Nella Scuola dell'obbligo
ritengo utile bocciare solo i ragazzi che hanno veramente (e non sulla carta)
avuto effettive occasioni di recupero e non hanno voluto sfruttarle (ma anche
questo, è un atteggiamento di cui sono pienamente responsabili?). Per gli altri
ci vuole la promozione (con tante scuse per non aver saputo fare nulla per
aiutarli). Come ho scritto qui.
Nella
scuola post-obbligo il discorso è diverso, anche se con importanti punti in
comune.
Prima
di tutto: che cos’è la scuola post- obbligo?
“La
scuola è luogo di formazione e di educazione mediante lo studio, l'acquisizione
delle conoscenze e lo sviluppo della coscienza critica.” secondo lo Statuto delle studentesse e degli
studenti della Repubblica Italiana, art. 1 comma 1.
Fino
ad un certo punto lo Stato ti obbliga ad andare a scuola. Poi ti lascia libero.
Libero
di fare che cosa? Dove vai, se non prosegui gli studi? Sei libero di fare
lavori precari. Libero di essere sfruttato, sottopagato o, più spesso,
disoccupato. Perché il lavoro, in Italia, nella nostra “repubblica fondata sul
lavoro”, non si trova. Non lo trovi neanche se sei bravo, se hai studiato;
figuriamoci se non hai proseguito gli studi. Oppure lo trovi, ma bisogna vedere
con quale sicurezza, con quale stipendio.
Pare
che idraulici, falegnami, elettricisti, ecc. abbiano tanto lavoro. Non so. So
che spesso non vengono pagati. Ma spesso non vengono pagati neppure gli
avvocati, in realtà. E allora?
Oggi
sarebbe bene proseguire gli studi. Sarebbe bene che lo Stato trovasse (e
volesse trovare) il sistema di formare davvero i ragazzi e i giovani per fare
al meglio il lavoro che li aspetta: ottimi elettricisti, ottimi meccanici,
ottimi operai, ottimi medici, ottimi panettieri, sarti, idraulici, ecc. Così
l’Italia sarebbe davvero competitiva. Ci sarebbe più lavoro, più denaro.
Invece
niente. Ad ogni governo che arriva noi insegnanti speriamo che qualcosa cambi.
E cambia, ma in peggio, quando possibile.
Un
ragazzo che è stato bocciato alle medie (secondaria di primo grado), che non è
stato aiutato a trovare la sua strada (non ci sono molte possibilità per
farlo), e finalmente ha preso il diploma di terza media,poi viene obbligato a
fare un pochino di superiori, senza limitazioni (secondaria di secondo grado).
Di solito non è preparato e viene bocciato e lanciato sul mercato del lavoro
(come un sacco di patate), senza preparazione, senza capacità, senza
motivazione. Se poi sta al bar tutto il
giorno diciamo che non ha voglia di lavorare. Si poteva prevedere.
Lo
Stato, attualmente, offre dei licei (per preparare lo studente per
l’Università); degli istituti tecnici (che danno una preparazione
teorico/pratica che forma dei tecnici o che apre le porte dell’università); e
degli istituti professionali, che offrono una preparazione teorico/pratica, ma
più specializzata, rispetto ai licei e agli istituti tecnici, e più rivolta
all’inserimento nel mondo del lavoro.
Sembra
che ce ne sia per tutti i gusti. Invece no. Perché chi si iscrive alle scuole
superiori lo fa senza sapere che cosa lo aspetta, magari senza avere i
requisiti giusti. Bisognerebbe che l’orientamento (che cerchiamo di fare meglio
che possiamo alle medie) fosse molto più serio; bisognerebbe che ci fossero
seri test di ingresso che valutassero, non solo la preparazione, ma,
soprattutto, le potenzialità di ogni alunno. Bisognerebbe che si prendessero in
considerazione tutti i tipi di intelligenza e non solo due o tre, come accade
oggi.
Spesso l’orientamento consiste in un’informazione veloce sulle varie scuole, in
qualche vista alla open school, e, ancora più spesso, nelle parole dei genitori
“Tu devi fare il liceo scientifico perché ho letto che si trova più lavoro”. Se
il ragazzo è in grado di frequentare un liceo scientifico o no, non importa. Ci
può andare e ci va. E viene bocciato. O promosso a suon di spinte, e diventa
una mezza calzetta, dal punto di vista lavorativo. Ma una mezza calzetta con
diploma di maturità scientifica, che non trova decoroso fare un lavoro manuale.
Un futuro sottoccupato o disoccupato.
Ecco,
forse dobbiamo riflettere su questo: a che pro, iscrivere un ragazzo a una
scuola che non riuscirà a portare a termine? Significa davvero dare a tutti le stesse opportunità? È un'opportunità permettere a uno alunno che non riesce in alcun modo a capire la matematica alle medie , o che fa dieci errori di ortografia in un tema, di iscriversi a un liceo? Crediamo nei miracoli o è solo una grande bufala? E perché mettere le cose in modo
da costringere gli insegnanti a bocciare o a promuovere?
Il
problema delle superiori nasce alle elementari e alle medie.
Se
si vuole un popolo italiano (comprensivo di alunni stranieri) più colto e più
preparato, bisogna investire sulla Scuola. Prima di tutto sulla Scuola del primo
ciclo (elementari e medie). Perché è lì che si formano gli studenti, i cittadini
e i lavoratori di domani.
I
bambini, come alunni, si dividono in bambini che vivono in un ambiente almeno
sufficientemente ricco di sollecitazioni educative (libri, teatro, musica,
anche classica; esperienze culturali, attività formative come danza,
pianoforte; dialogo, conversazioni pacate, riflessioni, viaggi culturali, ecc.)
e bambini che vivono in un ambiente povero di sollecitazioni educative (niente
libri, mai stati in una libreria, mai visto un’opera teatrale, nessuno
strumento musicale, nessun dialogo, nessuna riflessione, urla e litigi, ecc.)
Qui
si apre un bivio: ritenere questo divario educativo e culturale come
incolmabile e lasciare le cose come stanno; considerarlo colmabile, e adottare
delle strategie per farlo.
Tutti
quelli che tengono le redini dell’Italia dal punto di vista economico hanno
studiato. Tutti i presidenti di società hanno studiato. Tutti quelli che
tengono in mano le sorti della finanza hanno studiato. (Perché ci sia qualcuno
presidente di qualcosa che forse non ha studiato dobbiamo cercare nella politica).
Tutti i posti di potere economico, tutti i tipi di lavoro sicuro, con stipendi
buoni sono in mano a persone che hanno studiato.
Chi
non studia non può aspirare a lavori sicuri, stabili, ben pagati. Va bene se
trova un lavoro faticoso, pericoloso, mal pagato, precario. Più studi e più hai
probabilità di accaparrarti un buon lavoro. (A meno di non essere un campione di calcio. O una velina in televisione, o un concorrente del Grande Fratello di turno. Ma quanti sono?)
È
importante che si spieghi questo molto bene, ai ragazzi. Ed è importante che si rifletta bene tutti.
Se
continuerà a prevalere l’egoismo (e la malafede) dei più ricchi, dei più
potenti, di coloro che hanno interesse a mantenere la situazione com'è, ancora
impostata sul binomio sfruttatore/sfruttato, lasciamo le cose come stanno. I
ragazzi in difficoltà non verranno aiutati e si pretenderà che escano da soli
dal buco nero dell’ignoranza. Si dirà che non dobbiamo motivarli noi insegnanti
a studiare, perché devono capirlo da soli. Si dirà che vogliamo che un ragazzo che ha
difficoltà a studiare latino, greco, matematica, filosofia, “possa felicemente
lasciare la scuola per andar a fare l'idraulico o il playboy”.
Se
invece si pensa che il divario creatosi in partenza fra chi ha avuto le
opportunità e chi non le ha avute si può colmare; se si pensa che chi non ha
avuto stimoli culturali abbia il diritto di essere aiutato, di essere messo
nelle condizioni di avere quello che non ha avuto, allora dobbiamo cambiare la
Scuola. E smettere di pretendere che un ragazzo vissuto senza sollecitazioni
educative trovi da solo la motivazione a studiare. E smettere di pronunciare espressioni
come “deve impegnarsi”, o “se non capisce che deve impegnarsi”: sono ridicole.
Se
durante il primo ciclo, si riuscisse davvero a tirar fuori da ogni bambino, e
poi da ogni ragazzo, tutto quello può dare, ci sarebbero ragazzi che continuano,
tutti, a studiare, frequentando scuole dove le loro potenzialità verrebbero
coltivate. E non ci sarebbero più potenziali idraulici specializzati che si
iscrivono al liceo scientifico, o potenziali architetti che si iscrivono all’istituto
alberghiero.
Promuovere
o bocciare, nella Scuola post-obbligo?
Prima
di tutto, in attesa di una nuova Scuola, ci vorrebbero dei test d’ingresso.
Poi,
nella Scuola post-obbligo attuale dovremmo almeno offrire insegnanti preparati
e capaci di motivarli. E ritengo utile promuovere solo i ragazzi che hanno
veramente la possibilità di entrare preparati nel mondo del lavoro.
Per
gli altri, quelli che non riescono ad ottenere risultati in una scuola evidentemente sbagliata per loro, ci vuole la bocciatura
(con tante scuse per non aver saputo fare nulla per aiutarli).
Concludo,
per ora, questo argomento, anche se, ovviamente, quello che ho scritto è solo
la punta dell’iceberg di un discorso davvero complesso e sempre in evoluzione.
prima parte qui