Il momento dell'anno per me più difficile è il momento
degli scrutini finali, quando c'è qualche alunno da bocciare. Come ho già avuto
modo di spiegare, quando si boccia, comunque la si guardi, si fa
un'ingiustizia. E spesso la facciamo anche quando promuoviamo. Sembra un
discorso assurdo?
Se qualcuno mi darà della "buonista" perché
sostengo che la bocciatura è sbagliata, gli risponderò male.
A volte voto per
bocciare. Ma lo faccio perché in questa Scuola non si può fare altro, a volte.
La Scuola italiana procede in questo modo: io spiego, ti
interrogo e ti assegno delle prove periodiche o ti sottopongo a degli esami finali e se non sei
preparato ti boccio e ripeti l'anno. Lo ripeti completamente, anche se la tua
preparazione insufficiente riguarda solo alcune materie.
E non importa dove si
trova la scuola, se si trova in un quartiere degradato, se il ragazzo ha tutti
i motivi per essere maleducato, arrabbiato con tutto il mondo, educato a forza
di botte, o se vive in mezzo alla strada, in un ambiente dove tutto gli insegna
che la Scuola e lo studio non servono a nulla. Non importa se il ragazzo ha
problemi di apprendimento. E quando gli insegnanti percepiscono
l'ingiustizia della bocciatura e l'assurdità di questo sistema fanno
i salti mortali per promuoverli e vengono chiamati "buonisti". Ma si
sentono in colpa perché il ragazzo non sa nulla. Oppure non possono fare altro
che bocciarli. E si sentono in colpa (o dovrebbero sentirsi in colpa) perché in
realtà sanno che quel ragazzo non studia, non si interessa della Scuola perché
non è nato nella casa giusta, con i genitori giusti, nell'ambiente giusto. La
Scuola è ancora "un ospedale che cura i sani e respinge i
malati", come diceva don Milani. Non ci illudiamo che le cose siano cambiate. Molti di noi bocciano senza rimorsi
perché si auto convincono che i ragazzi che non studiano sono "sani", e che sono
“cretini e svogliati”, come diceva, sempre Don Milani, e se non studiano è, semplicemente, perché non vogliono. Ma chi è così stupido da farsi del male da
solo? Chi ha la fortuna di nascere nella casa giusta, con i genitori giusti, nell'ambiente giusto spesso ce la fa perché viene imbottito di scuole private, e di spiegazioni da parte di genitori che hanno studiato e che sanno quanto è importante la scuola.
La Scuola dovrebbe essere un luogo dove si insegna e si
educa, dove gli insegnanti – preparati e formati continuamente – si occupano di
individuare i ragazzi che per i più svariati motivi non riescono a studiare, e
quelli che hanno le potenzialità per affrontare studi universitari. E gli insegnanti dovrebbero avere a disposizione
tutte le risorse necessarie per mettere in condizione di migliorare e di arrivare a dei risultati che gli permettano di proseguire gli studi e poi di andare a lavorare preparati gli alunni che faticano a impegnarsi e
a capire ; e per aiutare a potenziare la sua preparazione chi è
già sulla buona strada.
Invece non è affatto così. Quando un ragazzo ha difficoltà
non abbiamo mezzi veri per aiutarlo. Al massimo gli offriamo qualche
palliativo, perché lo Stato non offre altro. Per il resto, ci dobbiamo limitare a dirgli di studiare, a
bocciarlo o a promuoverlo con una grossa spinta.
I genitori non conoscono i retroscena, e pensano che la
bocciatura sia qualcosa di molto semplice per gli insegnanti. Pensano che, semplicemente, un "non averlo voluto aiutare", o una punizione. È una punizione? Non dovrebbe esserlo, ma in
realtà e in sostanza lo è.
Se avete letto le lettere vi sarete accorti che
emerge chiaramente il fatto che la comunicazione Scuola – Famiglia non passa,
o passa in modo insufficiente, evidentemente. I genitori
e i ragazzi il più delle volte non si aspettano la bocciatura. Perché glielo
diciamo all'ultimo momento, perché durante i colloqui cerchiamo di dare delle speranze, di rassicurarli del fatto che “se si impegna lo aiuteremo”. Qualcuno
(ed è sbagliatissimo), si spinge oltre e, quando la mamma preoccupata e
piangente dice “professore, ho paura che mio figlio venga bocciato”, risponde “Ma
no, non si preoccupi, vedrà che andrà tutto bene”, senza rendersi conto minimamente
che la mamma si convince che tutto il consiglio di classe la pensa così, anche
se non è vero.
Allora dico agli insegnanti e a me stessa: stiamo attenti a come
parliamo; non diamo per scontato che tutti siano addentro alle cose della
Scuola; spieghiamo di più qual è la situazione del ragazzo; non limitiamoci a dare per scontato che se vedono i brutti voti capiscono che potrà essere bocciato; spieghiamo bene che la valutazione tiene conto di molti fattori, soprattutto nella Scuola dell'obbligo; siamo prudenti; non promettiamo nulla che non
possiamo mantenere, soprattutto se non dipende da noi; non usiamo la bocciatura
come minaccia.
Ma ai genitori dico: la valutazione è un sistema
complesso. Non vi improvvisate insegnanti, facendo somme e divisioni con i
voti. Le medie le facciamo noi, tenendo conto di altri voti, che possiamo
assegnare ad altre voci, come l’attenzione, la disponibilità, la
partecipazione, la collaborazione, ecc. Se non fosse così non ci sarebbero gli
scrutini, non ci sarebbero discussioni e scambio di idee durante gli scrutini, e per decidere la promozione o la bocciatura basterebbe immettere i
dati in una macchina.
Ai genitori dico: rendetevi conto di quanto è difficile
insegnare. Smettetela di pensare che gli insegnanti ce l’hanno con vostra
figlia, che non la capiscono, che potrebbero aiutarla di più ma non vogliono farlo. Lasciate fare agli insegnanti, perché insegnare e valutare è il loro
lavoro, non il vostro. Non credete a tutto quello che dicono i vostri figli:
spesso è esagerato o travisato. Non pensate sempre a come difendere vostro
figlio, e a come farla pagare agli insegnanti o alla scuola.
E soprattutto dico: genitori e ragazzi, non fate paragoni
fra i voti vostri e quelli dei vostri compagni;
non pensate che quello che non capite è la prova che gli insegnanti sono
degli incapaci o delle persone disoneste che fanno delle preferenze.