C'era una volta una società ingiusta in cui solo chi aveva la
possibilità di parlare poteva farlo. Chi aveva studiato leggeva e scriveva, e
aveva la possibilità di discutere di quello che aveva scritto o aveva letto in
ambienti dove solo chi era competente poteva entrare.
C'era una grande distanza fra chi studiava e chi non studiava. Ben
più grande di quella che separava chi era ricco da chi era povero. E non c'era
bisogno di alzare delle barriere, perché chi non studiava si sentiva tanto
ignorante che si escludeva da solo, e si guardava bene dall'intervenire nelle
discussioni. La persona che aveva studiato veniva rispettata, e l'istruzione era considerata un mezzo importante per migliorarsi.
E anche i bambini e i ragazzi si sentivano impreparati a discutere
e a contestare quello che dicevano gli adulti, indipendentemente dal loro livello
culturale e dal loro ceto sociale.
Ad un certo punto -
fortunatamente - l'istruzione è diventata obbligatoria almeno
fino all'adolescenza. Finalmente tutti avrebbe avuto le competenze per parlare a ragion veduta, per difendere i propri diritti, per portare avanti battaglie sugli aspetti peggiori della società.
Negli anni, la televisione ha offerto agli spettatori un
numero sempre maggiore di servizi sulla salute, sulla politica, sulle
scienze, e talk show, inchieste. Tutti avevano la possibilità di ampliare le loro conoscenze.
Ma non è accaduto quello che avrebbe dovuto
accadere. Non tutti gli italiani sono diventati più colti. È accaduto invece
che ogni italiano si è convinto di essere esperto di tutto e, dato che durante
i telegiornali le persone comuni vengono invitate ad esprimere il loro parere
sui problemi e sui fatti di attualità, si è convinto anche di avere il diritto
di esprimere qualunque idea gli passi per la testa, anche quando non si è
preoccupato di rifletterci su neanche un minuto.
Da quando il web è presente sui telefonini e in tutte le
scrivanie di tutte le case e di tutti gli uffici, e da quando facebook, e
twitter e i portali di viaggi, i siti dei quotidiani, i forum hanno introdotto la parolina "commenta", è avvenuto il
miracolo: tutti possono parlare, anche chi spara soltanto insulti, chi non sa nulla
dell'argomento, e anche gli incompetenti e i maleducati possono esprimere i loro giudizi, sfogare la loro rabbia e le
loro frustrazioni, perché sono nascosti dietro uno pseudonimo, e solo per
questo sono capaci di urlare, offendere, diffamare, insultare. La stupidità e l'ignoranza vengono amplificate dal web, con grande soddisfazione degli autori di insulti e di affermazioni piene di banalità, e spesso anche di odio.
Il fatto che gli incompetenti e gli stupidi siano liberi di insultare, diffamare, ingiuriare e urlare banalità, luoghi comuni
e stupidaggini non è una bella cosa. Questo fenomeno è inquietante e secondo me
carico di aspetti negativi. Sarebbe magnifico se tutti esprimessero idee
ponderate, se giudicassero solo dopo aver riflettuto, se facessero affermazioni
costruttive e contestassero solo dopo essersi documentati, e, soprattutto, se
tutti rispettassero le idee diverse. Ma non è affatto così.
Il web permette di leggere cose interessantissime, scritte da
gente intelligente. Permette di imparare nuove cose, di comunicare con gli
altri, di scoprire, di insegnare, di condividere. Ma la possibilità di
nascondersi dietro uno pseudonimo facilita quella percentuale di persone
ignoranti, stupide e soprattutto presuntuose e maleducate, che sembra essere
piuttosto alta. Di conseguenza, l'enorme quantità di commenti
scritti da persone ignoranti o stupide finisce per soffocare la percentuale
decisamente inferiore di commenti scritti da persone intelligenti. E - voglio
precisarlo - con "intelligenti" non intendo necessariamente
"colte, che hanno studiato", perché ci sono persone stupide anche fra i
laureati, e persone intelligenti anche fra quelli che non hanno proseguito gli studi.
Lo scontro sul web fra persone stupide e ignoranti e persone
intelligenti fa emergere il peggio della società: rabbia, aggressività, odio,
invidia, superbia, disonestà, incompetenza, superficialità, razzismo, omofobia.
E, quel che è peggio, la sistematica impunibilità convince tutti che via web i
reati non siano perseguibili. Quando si leggono i commenti quello che emerge
spesso è l'odio, l'astio, il disprezzo, il rancore: verso gli insegnanti, verso
i politici, verso i medici, verso chi ha successo e verso chi non ce l'ha. E i ragazzi imparano dagli adulti a offendere, a discriminare e a odiare.
E in un attimo la stupidità e l'ignoranza,
amplificate, debordano ed escono dal web: tutto l'odio si espande nella vita
quotidiana, fuori dal web. Chiunque, grandi e piccoli, uomini e donne, crede di
essere ancora online e insulta, giudica sommariamente, dice la sua su tutto
anche senza avere alcuna competenza. Pensano che basti consultare
wikipedia per diventare esperti di legge, di didattica, di diritti. Si sentono competenti perché nella loro vita online hanno dato del
"tu" a ministri e scienziati; sono "amici" di cantanti e
calciatori famosi; hanno chiesto spiegazioni e dato suggerimenti a scrittori e
filosofi, hanno fatto dichiarazioni politiche, espresso giudizi su
personaggi pubblici, su ristoranti, alberghi, frullatori, insegnanti, libri,
bibite energetiche, cantanti, calciatori, programmi, film, marche di caffè,
negozi, gelati.
Si sentono forti e al sicuro perché hanno letto e scritto
tantissimi insulti, e nessuno ha detto nulla e a nessuno è accaduto nulla.