezzarsi quando grida”, se non ha “un timbro di voce alto”, o ha “la voce da papera”, credo che potrebbe prendere in
considerazione qualche trattamento logopedico per potenziare la voce e per
salvaguardare la salute. Può giovare anche nella vita quotidiana. Altrimenti
(o, nell'attesa di miglioramenti) direi che è importante evitare di urlare e
concentrarsi di più su una gestione della classe basata su attività, su
strategie e strumenti che sopperiscano all'uso intenso della voce. Personalmente,
non ho una vocina. Ho una voce che, quando serve, è forte. Ma, negli anni, l’uso
eccessivo della voce (e ogni tanto
qualche urlo ben piazzato), ha fatto sì che io diventi facilmente afona, se non
sto attenta. Quindi, può capitare a tutti, di non poter fare affidamento sulla
voce.
La comunicazione non verbale, che trasmette con
lo sguardo o con un gesto della mano il messaggio “Smettila subito di
chiacchierare!”, e una bella campanella, che uso nei casi più gravi, mi fanno
risparmiare la voce. A bassa voce ho avvertito che il suono della campanella
indica situazione di grave pericolo. Lo dico ridendo, ma la mia faccia dice loro
che non sto scherzando.
Ogni problema deve essere risolto. Partite dal
presupposto che un modo c’è.
Fatemi sapere!