Gloria mi scrive:
“Cara professoressa Milani, ho letto una lettera scritta da un insegnante sul tuo sito, un po' mi ha consolato di non essere la sola. Io ho una classe terza elementare, con due bambini bocciati, un sostegno e su 17 almeno 8 bambini con difficoltà di apprendimento. Io insegno matematica da quest'anno, ma li ho da tre anni, ho solo 11 ore con loro perché faccio un part-time, hanno cambiato insegnante con le materie fondamentali ogni anno. Io faccio molta fatica nel pomeriggio e il sabato mattina quando ho in classe il bambino marocchino che in quelle ore non esce perché non ha il sostegno, è disinteressato ,non lavora, fa dispetti ai compagni, ho già parlato con il padre che gli dà ragione perché è un maschio. Ho provato a coinvolgerlo, a chiamarlo, a dargli incarichi a lodarlo ma la sua attenzione dura per poco, poi sa che non viene sgridato a casa e a volte mi ride in faccia. Con le nuove insegnanti invece non si comporta così, io lo conosco dallo scorso anno.
Poi ci sono altri bambini che non lo possono soffrire e ieri che dalla disperazione l'ho mandato nella classe della mia collega e sono riuscita a fare musica, e finalmente i bambini hanno esultato. Non è comunque l'unico, ma quello che mi esaspera di più, alcuni sono, scusa la parola, "stronzetti", montati dai genitori, entrano in polemica, si insultano e non posso mai sedermi e devo fare il carabiniere per impedire che si picchino come lo scorso anno, inoltre sono maleducati, digeriscono senza cognizione, ti rispondono a volte, non lasciano parlare i compagni. Non funzionano né note, né compiti di castigo.
Devo dire che ho anche un brutto orario quest'anno, il sabato devono fare geometria ed inglese e fanno disegno e motoria nelle ore in cui sono più riposati, io matematica la faccio dalle 10,30 alle 12,30 quando sono ormai stanchi e disinteressati.
Hai qualche suggerimento, per evitare che continui ad urlare senza ottenere granchè?
E' difficile farsi ascoltare, ottenere il silenzio. A volte neppure mi salutano quando entro. So forse di aver sbagliato qualcosa, ma non so cosa fare e come dimostrarmi autorevole con loro. La collega non mi aiuta, anzi ho l'impressione mi remi contro. Dopo 13 anni di ruolo mi sento avvilita, demotivata, ho avuto altri bambini difficili, ma così superficiali, incapaci di accettare e capire i compagni in difficoltà, c'è molta competizione in ogni attività e prepotenza. Aiutami. Gloria”
Cara Gloria,
la situazione che mi descrivi non è poi così rara, credimi. Se leggi il blog e il libro, te ne renderai conto.
Uno degli aspetti più usuranti del lavoro dell’insegnante è la frustrazione che ci assale quando non riusciamo ad ottenere e a fare quello che vorremmo, quando ci accorgiamo di “urlare senza ottenere granché”, quando constatiamo che “non funzionano né note, né compiti di castigo”. Allora cerchiamo un motivo che spieghi le nostre sconfitte, un responsabile dei nostri insuccessi. E ci sentiamo avviliti, demotivati, e spesso finiamo per colpevolizzare noi stessi perché non riusciamo ad essere bravi insegnanti.
“E' difficile farsi ascoltare, ottenere il silenzio.”, dici. Molto difficile, dico io. È per questo che scrivo questo blog e che ho scritto un libro di consigli.
In realtà, non è “colpa tua” se hai delle difficoltà: le abbiamo tutti. Forse non sei adatta ad insegnare, chissà. Ma non è colpa tua: avrebbe dovuto esserci una selezione iniziale; avrebbero dovuto insegnarti prima che tu entrassi nella Scuola, come si insegna. Non è “colpa” neanche del bambino marocchino difficile: è diventato così per una somma di fattori, di esperienze.
E neppure dei due bambini bocciati, del bambino disabile, né degli otto bambini con difficoltà di apprendimento. Sono così, e la Scuola è anche loro.
Non c’entra neanche il brutto orario che hai quest’anno.
Il fatto è che il lavoro dell’insegnante è questo. Affrontare tutte le difficoltà, aiutare i bambini e i ragazzi a diventare grandi e ad avere un bagaglio di conoscenze e di abilità che permettano loro di lavorare e vivere bene.
Se ci sono delle colpe vanno ricercate dei governi che non investono nella Scuola; negli insegnanti che non fanno nulla per imparare, per migliorare; nella società che insegna a vivere superficialmente, senza doveri e con molte pretese; nei genitori che non sanno più fare i genitori e delegano tutto alla Scuola.
A me sembra che tu sia sulla buona strada: quella di chi cerca delle soluzioni.
Si diventa buoni insegnanti soltanto quando si impara a capire i bambini e i ragazzi. Soprattutto quelli che si comportano male: se parti dal presupposto che chi si comporta male sta male, anche quando sembra divertirsi, vedrai che riuscirai a trovare il desiderio di aiutarlo e non quello di mandarlo via, nel tentativo di farlo scomparire almeno per un po’, per fare lezione, finalmente in pace. E non tollererai più che i compagni "non lo possano soffrire", e saprai insegnare anche a loro ad accettare il compagno difficile.
Quando avrai imparato ad ascoltare loro, loro ascolteranno te. Anche in silenzio.
Tutto il resto viene di conseguenza. Prova, e vedrai che le cose miglioreranno. Ci vuole tempo e molta pazienza. Ma alla fine ce la farai.
Fammi sapere, Gloria.