Non so esprimere il dolore che provo
ascoltando gli appelli di DJ Fabo, che potrebbe essere mio figlio. Dolore e
rabbia.
Scrivo oggi, quando ancora non so come finirà il suo viaggio in Svizzera verso la libertà, perché voglio parlarne sapendolo ancora vivo.
DJ Fabo vuole assolutamente morire. Ha implorato tutti. Eppure non c’è niente
da fare. Qualcuno decide per lui che no, non è giusto (ma per chi? Si può
sapere, esattamente?): non deve morire, non deve essere aiutato a morire e non
deve essere neanche accompagnato dove lo aiutano a morire. Sono irremovibili,
sicurissimi di essere dalla parte della ragione: deve vivere, perbacco!
Fabiano Antoniani – per tutti Dj Fabo, ma
per i suoi cari Fabiano - 40 anni, è un ex ragazzo allegro, un ex ragazzo
vulcanico, un ex ragazzo sportivo, un ex centauro, un ex broker, un ex
assicuratore, un ex DJ.
Adesso è tetraplegico e cieco: non può
vedere, non può muovere le braccia, le mani e le gambe. Non può neanche
suicidarsi, Fabiano. Ma può chiedere, implorare con disperazione, di liberarlo
da quella prigionia che gli altri si ostinano a chiamare “vita”.
Ci sono quattro domande che vorrei fare a
tutti, a ognuno di quelli che si battono per impedire l’eutanasia e che
sicuramente avranno da ridire su questo mio post.
La prima è “Che cosa significa vita?”.
La seconda è “Chi decide se la mia è
ancora vita?”.
La terza è “Ma se anche fosse vita, se per
VOI fosse vita, ma PER ME non lo è più, chi vi dà il diritto di OBBLIGARMI a
vivere?”.
La quarta è “Ma quando dite che non è
giusto, PER CHI, ESATTAMENTE, non è giusto?”
Vorrei esclamare a gran voce che sono
assolutamente favorevole all’eutanasia. Sono favorevole al testamento
biologico.
Sono convinta che tenere in vita una
persona che non può più fare nulla sia una crudeltà inaudita, per lui e per chi
lo ama. Come lo sarebbe uccidere una persona che ama vivere.
Sono convinta che ognuno debba decidere
della sua vita.
Credo che se ci sono persone che vivono
una disabilità anche gravissima e vogliono vivere, nessuno si sogna di dir loro
che la loro vita non è vita e che devono morire. Ricordo benissimo la
meravigliosa Rosanna Benzi, tetraplegica, che visse 29 anni dentro un polmone
d’acciaio, ma seppe sorridere, combattere per i diritti dei disabili e scrivere
due libri. Meravigliosa. E allora? Che cosa significa? Che tutti dobbiamo
vivere come lei perché la vita è sacra? Ma "sacra" in che senso?
In che senso si impedisce a qualcuno di scegliere di morire portando qualche esempio di persone che si risvegliano dal coma? Che cosa c'entra? E quelli (la maggioranza) che non si risvegliano più?
Ma chi sono queste persone che si ergono a
giudici supremi? Se uno è tanto disperato da voler morire, perché qualcuno gli
dice “Devi continuare a soffrire, anche se soffri tanto da desiderare la
morte”?
Qualcuno oggi ha detto che lo Stato ragiona così: “Stai male? Stai malissimo? Ti aiuto io, ti do tutto il supporto per farti affrontare la malattia o la disabilità, ma non posso lasciarti morire”. Se ne avessi avuto voglia avrei riso forte. Ma in quale fiaba lo Stato dà tutto il supporto possibile? E poi: se anche fosse, e non potesse fare nulla? Lo Stato, per esempio, può far tornare la vista a Fabiano? Farlo camminare di nuovo? Farlo correre, mettere su musica, ridere, viaggiare? E se lui non vuole più vivere nella gabbia che ha avuto in sorte, che diritto ha lo Stato (o la Chiesa cattolica, o chiunque altro) di dirgli di no?
Caro, carissimo Fabiano, ti auguro con tutto il cuore di trovare la libertà.
P.S. Ore 11.40 del 27 febbraio 2017: Fabiano è finalmente libero.