Giorgio mi scrive:
“Cara Professoressa Milani, mi chiamo Giorgio ed insegno lettere in una scuola media, questo per la precisione è il mio settimo anno di insegnamento. Le scrivo per chiedere qualche consiglio su come gestire il comportamento di un alunno particolarmente difficile, pluri-ripetente e che ora frequenta la terza media, ma è di due anni più grande rispetto al resto della classe. Insegno in quattro classi, nelle altre tre non ho particolari problemi e anzi gli alunni mi stimano, tuttavia quando svolgo l'ora di approfondimento (un'ora alla settimana) nella terza dov'è inserito il pluri-ripetente la musica è completamente diversa: questo soggetto non ha il benchè minimo rispetto delle regole, le punizioni (ha già due pesanti note sul registro messe peraltro da altri prof.) lo fanno diventare peggiore, distrae gli altri in continuazione con battute fuori luogo, anche prenderlo con ironia non serve a nulla perchè ne approfitta e pensa che anche l'insegnante approvi il suo modo di fare. Ho provato anche a parlargli e a chiarire il perchè del suo comportamento e mi ha risposto che agisce così per risentimento verso la scuola, usando testuali parole:"Mi comporto malissimo così imparate voi Prof. a bocciarmi per ben due volte". Ne ho parlato con la coordinatrice e mi ha detto che si tratta di un elemento oggettivamente difficile, tuttavia avvertire i genitori non serve a nulla, perchè la famiglia non è in grado di seguirlo a dovere. Il problema è che la classe in cui è inserito è didatticamente ad un livello piuttosto basso, anche gli altri alunni sono poco motivati allo studio e tendono ad approfittare della situazione, l'unico modo per tenerli è propinare verifiche a sorpresa, ma mi rendo conto che ciò comunque crea un certo risentimento e non sempre si può fare, visto che l'ora dovrebbe essere appunto di approfondimento.
Quale potrebbe essere il sistema più corretto per guadagnarmi la fiducia e il rispetto di questo allievo? Mi rendo infatti conto che, se miglioro la relazione con tale allievo, anche tutto il rapporto con la classe ne gioverà. Grazie anticipatamente per la risposta.”
Caro Giorgio, posso dirti che leggendo la tua lettera colgo una elemento molto importante nell’insegnamento: vuoi davvero risolvere il problema nel migliore dei modi. Sei a metà dell’opera!
Prima di tutto desidero dirti che tutti hanno problemi con ragazzi difficili che volontariamente vogliono comportarsi male. Di solito i ragazzi si comportano male involontariamente, perché non sanno e non riescono a tenere un comportamento corretto. Nel caso di un ragazzo che lo fa apposta, e in modo consapevole, bisogna usare molte strategie, e non è detto che funzionino, se il suo rifiuto è molto forte e il tempo per recuperarlo è poco.
Tieni a mente queste osservazioni:
- tutti i ragazzi che si comportano male hanno dei grossi problemi. Problemi enormi e di tutti i tipi: problemi con i genitori, problemi economici, vissuti di violenza o di abbandono o di emarginazione. Sono maleducati, sgarbati, strafottenti, violenti perché la vita li ha resi tali. Verrebbe voglia di lasciarli al loro destino perché spesso sono sgradevoli e molto difficili da accettare, ma pensa quanto è gratificante quando riesci ad entrare in quella scorza nera e portare un po’ di rosa.
- Tu e tutti gli insegnanti siete per lui nemici. Ma lo devi capire.
- Le punizioni e note non lo interessano, perché non gli interessa la scuola. Sarebbe come se a me fosse impedito di giocare a calcio. Non mi interesserebbe nulla.
- Quando vedi un ragazzo così devi subito guardarlo come una persona in difficoltà che ha bisogno di aiuto, e non come un ragazzo che ti sta dando noia e ti rende difficile la lezione (e un po’ anche la vita). Se lo guardi con gli occhi di chi lo rifiuta (quelli che vede sempre) non hai speranza di arrivare a lui per farti ascoltare.
- Non devi mai perdere la pazienza, e, se la perdi, devi assolutamente fare in modo che non si veda: chi dà in escandescenze ha perso la partita.
- Quando ti rivolgi a lui trattalo sempre con estrema gentilezza, usando un tono di voce dolce, ignorando il suo atteggiamento. Sarà diffidente e sgarbato, perché non è abituato, ma vedrai che lo apprezzerà. È difficile essere sgarbato a lungo con chi ti tratta bene.
- I ragazzi, presi da soli sono molto diversi rispetto a quando sono in classe. Se nessuno li vede non hanno bisogno di mostrarsi ribelli o arroganti. Hai più possibilità di parlargli fuori dalla classe. Stai attento: non rimanere mai solo con lui in un’aula, perché potrebbe venirgli l’idea di fartela pagare inventandosi che lo hai offeso, o peggio.
- Un ragazzo che si sente rifiutato e ferito la fa pagare a tutti quelli che incontra, anche se non c’entrano niente. Forse lo faremmo anche noi.
- Un ragazzo che in casa e nella vita ha preso solo calci si aspetta calci da tutti e quindi cerca di darli per primo. È un po’ come quando un cane è abituato a prendere calci. Se ti avvicini si comporta come se anche tu stessi per picchiarlo.
- Lo scopo della scuola, in casi come questo, non è l’insegnamento della grammatica o della letteratura. Prima si deve recuperare il ragazzo dal punto di vista umano.
- Tutti hanno dei pregi, ma i difetti si vedono molto di più. Cerca di trovare i suoi.
- Ci sono buone probabilità che, anche impegnandoti molto, tu esca sconfitto, perché non sei il solo insegnante, non tutti i colleghi si impegnano in questo senso, altri, anzi, lo offendono e lo rifiutano. Ma se vuoi essere un bravo insegnante devi provare.
Eccoti qualche consiglio:
1. Tieni sempre presenti le osservazioni che ti ho dato e rifletti bene su ognuna.
2. Chiamalo fuori e metti le carte in tavola: digli che lo vuoi aiutare. Chiedigli che cosa gli hanno fatto perché abbia un atteggiamento come quello che mostra in classe. Digli che sai che ha dei pregi. Fagli osservare che tu con lui sei sempre gentile e che non è giusto che lui faccia pagare a te per una colpa che non hai.
3. Chiedigli che cosa puoi fare per lui, ma precisa che in nessun modo accetterai da parte sua che manchi di rispetto a te o ad altri. Spiegagli che per voi insegnanti sospenderlo continuamente e bocciarlo di nuovo è molto più facile che cercare di convincerlo a comportarsi bene. Ma digli che tu non vuoi farlo, perché lo vuoi aiutare, a meno che lui non ti costringa a farlo.
4. Concentrati sul fatto che gli altri lo trovano un ragazzo coraggioso, capace di dire quello che tutti o quasi vorrebbero dire ai professori: vai a quel paese. Devi assolutamente ridimensionarlo ai loro occhi, dimostrando che tu sei più forte. Ma non con le note: quella è una vigliaccata, ai loro occhi. Devi vincerlo con la psicologia. Ricorda che lui è pur sempre un ragazzo.
5. In classe non accettare la minima mancanza di rispetto da parte sua. Se manca di rispetto a te o ad altri non lasciar perdere sperando che smetta: non smetterà. Anzi. Quindi: non fare lezione ma passa tutta l’ora a dargli fastidio, cercando di prendere tu le redini del suo gioco. Se lui canta, ordina a tutti di cantare. Se si alza, ordina a tutti di alzarsi. Se si sdraia in terra, ordina a lui di rimanere a terra. Se si alza, hai vinto perché volevi farlo alzare, e se rimane a terra hai vinto lo stesso, perché ha eseguito il tuo ordine. Se dice qualcosa di scorretto, chiedi a tutti di guardarlo. Rendi esplicito quello che sta facendo, in modo che se lui voleva che i compagni ridessero di te, la situazione si capovolga e sia lui ad essere deriso. In pratica, devi cercare di usare la sua mossa per farlo cadere. Come nello judo. Deve capire che tu sei l’insegnante. Lo devi fare, con calma, senza cattiveria. Deve percepire che lo stai aiutando a capire. Si arrabbierà ancora di più con te. Resisti.
6. Leggi gli altri post che ho scritto su questo argomento.
Caro Giorgio, spero di essere riuscita a scegliere i consigli giusti e di averti aiutato. Ricorda, però, che quando si insegna si impara a forza di errori. Per questo l’esperienza serve a tanto. Fammi sapere.