Sono contro la pena di morte, l’ho già detto altre volte. Sono contro la dittatura, contro gli assassini, contro i mandanti degli assassini. Sono contro la guerra. E sono convinta del fatto che non esistano guerre giuste, o necessarie o sante.
Credo che la civiltà si misuri anche con la distanza che separa l’essere umano dallo stato ferino.
Diciamo, quindi, che quello che stiamo vedendo in questi giorni è la prova che l’essere umano non è molto lontano dall’idea di uomo delle caverne, rozzo e violento, che nel nostro immaginario popolava i luoghi della preistoria. Uno che cacciava gli animali e ne strappava le carni crude con i denti, uno che catturava le donne con un colpo di clava e la trascinava per i capelli.
Gheddafi ha fatto uccidere senza alcuna pietà, persone innocenti. Tantissime. Meritava di essere reso inoffensivo e di essere eliminato dalla scena politica mondiale. Il che non significa che era obbligatorio ucciderlo. Avrebbe dovuto essere giudicato e condannato, non giustiziato sul posto.
È stato preso a pugni, a calci; gli hanno sparato alle gambe, lo hanno trascinato come un pupazzo rotto, quasi calpestandolo, fra il frastuono terribile delle urla e degli spari che celebravano la vittoria del popolo sul dittatore. Belve eccitate dall'odore del sangue.
Il terrore sul suo volto coperto di sangue, le sue implorazioni di pietà, lui che di pietà non ne aveva mai avuta, sono passate e ripassate sugli schermi televisivi del mondo, rimbalzando su tutti gli schermi dei computer. Un uomo terrorizzato che si guarda il sangue sulle mani e lo mostra come per dire “guardate che cosa mi avete fatto”.
Io, Gheddafi, l’ho sempre guardato con orrore, anche, e soprattutto, quando gli conferivano onoreficenze, gli offrivano costosi spettacoli equestri, abbracci ed escort, e quando gli baciavano le mani con riverenza, chiamandolo “il migliore amico dell’Italia”.
Ma ora ho guardato con orrore le immagini che i media hanno sbattuto nelle case degli italiani e davanti agli occhi dei bambini e dei ragazzi, a tutte le ore, e ho guardato con pietà quell’essere spaventato che implorava di non sparare. Molti hanno guardato tutto morbosamente, esprimendo soddisfazione per questo grande atto di giustizia. Bestie assetate di sangue, evidentemente, che non conoscono il concetto di umanità.
Mi ha ricordato piazzale Loreto. E gli indiani dei film americani, molto politicamente scorretti, e le urla selvagge degli apaches che mostravano trionfanti lo scalpo del bianco ucciso.
Una vergogna per l’Umanità.
“Sei ancora quello della pietra e della fionda, Uomo del mio tempo”, diceva Quasimodo.
È ancora vero, purtroppo.