Cari ragazzi, vorrei
spiegarvi una cosa.
Una ciambella è un dolce. Può essere la piccola ciambella che piace
tanto agli americani e a Homer Simpson, o la torta che fanno le mamme e le
nonne. La ciambella ha un buco centrale e, per quanto possa sembrare strano, proprio
quel buco costituisce la principale difficoltà. L’espressione della saggezza
popolare “Non tutte le ciambelle riescono col buco” significa che non tutto
quello che cerchiamo di fare bene riesce bene.
Ecco, ragazzi, le persone
sono come le ciambelle: non tutte riescono bene. Eppure i genitori e gli
insegnanti ce la mettono tutta per educare i bambini e i ragazzi in modo che diventino
brave persone.
Nella società, infatti, ci
sono tante persone adulte che sono cresciute come ciambelle senza il buco: i
disonesti, i violenti, i razzisti, per fare degli esempi. Ma adesso mi
interessa spiegare che cos’è un bullo.
Un bullo è solo una triste
ciambella senza buco. Un ragazzo che non è venuto bene, insomma. In fondo, se
guardiamo attentamente, non è colpa sua, se si comporta così male.
Non è capace di comportarsi diversamente. Perché? Cerchiamo di capire perché.
Chi è il bullo?
Un bullo è un ragazzo che è
cresciuto male. È un ragazzo a cui manca qualcosa. È una ciambella riuscita male
perché non ha il buco. Nel buco della ciambella che rappresenta il bullo ci
dovrebbero essere tutti i valori e i sentimenti che impediscono a una persona di
fare del male agli altri. Che cosa manca, perciò, al bullo? Manca soprattutto l’educazione
al rispetto degli altri e alla non violenza. Il bullo non sa mettersi nei panni
degli altri, non sa provare né comprensione né compassione.
Non è semplice, ma è molto
importante cercare di capire da che cosa nasce il bullismo e in che
cosa consiste.
“«Il
bullismo è il fenomeno che si verifica quando uno o più ragazzi picchiano,
deridono e perseguitano un compagno, per divertimento o per motivi
apparentemente insignificanti». […] Chiediamoci perché mai un ragazzo si
diverte tanto a umiliare, picchiare, perseguitare un altro ragazzo. «Perché è
cattivo»? Non è «cattivo». Il vandalo fa alle cose ciò che il bullo fa alle
persone. Ci chiediamo sempre che gusto ci provano. Perché il vandalo se la
prende con un oggetto tanto da danneggiarlo, da volerlo vedere rotto? In realtà
ce l’ha con qualcuno, e quell’oggetto è importante per la persona che lui
considera «il nemico». Vuole danneggiare la persona e gli rompe l’oggetto che
gli è caro. Ride della disperazione di chi trova rigata la macchina; vuole far
vedere alle persone «perbene», quelle che lo disapprovano, che lui «se ne frega
altamente» di loro e delle loro cose. Vuole danneggiare il ricco, perché lui
non lo è, e gli spacca la macchina; vuole danneggiare tutto il resto della
società, che gli sembra che non lo aiuti, e spacca qualunque cosa: giardini,
fiori, aiuole, statue; danneggia sedili del treno o del pullman, perché non si
sente parte della società, ma escluso, emarginato dalla società. Il bullo
invece ce l’ha con i compagni studiosi, o più ricchi, o più belli, o
semplicemente che a casa hanno una vita regolare senza problemi. Rovina i loro
libri, nasconde o rompe i loro astucci, o i loro occhiali. I bulli e i vandali
sono ragazzi sofferenti, molto fragili, resi duri e crudeli dalla vita, nel
corso degli anni.[…] Il bullo picchia,
minaccia, perseguita, estorce, tortura, per dimostrare di essere forte e per
nascondere le sue debolezze.
Sceglie
le vittime fra i compagni più deboli, perché deve essere sicuro di vedere la
paura nei loro occhi.
Paura
che funziona come adrenalina, per lui. Deve avere un seguito di deboli che lo
temono, e che forse, a volte, lo disapprovano, ma che scelgono la strada più
facile dell’assecondarlo per evitare grane, perché vivono di luce riflessa,
sono «qualcuno» perché sono amici del bullo.”
Un bullo non è una persona
forte e felice, quindi. Al contrario: è un ragazzo che recita una parte perché
altrimenti sente di non essere nessuno; recita la parte di chi è ammirato
perché ha potere. Non è un ragazzo amato per il suo carattere, per la sua
intelligenza, e non è rispettato perché sa fare qualcosa di bello. Un bullo
finge di essere felice e di essere potente, e crede di essere rispettato perché
sa fare del male senza farsi degli scrupoli. Ma quello che ottiene non è mai
ammirazione e non è rispetto, in realtà. È soltanto paura. Il suo non è
coraggio. È vigliaccheria.
Questa lettera non è
indirizzata ai bulli. È indirizzata a tutti gli altri ragazzi: a quelli che si
fingono bulli per paura, ma non lo sono, alle vittime dei bulli, che soffrono
in silenzio, perché sono spaventati, e a chi assiste a atti di bulismo e
tace, per non avere grane.
A tutti voi dico: i bulli
sono poveri ragazzi per i quali provare pena. Sono ragazzi che hanno bisogno di
aiuto. Non li assecondate, non seguiteli. Parlate con gli adulti, senza paura.
Dite quello che accade, - a scuola, per la strada o sui social - dite quello che vedete e quello che sapete. Aiutate le
vittime dei bulli a salvarsi dalla persecuzione. Ma aiutate anche i bulli,
parlando con i vostri genitori e con i vostri insegnanti. Se vedete un ragazzo
che viene picchiato chiamate subito la polizia, senza paura. Voi potete farlo. Dovete
farlo. Se tacete diventate complici.