Sara mi ha scritto:
"Gentilissima Professoressa Milani,
vorrei sottoporle alla sua attenzione il problema di mio figlio Simone,
dodicenne che frequenta la 2° media.” Il resto qui.
Cara Sara, affettuosamente le rispondo, ma
non come lei si aspetta, perché credo che lei abbia sbagliato e continui a
sbagliare, anche se – lo so – in perfetta buonafede. Ma mi ha chiesto un
consiglio e l’unico modo che ho per aiutarla è di dire quello che penso.
Copio alcune sue frasi, e le dico che cosa
ci leggo io, per spiegarle dove, secondo me, sbaglia:
“le mie figlie maggiori non hanno mai avuto problemi
a scuola, anzi hanno concluso le superiori con il massimo dei voti. Io lavoro, ma per i miei figli ho avuto l’aiuto di
mia madre ( ex Insegnante ) che ha cresciuto i miei figli come una seconda
mamma.” Sembra che lei si stia
giustificando:
-
parlerò delle difficoltà di mio figlio, ma ci tengo
a precisare che le altre mie tre figlie non hanno nessun problema, anzi.
-
Io lavoro, ma ci tengo a precisare che non ho
lasciato soli i miei figli, li ho affidati a mia madre che – oltretutto – è
insegnante.
“ la Professoressa
di Italiano mi dice con arroganza che mio figlio non studia”: “con arroganza” fa capire chiaramente quello che
pensa della professoressa. Se alla professoressa sembra che suo figlio non
studi (il che può equivalere a dire che studia male), perché trova che il tono
sia arrogante? La sua opinione sulla professoressa difficilmente sarà sfuggita a suo figlio, anche se non gliel'ha comunicata esplicitamente.
“Ho
ritirato la scheda dicendo che prenderò i provvedimenti necessari.” Cioè: non ho protestato, quindi non sono
come quelle mamme che protestano.
“Mio figlio è un bambino educato, rispettoso, buono … comunica con eloquenza, tanto
da ricevere sempre elogi per il modo di esprimersi e di dialogare ed è un bambino saggio.”: sente il bisogno di difenderlo, come se il fatto di dire che
non studia fosse un attacco a tutto il bambino. Ma perché? Se è un bambino educato, rispettoso, buono, che comunica con eloquenza, tanto
da ricevere sempre elogi per il modo di esprimersi e di dialogare ed è un bambino saggio, significa che se di lui si dice che non studia
vuol dire che qualcuno lo sta accusando di essere maleducato, irrispettoso,
cattivo?
“L’unico suo difetto che si trascina dalle
elementari è la scrittura, perché ha un modo particolare di scrivere…”: ho conosciuti
molti ragazzini con quel particolare modo di scrivere e non ho mai notato
particolari problemi nello studio (a parte i miei, quando correggevo i loro compiti
in classe scritti con grafia illeggibile).
“Mio figlio in 1° elementare aveva difficoltà a
scrivere e la maestra e i suoi compagni di classe lo deridevano chiamandolo
lumacone”: cara signora, ma chiamare “lumacone” un bambino è “deriderlo”? Guardi
che le maestre e i professori a volte scelgono la strada delle battute perché
le pensano tutte. Spesso dire “lumacone” può essere meno dannoso che una fredda
spiegazione sui problemi che ha.
“e alcune volte mi chiamavano
perché faceva la pipì addosso”.
Non ho capito: avrebbero dovuto non
chiamarla? Ritiene che fosse colpa dell’insegnante se si faceva la pipì
addosso?
“quando andavo al colloquio, mi diceva di non preoccuparmi
perché col tempo sarebbe migliorato senza
prendere nessun provvedimento e se non arrivava a finire le consegne non era
importante, ( mi diceva testualmente : se non riesce a finire i compiti non
glieli faccia fare non fa niente col tempo riuscirà a farli)” Cara signora, credo che l’atteggiamento di
quella maestra fosse veramente ottimo. È proprio quello che avrebbe dovuto
fare: rispettare i tempi del bambino. Invece immagino che lei avrebbe voluto che
prendesse dei provvedimenti, che lo sollecitasse, che magari lo sgridasse?
“col risultato che mio figlio non voleva andare a
scuola e ogni giorno prima di
partire a scuola piangeva, così ho parlato al dirigente e lo abbiamo cambiato di classe in 2°
elementare.” Ecco, questo è
uno dei passaggi più significativi: in seconda elementare lei era già tanto in
apprensione perché il bambino era un po’ lento e la maestra con correva ai
ripari (ho usato di proposito il verbo ‘correva’) che è intervenuta (cosa che
il genitore non dovrebbe fare, visto che sono gli insegnanti gli esperti) chiedendo che lo cambiassero di classe, senza rendersi conto che questo sarebbe
stato deleterio per l’immagine che il bambino aveva della scuola e della vita.
Mi piacerebbe sapere come ha giustificato il cambiamento al bambino. E che cosa
avranno pensato le maestre che lo hanno accolto nella nuova classe. Ed è interessante anche il fatto che ha usato la prima persona plurale, "lo abbiamo cambiato di classe". Ecco, vorrei precisare: lei ha chiesto, ma non lo ha cambiato lei di classe. Lo ha cambiato il dirigente.
“Con
le nuove maestre, i compagni e
con il mio personale impegno Simone
si è inserito nella nuova classe e riprendeva con più entusiasmo le lezioni.”. Di nuovo il suo personale impegno.
“Certo ho fatto presente alle
insegnanti se questo modo di scrivere avesse a che fare con la disgrafia o
altro disturbo dell’apprendimento, ma dai test e dalla visita eseguita a mio
figlio da parte della psicologa e della pedagogista, mi è stato riferito che
non aveva nessun disturbo”. Ed è di nuovo intervenuta, come se le maestre non fossero in grado di
giudicare il bambino. Il bambino è stato sottoposto a dei test inutilmente (ma
non si sentirà un diverso, a questo punto?), visto che infatti non ha nessun
disturbo.
“ perché
leggeva benissimo e non faceva errori di ortografia, era solo un modo di
scrivere che col tempo poteva cambiare.” Quindi aveva ragione la maestra della seconda elementare che le aveva detto di aspettare.
Invece lei ha fatto cambiare classe (e maestra) al bambino.
“In
1° media ho fatto presente al primo colloquio le difficoltà di mio figlio con
tutti i professori ed in particolare con quella di lettere, considerato
che aveva il numero di ore maggiore durante l’orario settimanale scolastico”. È intervenuta di nuovo, anche alle medie, subito all'inizio, invece di lasciar fare agli insegnanti.
“chiedendole
di prestare più attenzione e di assegnargli meno consegne scritte in
considerazione che mio figlio si stancava e non riusciva a completare le altre
materie (a volte fino alle 10 di sera eravamo
a fare i compiti)”. Ecco
un altro problema: il genitore non deve andare a scuola per suggerire all'insegnante
di prestare più attenzione (ma l'insegnante non lo sa da solo? E poi: è come dire che forse
non presta attenzione ai suoi alunni...) e di assegnargli meno compiti scritti (cioè, lei dà
indicazioni all’insegnante su quello che deve fare. Come se andasse dal medico
a dirgli di visitarlo più attentamente o a suggerirgli di dargli meno pastiglie
perché il bambino non le prende volentieri).
“ma lei mi
rispondeva che doveva portare avanti il programma e che se gli altri alunni
riuscivano a fare di più, lei doveva aumentare le consegne scritte e valutare
mio figlio di conseguenza.”: cara Sara, ma è giusto così! Suo figlio non ha
problemi né di apprendimento né di altro tipo. Magari è un po’ lento, ma lo
deve accettare. Magari non è bravo come le altre tre figlie. Ma deve accettare
questo fatto. È lei che lo vede pieno di problemi, perché lo paragona (forse inconsapevolmente)
alle altre tre. Le sembra impossibile che questo bambino non sia bravo a
scuola. Perché l’insegnante (che dà già i compiti in modo che tutti possano
farli) dovrebbe comportarsi diversamente con lui? Come giustificherebbe questo
di fronte agli altri e soprattutto a suo figlio? Direbbe “tu ne fai di meno
perché non sei come gli altri”?
“Certo non
condividevo questa risoluzione della
professoressa e mi sono
impegnata di più ad aiutare mio figlio nelle
consegne scolastiche.” Di nuovo pensa
di saperne di più dell’insegnante e di nuovo si sente in dovere di intervenire.
Oltretutto, aiutandolo nei compiti, cosa da non fare. (Ha letto l’articolo che
ho scritto su questo? Qui. )
“Chiedevo
inoltre in colloqui successivi”: quanti colloqui? Più colloqui e sempre la stessa domanda?
“se era possibile fare delle ore di
recupero per migliorare la scrittura e mi rispondeva che lei non poteva
occuparsi di questo perché
avrebbe bloccato il suo programma scolastico.” Come per i compiti in meno. Le
ore di recupero ci sono solo per i ragazzi che ne hanno davvero bisogno: a
parte quelli che hanno problemi di apprendimento (non è il caso di suo figlio, è
stato appurato), per casi particolari, che sono gli insegnanti e non i genitori a individuare.
“
Più tardi quando la scuola era finita ho
saputo invece che sono stati fatti questi corsi di recupero ma ne io ne mio figlio siamo stati
informati.” Quindi lei
pretende che gli insegnanti mettano al corrente lei o suo figlio delle
decisioni che prendono per altri ragazzi?
Perché?
“Con
gli altri professori c’era il problema della scrittura però mi riferivano che
era attento educato e andava bene.” Allora perché lei non si tranquillizza e
lascia andare le cose come vanno?
“Siamo
arrivati in 2° media e si ripete per me nuovamente questo problema perché mio figlio ha paura della
professoressa di lettere mi riferisce che quando lo interroga lo guarda fissandolo
e incutendogli paura” Cara Sara, a forza di seguirlo e di esaminarlo al
microscopio forse lei lo ha reso insicuro e fragile. Un’insegnante non può
fissare un bambino che sta parlando? Che cosa dovrebbe fare? Guardare altrove?
Esamini bene questa frase e vedrà che forse è il suo atteggiamento e la sua
paura a far vivere a suo figlio così male anche uno sguardo.
“non
vuole andare a scuola e frequentemente mi dice di cambiare classe” Questo
glielo ha insegnato lei in seconda elementare. E non è un bene, mi creda.
“ho
anche il sospetto che in classe ci sia bullismo,
perché ieri la professoressa di inglese mi ha riferito che la classe è caotica
e che alcuni alunni disturbano , mentre mio figlio si chiude , lo vede molto
timido e pauroso” Anche questo è un intervento dettato da una
esagerata ansia da parte sua. Legga il mio blog e vedrà che le classi sono
spesso caotiche. La vita stessa può essere caotica e bisogna imparare a
convivere anche la confusione. Inoltre: una classe caotica non è una classe di bulli.
“e anche perché ultimamente mio figlio non esce con
i suoi compagni come prima , rimanendo a casa da solo.” Sicura, Sara,
che non sia per la posizione che gli fatto assumere nella classe? O perché gli
fa vedere il negativo delle persone? Valuti questa idea. Magari ha un fondo di
verità.
“Cosa
mi consiglia di fare? Mi può dare qualche consiglio?
Glielo
chiedo come una mamma che vuole vedere suo figlio allegro, contento e
spensierato vivendo senza timore e paura.” Cara Sara, proprio perché percepisco che ha bisogno di un
aiuto ho risposto in modo così particolareggiato. Ci ho messo ore a scrivere
questa risposta: spero che la apprezzi, che le sia di aiuto e che la porti a riflettare sui
consigli che le ho dato.
La sintesi è: lo lasci vivere, sbagliare,
essere se stesso. Gli permetta di non essere bravo a scuola come le sue figlie.
Non ha colpa del fatto di essere un po’ più lento. Con il suo atteggiamento lei
glielo ricorda continuamente. Immagino che gli insegnanti, quando la vedono
arrivare, si preoccupino. Li lasci lavorare.
Solo così suo figlio potrà essere “allegro, contento e spensierato vivendo
senza timore e paura”
Ci pensi su e poi mi faccia sapere.