La professoressa Isabella Milani è online

La professoressa Isabella Milani è online
"ISABELLA MILANI" è uno pseudonimo, scelto per tutelare la privacy dei miei alunni, dei loro genitori e dei miei colleghi. In questo modo ciò che descrivo nel blog e nel libro non può essere ricondotto a nessuno.

visite al blog di Isabella Milani dal 1 giugno 2010. Grazie a chi si ferma a leggere!

SCRIVIMI

all'indirizzo

professoressamilani@alice.it

ed esponi il tuo problema. Scrivi tranquillamente, e metti sempre un nome perché il tuo nome vero non comparirà assolutamente. Comparirà un nome fittizio e, se occorre, modificherò tutti i dati che possono renderti riconoscibile. Per questo motivo, mandandomi una lettera, accetti che io la pubblichi. Se i particolari cambiano, la sostanza no e quello che ti sembra che si verifichi solo a te capita a molti e perciò mi sembra giusto condividere sul blog la risposta. IMPORTANTE: se scrivi un commento sul BLOG, NON FIRMARE CON IL TUO NOME E COGNOME VERI se non vuoi essere riconosciuto, perché io non posso modificare i commenti.

Non mi scrivere sulla chat di Facebook, perché non posso rispondere da lì.

Ricevo molte mail e perciò capirai che purtroppo non posso più assicurare a tutti una risposta. Comunque, cerco di rispondere a tutti, e se vedi che non lo faccio, dopo un po' scrivimi di nuovo, perché può capitare che mi sfugga qualche messaggio.

Proprio perché ricevo molte lettere, ti prego, prima di chiedermi un parere, di leggere i post arretrati (ce ne sono moltissimi sulla scuola), usando la stringa di ricerca; capisco che è più lungo, ma devi capire anche che se ho già spiegato più volte un concetto mi sembra inutile farlo di nuovo, per fare risparmiare tempo a te :-)).

INFORMAZIONI PERSONALI

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La professoressa Milani, toscana, è un’insegnante, una scrittrice e una blogger. Ha un’esperienza di insegnamento alle medie inferiori e superiori più che trentennale. Oggi si dedica a studiare, a scrivere e a dare consigli a insegnanti e genitori. "Isabella Milani" è uno pseudonimo, scelto per tutelare la privacy degli alunni, dei loro genitori e dei colleghi. È l'autrice di "L'ARTE DI INSEGNARE. Consigli pratici per gli insegnanti di oggi", e di "Maleducati o educati male. Consigli pratici di un'insegnante per una nuova intesa fra scuola e famiglia", entrambi per Vallardi.

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mercoledì 31 ottobre 2012

Nuova RECENSIONE al libro! Leggetela!


Recensione cliente

5.0 su 5 stelle Un libro davvero utile per tutti i docenti e non solo31 ottobre 2012
Di 
Questa recensione è su: Consigli Pratici Per Giovani Insegnanti (Brossura)
Il libro della professoressa Milani è scritto in un linguaggio semplice ed efficace. Niente complesse teorie psicopedagogiche o concetti astrusi di difficile applicazione, ma consigli semplici, pratici e immediati. La professoressa ci racconta come lei imposta il suo insegnamento e soprattutto il suo rapporto con alunni e genitori, dal modo di entrare in una classe a come rapportarsi in modo positivo con alunni e genitori senza trascurare aspetti complessi e delicati come la gestione di alunni o classi "difficili", il bullismo, il modo di dare i voti e tanto altro.

Non fatevi ingannare dal titolo: il libro è utilissimo anche per insegnanti non più giovanissimi e non alle prime armi (è il mio caso). Credo che chiunque possa trovare spunti di riflessione interessanti. Se almeno una volta vi è capitato di avere l'impressione di non riuscire a dialogare con una classe, di perdere il controllo della disciplina, di non essere soddisfatti da come riuscite a fare lezione, di dubitare dei vostri voti, è il caso di provare almeno a sentire quali sono i suggerimenti della prof, almeno per confrontarsi. Poi ognuno dovrà trovare la sua strada. A me è capitato di essermi improvvisamente reso conto di alcuni errori banali che facevo molto spesso. Già pochi giorni dopo aver letto il libro mi sono accorto che riuscivo a stare molto meglio in classe, sentendomi soprattutto più sereno e sicuro, e non finendo per cedere all'irritazione o allo sconforto.

Attenzione, questo non vuol dire che sia tutto semplicissimo o che la professoressa offra rimedi miracolosi. In qualche caso potrebbe essere necessario lavorare molto su di sé e di certo per migliorare davvero bisogna essere disposti a mettersi almeno un minimo in discussione e riconoscere i propri errori e i propri limiti. Però ho trovato che alcuni consigli sono come il classico uovo di colombo: come avevo fatto a non pensarci prima, mi sono chiesto, e perché nessuno me lo aveva mai detto?

In definitiva, una lettura utilissima per tutti gli insegnanti e non solo: di certo anche per dirigenti e genitori. E direi che dovrebbe anche essere una lettura obbligatoria per qualche ministro dell'istruzione che non ha mai messo piede in una classe (tutti, mi sa).

lunedì 22 ottobre 2012

Lettera aperta al Presidente del Consiglio Monti, al Ministro Fornero e al Ministro Profumo. 333°



Cari, carissimi Presidente del Consiglio Monti, Ministro Fornero e Ministro Profumo,
vi scrivo perché sono convinta che davvero non vi rendiate conto di che cosa significa lavorare in certe condizioni. Altrimenti non chiedereste a certe categorie di andare in pensione a 67 anni o più, e “di fare un sacrificio e lavorare qualche ora in più”.
Naturalmente ci sono altri mestieri e altre professioni che snervano, ma io desidero spiegarvi qualcosa del lavoro dell’insegnante, che a troppi appare come un lavoro di tutto riposo. Non starò ad elencarvi tutti gli impegni che abbiamo, perché lo hanno già fatto in tanti e credo che almeno il Ministro Profumo dovrebbe conoscerli con esattezza. E poi, perché mi piacerebbe che ci credeste sulla parola: abbiamo molti impegni, al di là di quelle 18 ore.
Il lavoro dell’insegnante è difficile e faticosissimo. Abbiamo a che fare con persone che un giorno entreranno nella società, e dovranno essere cittadini onesti, lavoratori volenterosi. Dovranno diventare muratori, commercianti, medici, avvocati, perfino Ministri, onesti e preparati. Nessuno vuole avere a che fare con medici, meccanici, avvocati, ingegneri, idraulici, tecnici di radiologia incompetenti. Nessuno vuole che la Scuola sforni degli ignoranti.
Ma è quello che succederà. Perché, cari, carissimi Presidente del Consiglio Monti, Ministro Fornero e Ministro Profumo, la società finge di volere che la Scuola prepari, ma in realtà non si interessa minimamente di quello che uscirà dalle sue aule. Anzi. La società – e quando dico “società” intendo quelli che abitano in Viale dei Giardini e in Parco della Vittoria, e non quelli di Vicolo Corto e vicolo Stretto - vuole che creiamo degli spendaccioni da spremere; vuole che sforniamo degli ignoranti da imbambolare e da sfruttare.
Vogliono che andiamo a Scuola a scaldare la cattedra, che ci inventiamo qualche sistema per non correggere i compiti in dieci minuti, che facciamo dei quiz. Non importa se sforniamo ignoranti. Anzi.
Lei, Signor Ministro Profumo, ci chiede 24 ore di insegnamento invece di 18. La credo in buonafede. Non può sapere che cosa significa. Altrimenti non lo avrebbe detto, ne sono sicura. Non si possono fare 24 ore di lezione, glielo assicuro. Se lei si abbassasse a leggere il mio blog, lo vedrebbe lì, che cosa significa insegnare, oggi. Leggerebbe la disperazione, la frustrazione, la paura di non farcela di tanti insegnanti. Capirebbe che cosa significa amare la Scuola e i ragazzi,  avere un controllo di se stessi ininterrotto; capirebbe lo stress che comporta la responsabilità di dover educare e istruire gli alunni,  sapendo che fuori, nella società dei consumi,  la diseducazione sarà forte e continua. Non si può sostenere questo per 24 ore, neanche se lo stipendio aumentasse. Sono già tante 18 ore. Né si può fare questo lavoro in classe fino a 67 anni o più. È assurdo, umiliante e, soprattutto, improduttivo.

Lei, Ministro Fornero, dice che “non ci sono fratelli maggiori e fratelli minori”: ha ragione. Noi fratelli minori stiamo aspettando che i fratelli maggiori smettano di avere dei privilegi.
Tutti – lei dice -  devono andare in pensione più tardi, perché “è aumentata la speranza di vita”: Ministro Fornero, mi scusi tanto, ma la speranza di vita di chi? Anche quella degli insegnanti, e di tutte le categorie sottoposte a stress, come chi lavora nella sanità, per esempio? Tutti i lavori che consistono nell'aiutare gli altri sono molto stressanti. Non lo sapete, lo capisco. Ma informatevi sulla salute di queste persone. Ce la garantite, la buona salute fino a 67 anni o più? Finché non potrete garantirci che vivremo bene non è giusto che allontaniate il traguardo della pensione. I lavoratori sfiniti piangono. E piangono i disoccupati che aspettano invano che si liberino i posti
Personalmente conosco un numero esagerato di insegnanti morti giovani o colpiti da ictus, da infarti, da depressione. Ministro Fornero, faccia fare uno studio sulla speranza di vita per categorie: l’autorizziamo noi cittadini a buttare via i soldi dei contribuenti per questo.
Intanto, tolga le pensioni d’oro a chi le ha, tolga i privilegi ai politici che siedono sulle comode poltrone rosse del Parlamento. Faccia pagare l’IMU in modo esponenziale a chi ha dieci, venti, cento case. Mandi in galera chi si arricchisce illecitamente.  E faccia pagare le tasse alla Chiesa, naturalmente, che ne ha presi anche troppi, di aiuti. I cattolici non faranno mancare le loro donazioni, vedrà.
Caro, carissimo Presidente Monti, lo so che l’Italia è stata ridotta a un bordello cadente. So che lei e i suoi collaboratori state cercando di evitare che il bordello crolli, e state cercando di riconvertirlo in Nazione rispettabile.
Ma non si possono fare le nozze con i fichi secchi. Soprattutto quando i fichi secchi siamo noi.
Lasciateci vivere una vita dignitosa.  Siamo noi quelli che possono risollevare l’Italia, non gli imbroglioni, i ladri, i corrotti e i corruttori che riempiono le pagine dei giornali in questo periodo.
Noi siamo la gente perbene. E noi insegnanti siamo quelli che devono educare i ragazzi a crescere “perbene”.
Restituiteci la nostra vita: tornate sui vostri passi e ascoltateci. Vi hanno scritto in tanti. Credeteci.
Se il prezzo che ci chiedete di pagare è la disperazione e l’infelicità, siete cari. Carissimi.
Professoressa di Scuola pubblica, Isabella Milani.

La spedirò ovunque. Fatelo anche voi, se la condividete.

mercoledì 17 ottobre 2012

Il burnout degli insegnanti. Seconda parte. 332°


Care Colleghe, cedere, in certe situazioni, è normale. Insegnare è molto faticoso, e se uno non ha la forza (tanta) che serve per affrontare questo lavoro, prima o poi, cede. Soprattutto se incontra classi difficili, il che accade molto spesso.
Ci sono ormai parecchi studi sulla “sindrome del burnout” degli insegnanti. “Burnout” significa “bruciato”, “esaurito”, scoppiato”. 
Chi viene colpito dalla sindrome del burnout si sente completamente sfinito dal punto di vista fisico ed emotivo, sente di essere inutile, incapace. Vede tutto nero, si sente fallito, cerca di cambiare lavoro o si rivolge a uno psichiatra per avere un aiuto farmacologico.

Se, secondo vari studi, il 30% degli insegnanti fa uso di psicofarmaci ansiolitici e antidepressivi, significa che il lavoro non è di tutto riposo come sembra dal di fuori. 
E questo blog permette di farsi un’idea precisa dei motivi.

Per insegnare non basta conoscere la materia che si insegna. Bisogna avere anche alcune caratteristiche che non tutti hanno.
1. Bisogna voler insegnare, prima di tutto. Considerare l’insegnamento come un desiderio interiore. L’insegnamento è un lavoro e non una missione, ma è un lavoro che non puoi fare se non lo desideri. Ma non basta neppure questo.
Solo chi insegna sa quanta fatica costa stare sul palcoscenico, giorno dopo giorno, e dover essere sempre all'altezza di ciò che si aspettano gli alunni, i genitori, i colleghi. Sa quanto può essere terribilmente umiliante trovarti ad avere una trentina di bambini o ragazzini o ragazzi che si prendono gioco di te, o ti ignorano o ti umiliano, mentre tu cerchi disperatamente e inutilmente di farli smettere. E non puoi fare nulla, in realtà, se non constatare la tua incapacità di gestirli. Ho visto colleghi vomitare prima di entrare in classe. Vomitare di paura.
2. Per insegnare devi conoscere la tua materia, e devi conoscerla bene, aggiornandoti sempre. Perché se non sei preparato non riuscirai a farti seguire e stimare.

3. Per insegnare devi saper tenere la disciplina. 
“Non è capace di tenere la disciplina” è una frase che viene pronunciata come una condanna. Perché è vero, se non sai tenere la disciplina puoi essere un’insegnante preparatissimo, ma non insegni nulla. Se i ragazzi si annoiano e non ti ascoltano non è colpa loro, in realtà. È colpa tua. Non si può pretendere che ascoltino qualcosa che non li interessa affatto. E non si può pretendere che abbiano la maturità di capire che devono ascoltare per imparare (non lo facciamo neppure noi adulti quando ci annoiamo). E allora? Qual è il problema?


Eccolo, il problema: la società, lo Stato, i governi ci sbattono dentro una classe piena zeppa  di ragazzini ai quali non è stato insegnato né il rispetto, né lo spirito di sacrificio, né la pazienza, né la correttezza, né l’onestà. E se le famiglie hanno dato loro un’educazione seria, tutto quello che li circonda li convince che sono sciocchezze e noi ci troviamo con un problema in più: quello di risolvere l'emarginazione nella quale questi bambini educati vengono relegati dai compagni. 
Lo Stato non ci dà le risorse necessarie per affrontare le difficoltà dei ragazzi. Né ci ha preparati, in realtà,  a tenere testa a una classe difficile, né a gestire davvero i problemi dei bambini e degli adolescenti. La prova di questo sta nel successo di un libro come quello che ho scritto, e dei commenti che vengono fatti, che mettono sempre in risalto il fatto che neppure chi ha fatto corsi specifici è stato preparato ad affrontare le classi.
Ci sbattono dentro una classe piena zeppa di alunni – una classe pollaio- e si aspettano che siamo tutti in grado di affrontare le loro difficoltà. Perché - l'ho già detto, ma lo voglio ripetere- chi si comporta male ha dei problemi. E là, "in alto", pretendono che siamo interessanti, affascinanti, coinvolgenti; forti e dolci nello stesso tempo. Esigono che non abbiamo problemi personali. Ma tutti abbiamo dei problemi, e quando entriamo in una classe difficile ci entriamo anche con i nostri problemi, e dobbiamo affrontare i nostri e quelli degli alunni, contemporaneamente. Gli insegnanti sono persone. Sembra scontato ma non lo è, evidentemente. A volte i maestri e i professori sono fragili, molto timidi, complessati, depressi. O non hanno autostima, o non sanno dire di no, o hanno avuto brutte esperienze, o - addirittura -  sono stati oggetto di violenza, o hanno assistito a violenze, o hanno sofferto gravi lutti o abbandoni che li hanno segnati. 
A volte non ce la fanno proprio, gli insegnanti, a resistere alle offese, alle prese in giro; a volte non sanno reagire alle minacce, alle urla, perché hanno paura. 
L’angoscia che precede l’entrata in una classe difficile non viene capita che da quelli che la provano.
Gli altri, la gente, tutti quelli che sono fuori dalla Scuola, i genitori, i ministri, i governi,esigono che gli insegnanti siano tutti  forti, sicuri di sé. Ma vogliono pagarli poco. E adesso farli stare nelle classi pollaio altre sei ore, come se sei ore fossero una cosa da nulla. E non credono alla loro stanchezza, e non perdonano le loro debolezze. E qualche volta queste cose le pensa anche chi insegna nei licei.
“Non sa tenere la disciplina. Eh, ma se ci fossi io, li metterei tutti a posto”. Dicono così.
Ma nessuno chiede di provare.
L’insegnamento è un lavoro che con puoi fare se non hai certe caratteristiche. Ci vuole un certo carattere: forte, deciso. O bisogna essere addestrati come per entrare in un ring, a volte. 
Per queste ragioni, insegnanti giovani, se siete timidissimi, se avete paura, se non sapete studiare per trovare strategie che possano rendervi interessanti; o se credete che la colpa sia dei ragazzi, cambiate lavoro, perché insegnare può essere davvero molto faticoso e frustrante.
E lei Ministro della Pubblica Istruzione, prima di dire che gli insegnanti devono lavorare di più, prima di pensare che possono stare in classe più di 18 ore, si informi bene. Lo chieda a noi, quali sono i problemi. Non ci chieda di fare il sacrificio di qualche ora in più. Ci suona ridicolo e terribile contemporaneamente. E faccia fare dei test attitudinali seri prima di "buttare" gli insegnanti nella fossa dei leoni.  E procuri quello che serve davvero, se vuole una Scuola di qualità.
O nessuno si lamenti più.
Prima parte: qui.

mercoledì 10 ottobre 2012

la famosa COPERTINA dei CONSIGLI PRATICI PER GIOVANI INSEGNANTI! 332°

Chi scarica l'eBook non vede la copertina disegnata da Paolo Moisello/Moise.
Ecco la copertina dunque!
ed ecco il retro della copertina!

martedì 9 ottobre 2012

Il burnout degli insegnanti. Prima parte. 331°

Federica mi scrive:

“Carissima Isabella, mi chiamo Federica. Ho 40 anni ed insegno da 15 anni. Non sono quindi una pivellina alle prime armi, ma sto affrontando un problema più grande di me. So bene che tu non sei né una psicologa, né il tuo blog è nato per correre in soccorso di chi sta nelle condizioni che tra poco ti racconterò, ma forse se pubblichi la mia email qualcuno che sta come me si sentirà meno solo e spaesato, come sono io in questo momento.
Quest'anno non ce la faccio ad affrontare questo lavoro. Un lavoro da me amato, voluto per il quale ho affrontato sacrifici che non mi pesavano perché era mio desiderio diventare un'insegnante. Studio, concorso, supplenze e, finalmente dopo 10 anni di incarichi, il ruolo arrivato 5 anni fa. Gioia e felicità: traguardo raggiunto! Toccavo il cielo con un dito, ma è durato relativamente poco. Dopo un anno difficile dal punto di vista personale (mio padre con un tumore), sono crollata, crollata letteralmente intendo. Mi spiego meglio: lo scorso anno ho dovuto tirar fuori tutta la forza possibile per affrontare il suo cancro. Di notte piangevo, mi addormentavo tardi, la mattina indossavo la maschera e andavo al lavoro. Mai un minuti di ritardo, mai un giorno di assenza (e per mai intendo proprio mai mai mai, ti dico solo che mio padre è stato operato nel mese di luglio e questa cosa per me è stata un sollievo perché così non mi sono dovuta assentare da lavoro, giusto per intenderci), addirittura la scuola era per me la mia isola felice. Arrivavo e fino a fine servizio riuscivo a fingere che il mio dramma non esisteva (tra l'altro lo sapeva solo una mia collega, era stato il mio modo di esorcizzare il problema: della serie: va tutto bene, sono la solita, non è cambiato nulla, è tutto sotto controllo etc etc).
Ora le cose per mio padre vanno molto meglio: l'intervento è andato bene, la malattia è stata asportata. Insomma, potrebbe essere il momento della ripresa ed invece, per me, è quello del crollo emotivo totale. Ho perso l'entusiasmo, entro in classe completamente demotivata, mi devo sforzare di fare le cose, non sopporto più gli alunni (ed io li amavo!!!!!).
Sicuramente sto pagando il prezzo di un periodo difficile in cui ho creduto di avercela fatta, ma che ora mi sta presentando il conto. Fatto sta che per me andare al lavoro è quasi un'impresa: non mi godo il weekend perché penso al lunedì, non riesco a distrarmi, non voglio andarci più. D'altro canto ho anche un forte senso del dovere per cui si ripropone il solito balletto: non ce la faccio non ce la faccio, poi mi devo mettere in metropolitana+ treno e devo farmi 2 ore di viaggio all'andata e due al ritorno (quelle due ore che prima facevo contenta perchè andavo dai miei ragazzi nella mia scuola che, anche se distante, non volevo lasciare!!!).
Scusa lo sfogo e grazie. Federica”.


E mi hanno già scritto, fra i molti altri:



Maria Chiara: 

"Buongiorno professoressa Milani,
esattamente un mese fa ho cominciato a insegnare a scuola, carica di ogni possibile entusiasmo.
Insegno matematica e scienze in una Scuola professionale, e quanto sono stata assunta ero entusiasta. Io adoro le scienze, e sono partita con l'idea di coinvolgerli il più possibile, di incuriosirli, di stimolarli, come probabilmente alle medie non era successo, in quanto di solito professionale vanno "gli ultimi della classe".
L'insegnamento era una scelta libera, non un'imposizione, avevo delle alternative.
In alcune classi va molto bene, si tratta di ragazzi vivaci ma educati, non particolarmente brillanti ma interessati. Alcuno fanno fatica a capire, altri a stare attenti, altri vanno spesso richiamati, ma va bene così, l'avevo preventivato, e per me è uno stimolo e una sfida.
In altre classi, per fortuna dove ho meno ore, mi ritrovo in un bronx. Situazioni impossibili, studenti che si picchiano in classe (per fortuna non nelle mie ore), gente che bestemmia, ragazzi espulsi da centri di recupero, delinquentelli non ancora affermati. Fare lezione è impossibile, ho subito minacce solo per aver richiamato dei ragazzi, vengo presa in giro (un ragazzo mi manda dei baci mentre lo sgrido - e le assicuro che non sono stata particolarmente dolce- e gli altri ridono), l'unico obbiettivo della giornata è mantenere l'ordine pubblico e evitare che si accoltellino (le minacce tra loro ci sono già state). Non ascoltano nulla, non gli interessa la sospensione, i brutti voti e le minacce.
Sono così con me e con i colleghi, ma io non ce faccio. Ho appena cominciato ma so di non farcela, perché il carabiniere non è il mio mestiere. Mi spiace gettare la spugna, anche perché mi sono affezionata alle altri classi, ma davvero non so cosa fare. Li vedo nei corridoi e li odio con tutta me stessa per come mi fanno sentire in classe. Non sono un'assistente sociale o una psicologa, sono laureata in biologia e non sono in grado di aiutarli. Tanto vale mollare subito.
So che l'insegnante non lo si fa solo per portare a casa lo stipendio e la disoccupazione non mi spaventa, pensare di entrare in classe lunedì si.
Grazie dell'attenzione. Maria Chiara."
Leda:
“Gentile professoressa,
sono disperata. Ho cominciato ad insegnare inglese nelle scuole primarie 6 anni fa perché ho sempre pensato che quello era il mio lavoro, me lo sentivo. Ma il giovedì pomeriggio é una catastrofe.
Da tre anni insegno in una classe a tempo pieno che mi rende la vita un inferno. ….Sono veramente stanca, non so se l'anno prossimo tornerò in questa scuola, ma non posso pensare di poter resistere un anno ancora…..”


Annarita:
“….non sono contenta, anzi sono disperata perché avrei preferito non superare il concorso e non svolgere questo lavoro che sta rendendo la mia vita un inferno."


Marcello:

"Certi giorni torno a casa con un gran mal di testa e grande frustrazione...
Spesso torno a casa e mi sembra di aver urlato come un ossesso anche se poi dei ragazzi l'altro giorno mi hanno confessato che non urlo come "quella che c'era prima" eppure a me sembra di urlare e sbattere troppo spesso le mani sulla cattedra per chiedere silenzio e attenzione. Torno a casa e penso a tutte le cavolate che ho fatto e detto...e mi sembra di aver sbagliato tanto."


Alessandra:

“…Sono veramente delusa e amareggiata, mi sento un fallimento completo e mi dispiace tantissimo. Ero andata lì piena di belle speranze, felice di stare con i bambini, desiderosa di aiutarli,di accompagnarli, animata da tanta buona volontà ed è veramente frustrante vedere che i bambini non mi ascoltano, non mi seguono, non hanno alcun rispetto di me. Torno a casa dopo quattro o sei ore in quella classe senza voce e più che mai avvilita, mi viene da piangere. Perché io credo davvero nella missione dell'insegnamento, amo questo lavoro e stare con i bambini, poterli aiutare ed essere una guida ed un punto di riferimento per loro, mi sto impegnando molto negli studi all'università ma ora sono davvero scoraggiata e demoralizzata per la situazione che si è creata, penso che tutte le altre maestre sono più brave di me e mi sento anche molto in imbarazzo nei confronti delle colleghe perché non so gestire i bambini e temo che sparlino alle mie spalle.per la situazione che si è creata in quella classe. … Non so davvero più cosa fare per cambiare la situazione. Le chiedo pertanto qualche consiglio perché sono veramente demoralizzata
e triste e mi sento un fallimento e mi dispiace tanto nei confronti dei bambini.



Gloria:

"Dopo 13 anni di ruolo mi sento avvilita, demotivata, ho avuto altri bambini difficili, ma così superficiali, incapaci di accettare e capire i compagni in difficoltà, c'è molta competizione in ogni attività e prepotenza. Aiutami."


 Lorella:
"…il mio livello di frustrazione cresce ogni giorno di più. Ci sono dei giorni in cui fare questo lavoro mi piace e mi dà soddisfazione, ma la maggior parte dei giorni torno a casa affranta e demoralizzata. Vorrei mollare tutto!!!!.....
Quando spiego faccio una fatica pazzesca, devo continuamente interrompermi e anche quelli che partecipano sono caotici, non mi lasciano terminare le frasi e intervengono con domande, non sempre coerenti con quanto stiamo facendo e curiosità. ….Sono davvero stanca, la mia pazienza ha dei limiti. … Anche oggi sono uscita di classe con la voglia di mandare tutti a quel paese. La tristezza più grande è che so che è colpa mia, non riesco ad interessarli. …..Mi sento inutile! Sono sull'orlo di una crisi di nervi. Non credo di riuscire ad arrivare fino a giugno in queste condizioni. Il fatto è che quando torno a casa sono così affranta che ultimamente mi passa anche la voglia di mettermi a preparare le lezioni … Vivo male la domenica, perché l’idea di riprendere a lavorare il lunedì mi crea ansia.”


Anna:

 "...Sono disperata ...alcuni si alzano in continuazione, uno è particolarmente arrogante e maleducato, ti ride persino in faccia quando lo sgridi e ti risponde ridendo quando minaccio di parlare con il papà che lo difende (è tunisino e il padre adora il maschio). Io mi sento disarmata e impotente e torno a casa affranta e pur mettendocela tutta nel mio lavoro a volte mi sento sconfitta e mi chiedo chi me lo fa fare di urlare come una matta e  prendermela tanto.
Mi chiedo dove sbaglio e perché faccio così fatica."

Sonia:
“…Ho bisogno di aiuto, mi sento un disastro come insegnante ( e non solo), quando mi trovo a gestire una classe ognuno fa quello che vuole e mi manca di rispetto. …Sono scoraggiata, cambiare la propria persona non è facile... Altro problema è che io impiego molto tempo per "prepararmi" per affrontare la lezione in classe e mi riempio di ansia e stress tale, da soffrire di mal di testa e di spossatezza da stress, e quando sono stanca non riesco neanche a parlare bene e si percepisce secondo me goffaggine.”


E potete leggere anche 


Continua......


p.s.  Diffondete questo post e quello che seguirà sull'argomento. Ci tengo. La gente deve capire che cosa può significare questo lavoro di tutto riposo, con tre mesi di ferie e tanta libertà. Soprattutto adesso che il ministro afferma che gli insegnanti devono lavorare di più. 24 ore di lezione!


lunedì 8 ottobre 2012

Tirata di orecchie: leggete i post prima di chiedere consigli! 330°

Cari lettori del blog, adesso capisco i siti che chiedono di leggere le FAQ prima di porre domande!

Ricevo molte mail di persone che, cercando risposte ad un problema, scoprono il blog, lo trovano interessante e pongono domande alle quali ho già risposto, in forme diverse, cento volte. E di solito mi avvertono del fatto che sono urgenti.
A loro dico: cari lettori, ci sono in questo momento 405 post pubblicati, 1014 commenti, e una stringa "CERCA NEL BLOG" attraverso la quale potete fare ricerche interne. Capisco che è più comodo piazzare la domanda, ma dovete capire anche che non è comodo per me rispondere alla stessa domanda tante volte.
C'è un intero blog, ho scritto un libro di 188 pagine (anche in versione eBook) e da parte vostra non c'è neanche la pazienza di dedicare del tempo a cercare?
Scrivo questo post, perché vorrei avere tempo per rispondere a tutte le domande alle quali non ho ancora risposto.
Grazie!


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