Gigliola mi scrive:
“Gentile Professoressa, Le scrivo di getto
questa mail.
Ho letto ancora
ieri sera le nuove riflessioni inserite nel suo utile e intelligente blog.
Ho anche comprato
il suo libro, l'ho trovato davvero interessante e lo rileggerò.
Sono un'insegnante
della scuola primaria. Ho 30 anni, ho deciso pochi anni fa di fare la maestra e
dopo un'altra laurea mi sono nuovamente laureata per abilitarmi.
Quest'anno ho
avuto la mia prima supplenza annuale sul posto di sostegno. Spesso mi viene affidata
l'intera classe per vari motivi.
Tante volte, sia
quando seguo un bambino individualmente in classe o quando guido tutta la
classe non mi sento capace, sono molto insicura.
I tanti esami dati
non mi aiutano, anzi... tanti professori non avevano idea di che cosa fosse una
classe o un bambino... tanti esami inutili... Ho sempre amato lo studio ma vedo
che non è servito molto per la mia professionalità. Si lo so si costruisce ma
almeno una base gli studi universitari dovrebbero darla...
Quest'anno per me
è un apprendistato, ogni giorno vedo tanti bambini e tante maestre diverse.
Vedo i bambini, gli stessi, cambiare anche completamente comportamento se in
classe c'è una maestra o l'altra...
Vedo, osservo,
penso... ma mi serve davvero? Il problema è la mia insicurezza, la mia presenza
non incute timore e forse trasmette poca fermezza. Non riesco a dire cose che
facciano restar male i bambini, sono stufa di essere dolce e comprensiva, loro
tante volte la vedono come una debolezza.
Eppure mi
sperimento ogni giorno...
Il fatto è che IO
VOGLIO FARE L'INSEGNANTE, ho scelto questo mestiere e non vorrei avere così
paura di sbagliare.
Vorrei
sperimentare metodi, attività ecc. con attenzione si ma non con un timore
così limitante.
Quando i bambini
si comportano bene, sia che ne debba seguire uno solo o la classe intera, io mi
sento davvero appagata.
L'insegnante di
classe con cui collaboro di più è in gamba, mi aiuta, è disponibile al dialogo.
Questa settimana è
stata a casa influenzata e ho dovuto supplirla io spesso...
Ieri sono
andata in crisi. Il giorno prima avevo fatto lezione con la classe e un alunno
disabile che seguo. La classe si comportava bene, il bambino anche. Ero
riuscita a gestire abbastanza bene il tutto.
Ieri invece due
ore bruttissime. Le racconto in sintesi:
un'altra
insegnante di sostegno era in quel momento senza nulla da fare ed è venuta in
classe per aiutarmi. Aiutarmi? Mi irritava perché faceva l'indifferente, diceva
che il bambino (che l'anno scorso seguiva lei) era peggiorato e ha fatto solo
un'azione: minacciare i bambini di dare una nota a tutti dato che c'era
confusione (il bambino che seguo provocava disturbando la lezione e più lo
sgridavo più continuava). La presenza di questa maestra mi irritava. Si vedeva
che era proprio contenta che il bambino non mi obbedisse. Ad un certo punto lo
ha sgridato anche lei e lui di certo non si è calmato anzi peggio.
Quando la maestra
è andata via finalmente, io stufa per il comportamento del bambino che non mi
permetteva di fare lezione con gli altri (in classe c'è un altro bambino
problematico) ho cercato di sbloccare la situazione.
Ho provato a
sgridarlo con decisione ma niente.
Ho provato a fare
l'indifferente ma niente.
Ho provato a
mediare dicendogli di sedersi accanto a me, che avremmo fatto insieme lo stesso
lavoro degli altri ecc...
Allora ho fatto
quel che non avrei voluto fare. L'ho condotto fuori prendendolo per mano (per
forza, lui non voleva venire) dalla bidella. Ho detto: non puoi continuare a
disturbare la lezione, resti qui qualche minuto e ti calmi. Ovviamente mi sono
scusata con la bidella dicendole che mi sono trovata in una situazione
d'emergenza, altrimenti non l'avrei fatto.
Torno in classe e
alzo la voce con la classe cercando di trasmettere sicurezza. Si calmano ma li
castigo, non faranno l'intervallo.
Quando dopo 5 min
esco per andarlo a riprendere intanto la bidella lo sta riportando in classe.
Si è calmato, mi dice la bidella.
Si, lui è calmo,
non ha voglia di lavorare ma si siede a fare un disegno e chiede scusa a me e ai
compagni.
Quest'episodio
ieri mi ha fatto molto dispiacere. Non riuscire a bloccare il comportamento
disturbante del bambino e dover ricorrere alla bidella. Mi sono sentita una
stupida...
Io voglio
provarci, non voglio abbandonare questo lavoro.
So che se fossi
più tranquilla, sicura e ottimista farei meglio, farei bene.
Mi dia un
consiglio, mi dica cosa pensa di me da quel che ho scritto...Gigliola”
Cara Gigliola, che cosa penso di te? Penso
che se vuoi davvero fare l’insegnante ce la farai. Da quel che hai scritto vedo
che hai buona volontà e hai studiato.
Scrivi: “ Il problema è la
mia insicurezza, la mia presenza non incute timore e forse trasmette poca
fermezza. Non riesco a dire cose che facciano restar male i bambini, sono stufa
di essere dolce e comprensiva, loro tante volte la vedono come una debolezza”. Ma perché fare “restar male” i bambini? Tu
devi insegnare come devono comportarsi, che cosa è giusto e accettabile e che
cosa non è giusto e non si può fare. I bambini possono anche essere dispiaciuti
di essere stati rimproverati, ma a volte è necessario e tu devi accettarlo. Stai facendo tanti tentativi: si impara così. Non ti scoraggiare.
Credimi, Gigliola, è normale faticare e a
volte non riuscire a gestire un alunno. Leggere i libri può servire (altrimenti
non avrei scritto il mio!), ma poi devi aspettare che il tempo passi e che l’esperienza
ti aiuti. Si impara con l’esperienza, ma questo non significa che chi ha esperienza
abbia la bacchetta magica. Fatichiamo tutti, solo che all'inizio si fanno più errori,
e bisogna accettare questo fatto, senza sentirsi stupidi e senza andare in
crisi. Hai ragione: gli insegnanti dovrebbero ricevere un’adeguata formazione,
prima di essere mandati allo sbaraglio! Mi sembra, però, che tu sappia già che
non avresti dovuto portare il bambino dalla bidella. Ma non sai che far saltare
l’intervallo è un po’ una violenza, soprattutto per dei bambini piccoli, che
hanno bisogno di muoversi.
La tua collega ha dimostrato di essere
poco sensibile e di non avere a cuore il bene del bambino, ma di essere
interessata ad apparire migliore di te. Impara a difenderti: parla molto chiaramente.
Se dovesse offrirsi di aiutarti rispondile “No, grazie! Quando ci sei tu si
comportano peggio e preferisco fare da sola. Soprattutto, non capisco perché
continui a sottolineare il fatto che Tizio con te si comportava meglio. E
perché? Vuoi dire che sei migliore di me? Se non ti dispiace, la prossima volta
ci penso io a sgridarlo. Ieri con la tua sgridata hai peggiorato la situazione.
Se non ti conoscessi si potrebbe pensare che eri contenta della confusione.”. Credo
che lei dirà! “Ma no! Figurati!”. Allora tu risponderai “Ah, ecco! Però
sembrava…”. Se poi dicesse che ha più esperienza, tu rispondi pure: “Senz'altro!
Ma forse io ho studiato di più. D’altra parte posso dirti che la tua presenza li
agita. Forse non è questione di esperienza…”.
Il nostro lavoro è già anche troppo
difficile. Non abbiamo bisogno di colleghi che, invece di aiutare, ci mettono i
bastoni fra le ruote! Se anche tu fossi incapace di gestire la classe, lei
dovrebbe aiutarti, non metterti in difficoltà.
Lavora sulla tua autostima, Gigliola: il
primo passo consiste nel difendersi dai colleghi scorretti.
Spero che questo ti aiuti.